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LA CIA, LA GERMANIA ED IL RUOLO DI UN CAPO STAZIONE

obama merkel


La crisi che si è determinata nei rapporti tra Germania e Stati Uniti dopo la scoperta che la CIA aveva una fonte all’interno del BND tedesco (Bundesnachrichtendienst, il Servizio di Intelligence Federale) ed un’altra all’interno del Ministero della Difesa, ripropone il presunto problema etico se sia lecito o meno che un Servizio considerato “amico” cerchi notizie e fonti all’interno di un Servizio o di un Paese alleato. Nel caso specifico due Paesi entrambi membri della NATO quindi con condivisioni di notizie, informazioni, iniziative politiche, strumenti militari e quanto altro occorra contro nemici comuni. Posta in questi termini, la risposta potrebbe essere che la CIA non doveva cercare notizie in casa di amici e che quindi quello che ha fatto è eticamente disdicevole, contrario ai principi di una collaborazione – proprio perché tra Paesi “amici” – basata sulla fiducia reciproca e sulla correttezza di comportamenti. La crisi tedesco-americana nasce nell’ottobre del 2013 quando le rivelazioni di Edward Snowden rendono pubblico il fatto che tanti Paesi europei erano stati oggetto di intercettazioni da parte della NSA americana. Tra le utenze intercettate vi era anche il telefono personale del cancelliere tedesco. Tuttavia, con la scoperta della rete di spie nelle istituzioni tedesche, la supposta devianza dell’attività informativa della CIA è diventata oggetto di un incidente diplomatico tra i due Paesi.

Domande superflue

La prima domanda da porsi potrebbe quindi essere: ha fatto male la CIA a reclutare delle fonti per carpire notizie dalla Germania? La risposta è che la CIA svolge il proprio lavoro, raccoglie notizie che possono interessare il proprio Paese e – nello svolgimento di questa attività – prescinde dal fatto che l’oggetto di una raccolta informativa sia una nazione considerata amica. Inoltre, nel caso specifico, la Germania è un Paese importante sia sul piano industriale che finanziario. Ci sono interessi commerciali bilaterali. Ha un ruolo primario nei rapporti con i Paesi dell’est europeo ed è un Paese guida dell’Unione Europea. Questo giustifica l’interesse della CIA? La risposta è sì. Ma allora dove sta l’errore? Solo nel fatto che, maldestramente, la sua rete di informatori è stata scoperta a causa della scarsa professionalità del Capo Stazione.

La seconda domanda è: quando la CIA ha svolto questa attività di ricerca informativa contro la Germania, lo ha fatto celando la circostanza ovvero derogando dalle direttive del proprio Presidente? La risposta è che un Servizio informativo, come nel caso della CIA, riceve input (richieste informative) da parte del sistema politico e si adopera di conseguenza per soddisfare le esigenze del richiedente. Quando, nell'ottobre del 2013, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato pubblicamente che non sapeva che il telefonino della cancelleria tedesca Angela Merkel fosse sotto intercettazione non diceva, sostanzialmente, cosa vera. Difficile credere che Obama, quando gli arrivavano sul tavolo informazioni sulla Germania, abbia evitato di domandarsi come facevano la NSA e la CIA a sapere tante cose sulle intenzioni e decisioni di Angela Merkel, sulle attività dei Servizi tedeschi e su quella del loro Ministero della Difesa.

Peraltro, ad ogni notizia che arriva sul tavolo di un vertice politico viene sempre dato un grado di attendibilità e si specifica se l’origine è di natura tecnica (intercettazioni o altro) o humint (le fonti). Questa è una regola, un modus operandi che vale dappertutto, Stati Uniti, Germania e Italia compresi. Anche perché è sull'attendibilità della notizia che poi il politico prende le sue decisioni. In altre parole, la CIA riceve richieste informative, elabora operativamente la maniera per ottemperare a queste richieste (ed è qui l’unica autonomia di cui gode), trasmette al richiedente quanto raccolto al riguardo e fornisce a queste informazioni un grado di attendibilità (fornendo quindi un vago accenno al sistema di raccolta). Barack Obama quindi sapeva, almeno in quota parte, da dove arrivavano le sue informazioni. E questo a prescindere se John Brennan, nominato al vertice della CIA proprio da Obama, abbia informato il suo comandante in capo, come potrebbe avvenire nell’ambito di un rapporto fortemente fiduciario tra due persone, sulla fonte delle sue notizie.

