testata_leftINVISIBLE DOGvideo

IL MEDIO ORIENTE ED IL PRAGMATISMO CINESE


xi jinping
Il presidente cinese Xi Jinping

La Cina è l'unica superpotenza che riesce sempre a mantenere un profilo politico molto basso e a continuare a penetrare aree geopolitiche fondamentali con una strisciante attività economica. E' una tattica che usa anche in Medio Oriente. Non si interessa dell'integrità territoriale della Siria o dell'Iraq, non si infila nelle rivendicazioni curde o nella diatriba tra sunniti e sciiti, si tiene lontana dalla guerra in Yemen, dai litigi tra Paesi del Golfo, o dalle scottanti vicende palestinesi. Non è neanche interessata ad avere basi militari nell'area come gli Stati Uniti o la Russia. Ma questa è una disattenzione voluta perché la Cina, tenendosi al di fuori ed al di sopra delle diatribe regionali, è in grado di dialogare con tutti e quindi di fare affari con tutti.

Inoltre, dove c’è guerra c’è speranza. Anni di guerre civili, di distruzioni sistematiche di industrie, infrastrutture, sistemi viari ed edifici, offrono ampio spazio per la ricostruzione. E mentre le altre superpotenze si affannano per l’egemonia politica e per soluzioni di pace favorevoli, Pechino aspetta al varco per fare business. La Cina, si sa, offre lavori a prezzi competitivi, si accontenta di essere pagata con il baratto (lavori in cambio di materie prime) ed è in genere molto puntuale. Certo, a volte la qualità delle infrastrutture costruite dai cinesi non è delle migliori, ma questo è un dettaglio secondario in molti Paesi dove la corruzione è rampante.

I cinesi non sono invasivi e non creano difficoltà relazionali. Arrivano in massa, creano il campo base dove poi vivono senza quasi uscirne, lavorano con turni che coprono le 24 ore e se ne vanno. Fanno tutto da soli, senza alcuna ricaduta economica locale. Anche i materiali che impiegano provengono generalmente dalla Cina. Così tutti i soldi escono dalla Cina, per poi rientrarvi. L'unico costo aggiuntivo è quello per accattivarsi i favori di chi poi decide a chi dare l'appalto. Ma in Medio Oriente c'è il petrolio, il gas naturale, è una regione dove i soldi non mancano e questo alimenta ancora di più le aspettative della Cina.

Certo è anche nell'interesse cinese che il Medio Oriente si stabilizzi. Proprio per questo, seppur defilata, la Cina presenzia ai vari negoziati in corso, sulla Siria, sull’Iran. Fiutato il vento a favore del regime di Bashar al Assad, ha iniziato ad inviare 300 fra medici ed addestratori militari in Siria anche per la protezione dei propri cantieri. Nel recente passato, la Cina era stata parte attiva nel cercare una finalizzazione dell'accordo sul programma nucleare con l'Iran. Con altrettanta disinvoltura ed opportunismo, oggi Pechino sottoscrive con il generale Khalifa Haftar contratti per svariati miliardi di dollari. Ciò nonostante il governo riconosciuto sia quello presieduto da Fayez al Sarraj.

Per Pechino la penetrazione economica in Medio Oriente è una priorità. Lo ha detto chiaramente il presidente cinese Xi Jinping ad inizio anno al vertice della Lega Araba. Ed anche durante l'ultimo Congresso del Partito Comunista cinese l’obiettivo è quello di rafforzare il progetto “One belt, one road”, la nuova Via della Seta che, attraversando il Pakistan, arriva in Iran e fino in Medio Oriente. Una cooperazione che dovrebbe avvenire in tre fasi: energetica, di costruzione di infrastrutture abbinate al commercio ed alla finanza, per poi passare ad una cooperazione nel campo tecnologico.


one belt one road
La nuova via della seta


Ovviamente il progetto "One belt, one road" ha anche ricadute strategiche, in quanto determina la possibilità di arrivare con rotte terrestri e marittime tramite Iran e Pakistan allo stretto di Hormuz e poi di proiettarsi verso l'Africa Orientale senza la necessità di attraversare lo stretto di Suez. Ed è un dato importante perché la Cina importa dai Paesi del Medio Oriente circa il 60% del proprio fabbisogno energetico (gas e petrolio). E non è quindi casuale che tra le maggiori iniziative cinesi ci sia la costruzione di un porto con infrastrutture industriali sulle coste omanite a Duqm proprio come punto di appoggio e di smistamento dei propri traffici commerciali.