Anche se Angela Merkel ha posto la questione della relazione con gli Stati Uniti sul piano etico, nella vicenda in questione non è sicuramente quello il parametro di riferimento. Così come ha fatto cenno ad un inutile dispendio di energie nello sviluppare attività informativa verso un Paese amico. Non vi sono dubbi che nel mondo dell’intelligence, con tutto il terrorismo islamico e non attualmente in circolazione, vi siano priorità più importanti. Ma è altrettanto vero che la CIA, insieme ai Servizi russi e cinesi, è uno dei pochi organismi di intelligence di portata mondiale. Gli altri Servizi hanno dispositivi geograficamente più limitati, mentre la CIA ha uomini dappertutto. Non solo nei Paesi oggetto di interesse informativo primario, ma anche nei Paesi amici, Germania compresa. La CIA si può permettere il lusso anche di controllare e penetrare dal punto di vista di intelligence un Paese alleato. Ha i soldi, il personale e le capacità tecniche per farlo.

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Il direttore della CIA, John Brennan

Il Capo Stazione

A questo punto occorre però effettuare una valutazione di merito sull’operato del Capo Stazione (per alcuni altri Servizi si usa il termine di “antenna” o “Capo Centro”) della CIA a Berlino, il personaggio che ha determinato la crisi tra Germania e Stati Uniti.

La figura del Capo Stazione è una di quelle più ricorrenti fra i Servizi di intelligence. Quando le circostanze lo permettono (ed è quasi sempre), un Servizio distacca presso un altro Paese un proprio rappresentante. A volte si tratta di una rappresentanza incrociata: un rappresentante di ciascun Paese presso la struttura omologa nei rispettivi Paesi. Dove viene collocata questa persona? Generalmente nell’ambasciata del proprio Paese perché il più delle volte è la soluzione più pratica. Questa soluzione ha anche indubbi vantaggi: dà al rappresentante una copertura operativa (vale solo verso l’esterno dell’ambasciata perché all’interno della stessa tutti sanno chi è), permette all’interessato di frequentare il mondo diplomatico nelle varie occasioni sociali (e questo agevola contatti con altri stranieri o con colleghi omologhi), si garantisce il fatto che l’ufficio dove svolge la sua attività e dove sono raccolti documenti ed equipaggiamenti sia localizzato in un sistema di protezione che solo una rappresentanza diplomatica concede, ma soprattutto fornisce al personaggio una garanzia personale. Infatti, il Capo Stazione ha generalmente lo status diplomatico e, come nel caso specifico di Berlino, scoperta la sua attività di spionaggio, non rischia l’arresto ma solo la cacciata dal Paese.

Un non addetto ai lavori potrebbe chiedersi, a ragione, se non esista una contraddizione tra il fatto di essere conosciuto dal Servizio del Paese in cui si viene ospitati e, nel contempo, svolgere attività informativa, presumibilmente occulta, contraria agli interessi di quel Paese. La figura del Capo Stazione ha generalmente questi requisiti e anche queste limitazioni; è sicuramente oggetto anche di controlli da parte del controspionaggio locale. Vige una regola non scritta che concede al personaggio una certa libertà di movimento e di attività (soprattutto se collocato in un Paese “amico”), ma entro certi limiti. Lo sa lui, lo sa il Paese che lo ospita e lo conosce. Questo perché, almeno ufficialmente, il Capo Stazione dovrebbe essere dedicato alla sola attività di collaborazione con il Servizio locale, ma entrambe le parti in causa sanno che ciò non avviene. Il Capo Stazione svolge la propria attività operativa, si muove in autonomia alla ricerca di informazioni che gli possano essere utili, ha contatti con i propri connazionali, con stranieri e (con molta prudenza) anche con gente locale. Il tutto, come detto, nei limiti che possono essere individuati nel grado di suscettibilità della controparte.

Molte volte il Capo Stazione è solo lo specchietto per le allodole per i Servizi locali. Si dedica solamente alla parte ufficiale della collaborazione, mentre altri personaggi non conosciuti ai Servizi locali svolgono lo spionaggio propriamente detto. Questo è un caso ricorrente per alcuni Servizi ed una regola per quelli di spessore mondiale come la CIA. Generalmente nelle ambasciate americane non ci sono solo uomini della CIA (di cui alcuni noti alla controparte e altri “occulti”), ma anche rappresentanti di altre strutture intelligence: NSA (per le intercettazioni), talvolta FBI e DEA (se ci sono questioni legate al traffico di droga o altra criminalità organizzata), DIA (nell'ufficio dell’Addetto Militare), uomini dei Servizi di Forze Armata qualora qualche contingente americano stazioni nel Paese (ed è il caso della Germania). Infine ci sono anche persone collocate in strutture esterne all’ambasciata, come società aeree, ditte, imprenditori ecc.

Jonathan Pollard
Jonathan Pollard

Viaggio di solo ritorno

Nel caso del Capo Stazione CIA di Berlino quindi la colpa è doppia: essersi fatto scoprire, non avere utilizzato al meglio le risorse informative alternative alla sua persona.

Questa considerazione postula un giudizio negativo sull’efficienza del personale della CIA? Non necessariamente, anche se si potrebbe fare una considerazione che non riguarda solo il Servizio americano, ma anche altri Servizi: nei posti “comodi” (intendendo per comodi quelli dove i rischi sono minori, la qualità della vita per il Capo Stazione e familiari è sicuramente gradevole, le incombenze sociali sono superiori alle incombenze operative) ci vanno generalmente i raccomandati. E questo a volte va a scapito della qualità professionale del designato. Il povero Capo Stazione di Berlino credeva di passare i suoi tre anni (questo è generalmente il periodo di assegnazione previsto) in assoluta tranquillità, sapeva di rischiare poco perché il BND non era particolarmente interessato al suo comportamento. Ma poi è venuta fuori la storia delle intercettazioni, le rivelazioni di Snowden, la questione del telefonino della Merkel e questo ha fatto salire l’attenzione dei Servizi locali sul suo operato. Ma lui non lo ha capito, lo ha capito tardi o non ha saputo utilizzare al meglio le sue qualità professionali. E questo gli ha fatto guadagnare un viaggio di solo ritorno a Langley.

Rimane però il fastidio da parte di un Paese che si vede oggetto di penetrazione informativa da parte di un Paese alleato ed amico. Un fastidio che una come la Merkel che ha vissuto nella Germania dell’Est sotto le pressanti invadenze della famigerata Stasi (Ministerium fur Staaatssicherheit – Ministero per la Sicurezza dello Stato) conosce molto bene. Anche gli USA conoscono meglio di altri questo genere di fastidio a seguito del caso di Jonathan Pollard che forniva notizie al Mossad e che dal 1986 è tuttora confinato in una prigione americana. Ultimamente, dopo le rivelazioni di Snowden, è emerso come anche la CIA spiasse l’attività del governo israeliano. Sembra quindi adesso essere ritornata alla ribalta la possibilità che Pollard venga finalmente liberato. Un do ut des per azzerare i rispettivi risentimenti. Quindi, come si vede, tutti spiano tutti. Il problema non è etico visto che nel mondo dello spionaggio non vi sono amici o nemici, ma solo interessi. E chi meglio sa garantisce un miglior risultato ai propri interessi nazionali.