Nel 2013 l'interscambio commerciale cinese coi Paesi mediorientali era di circa 230 miliardi di dollari. L'obiettivo di Pechino è di arrivare a circa 600 miliardi di dollari nel 2023, aumentare gli investimenti finanziari e creare nella regione una zona di libero scambio. Obiettivi ambiziosi da perseguire e consolidare in un mercato, come quello mediorientale, più sofisticato ed esigente rispetto all’Africa o a certe parti dell’Asia.

Al fine di rendere questo legame economico ancora più stretto la Cina sembre intenzionata ad allargare la platea dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai ai Paesi mediorientali. In questo organismo, dove si coopera su varie tematiche (sicurezza, economia, cultura), il baricentro geografico dei Paesi aderenti è prettamente asiatico. Ma si sta evolvendo. L’Iran potrebbe presto passare da Paese osservatore a membro, come richiesto dal presidente Xi, la Turchia ne fa già parte, mentre Egitto, Siria ed Israele hanno chiesto di entrare come osservatori.

Del resto è notorio come la Cina non abbia remore a fare affari con tutti, senza distinzioni politiche, religiose o altro.

Con Israele ha sottoscritto un accordo per la costruzione di case per le quali circa seimila cinesi provvederanno a fornire manodopera. Il dettaglio che le abitazioni commissionate da Israele siano tutte da costruire negli insediamenti nei Territori Occupati e quindi siano considerate illegali non preoccupa Pechino. Da un lato la Cina vota nel Consiglio di Sicurezza la condanna di Israele per gli insediamenti illegali, dall'altro lato firma contratti e glieli costruisce.


salman jinping
Il presidente cinese Xi Jinping con il principe saudita Mohamed bin Salman


L'Arabia Saudita è sinora il maggior partner commerciale della Cina nella regione e la cooperazione si sta estendendo anche alla produzione di energia con rettori nucleari per aiutare il reame saudita a ridurre la propria dipendenza dal petrolio. Con l'Egitto c'è stata invece la sottoscrizione di un accordo secondo il quale la Cina svilupperà il sistema delle telecomunicazioni, incrementerà e migliorerà la rete elettrica nazionale egiziana. Lo farà finanziando i vari progetti con dei prestiti, visto che a Pechino la liquidità non manca.

L'Iran, subito dopo la firma dell'accordo sul nucleare, ha subito sottoscritto con la Cina contratti per oltre 5 miliardi dollari nei settori dei trasporti, minerario, energia, industrie dell'acciaio e del ferro, chimico e farmaceutico, fabbriche di automobili e motori, telecomunicazioni. La Cina esporta equipaggiamenti, fornisce tecnologia ed assistenza tecnica. Ovvero, una penetrazione economica qualificata.

Ci sono poi diversi progetti multinazionali: la Cina vuole costruire una rete ferroviaria che dal Kuwait arrivi in Oman, passando per Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e copra anche Qatar e Bahrein.

L'unica cosa che preoccupa la Cina è il contagio del radicalismo islamico sul proprio territorio, dettato dalla presenza di combattenti uiguri tra le file del Califfato e da episodi di terrorismo nello Xinjiang. Per questo ha sottoscritto nel 2016 un memorandum antiterrorismo con la Siria che gli concede la possibilità di accedere alle generalità dei terroristi asiatici detenuti nelle carceri siriane. Mentre l'Egitto ha incominciato la persecuzione e l’arresto di studenti uiguri rifugiati nel Paese, ovviamente sotto pressione e cooperazione cinese.

back to top