LA CIA CHE CONFONDE TECNICHE PER TORTURE

La
CIA usava chiamarle con una definizione per così dire didattica
"enhanced interrogation techniques", ovvero "tecniche di
interrogatorio rafforzato". Si presentavano quindi come niente di
più che una procedura regolamentata, codificata, applicabile nella
norma perché prevista dai regolamenti e già ampiamente
sperimentata. Esistevano al riguardo delle tecniche (10)
introdotte nell’agosto del 2002 ed altre (4) inserite in una
direttiva del maggio 2005. Tutte vagliate dal Dipartimento di
Giustizia americano che ne sanciva la liceità di impiego perché, a
loro dire, non si trattava di torture. Il personale chiamato ad
applicarle, dagli uomini della CIA, ai militari specializzati o i
contractors con speciali requisiti in campo psicologico nel
valutare l’effetto delle tecniche sull’individuo interrogato, non
si ponevano, quindi, problemi etici sulla liceità o legalità del
loro operato.
La lotta al terrorismo non poneva quindi problemi di coscienza. E
se le direttive politiche chiedevano che fossero impiegate, agli
uomini della CIA non restava che valutare se i risultati ottenuti
fossero o meno soddisfacenti ai fini operativi. L'importante era
che il prigioniero confessasse, a prescindere dalla veridicità
delle sue confessioni, come sancito dal rapporto della Commissione
Intelligence del Senato americano. E, come in alcuni casi
documentati dai senatori USA, i detenuti venivano sottoposti alle
tecniche benché avessero già confessato e fornito informazioni
veritiere. Si pensava che così facendo si potesse ottenere ancora
di più.
C’era una gradualità nell’applicare queste tecniche a seconda del
livello di cooperazione del prigioniero? La CIA ha affermato di
sì, ma la Commissione senatoriale è arrivata a conclusioni
diverse.
L’interrogatorio effettuato con queste tecniche ha prodotto
risultati apprezzabili? La CIA ha affermato di sì, la Commissione
senatoriale ha sollevato molti dubbi al riguardo.
Si potevano ottenere gli stessi risultati informativi con altri
sistemi, meno assimilabili alla tortura? Non esiste, ovviamente,
la dimostrazione del contrario.
L’interrogatorio era brutale? Il prigioniero soffriva? Il
prigioniero era collaborativo o meno? Non era certo questo
l’oggetto delle preoccupazioni di chi aveva ordinato o che
eseguiva alla lettera queste tecniche.
Era nella discrezionalità del personale preposto
all’interrogatorio usare la tecnica ritenuta più idonea,
applicarla per il tempo e le volte ritenute necessarie ad
estorcere le informazioni. Esisteva anche la discrezionalità di
applicare più tecniche contemporaneamente.

La tecnica medievale del 'waterboarding'
Le
tecniche
Il documento della Commissione del Senato USA elenca e descrive le
tecniche in questione, riferendole di volta in volta anche ai casi
di personaggi specifici (Abu Zubaydah, Sheykh Khaled Mohammed, Abd
al Rahim al Nashiri, Ramzi bin al Shibh e altri).
Nel dettaglio emerge un ampio ventaglio di opzioni a disposizione:
• Il "waterboarding" è una tecnica che si estrinseca nel versare
dell'acqua sulla testa del detenuto al quale sono stati messi dei
panni nella bocca e nel naso. L'acqua viene versata dall'alto, per
20 e fino a 40 secondi, simulando una situazione di annegamento.
Il prigioniero fa fatica a respirare, si sente soffocare,
ingurgita acqua, ha spasmi di dolore alle braccia e alle gambe,
perde talvolta conoscenza, viene preso dal panico per la paura di
morire, ha crisi isteriche, convulsioni e attacchi di vomito. La
commissione del Senato USA ha accertato che un detenuto ha subito
questo trattamento ben 183 volte nell’arco di un anno, talvolta
anche quattro volte nello stesso giorno. Una seduta di
waterboarding durava mediamente dalle 2 alle 2 ore e mezzo. Nella
descrizione che ne fa la Commissione di inchiesta e per stessa
ammissione degli operatori sul terreno, è ritenuta una delle
tecniche più efficaci e una delle più temute da parte delle
vittime.
• "privazione del sonno": si costringe il prigioniero a non
dormire per moltissime ore. La commissione ha verificato che tale
tecnica è stata applicata ai soggetti sotto interrogatorio fino a
180 ore, ovvero più di sette giorni consecutivi. Il prigioniero
viene mantenuto in piedi o in una posizione di stress, con le
braccia incatenate sopra la testa. Può muoversi solo in un raggio
di circa mezzo metro. La vittima soggetta a questo trattamento
soffre di allucinazioni, perde il senso del tempo. Abbinata alla
privazione del sonno c’è la diffusione di rumori e musica ad
altissimo volume.
• Reclusione in spazio ristretto: il prigioniero viene confinato
in uno spazio strettissimo dove non gli è possibile muoversi o
girarsi. Soffre di claustrofobia e di dolori muscolari. Questa
tecnica viene applicata al buio. Nel caso del saudita Abu
Zubaydah, il prigioniero è stato tenuto ammanettato in una scatola
delle dimensioni di una bara in una posizione di stress con mani
sopra la testa per 11 giorni.
• "isolamento totale": protratto per lungo tempo, determina nel
prigioniero problemi psichiatrici e psicologici. Allucinazioni,
paranoia, insonnia, tentativi di auto-infliggersi danni fisici o
mutilazioni sono le dirette conseguenze. Il detenuto viene tenuto
al buio completo, ammanettato/incatenato, un solo secchio a
disposizione per i bisogni corporali. La commissione ha accertato
che un detenuto in un non meglio identificato centro di
interrogatorio (i luoghi di detenzione vengono sempre segnalati
con un nome di copertura nel rapporto, mentre il personale della
CIA viene indicato con uno pseudonimo) è morto in isolamento per
il freddo.
• Reidratazione rettale: consiste nell’introdurre forzatamente
dell’acqua nell’ano del prigioniero. Il tutto avveniva senza
controllo o autorizzazione medica benché possa configurarsi anche
come un intervento a contenuto sanitario. Almeno 5 detenuti in
mano alla CIA sono stati soggetti a questo trattamento. Altra
forma similare è stata l’alimentazione, sempre per via rettale,
del detenuto. La tecnica è stata applicata in presenza scioperi
della fame. L’idratazione e l'alimentazione rettale implica alti
livelli di umiliazione e frustrazione nel soggetto, a prescindere
da eventuali benefici medici.
• "rough takedown" (o rude umiliazione): il detenuto veniva
costretto a camminare nudo con le mani incatenate sopra la testa.
Nella versione più "potenziata" venivano impiegati cinque
funzionari della CIA che urlavano contro il prigioniero, gli
strappavano gli abiti di dosso tirandolo fuori dalla cella, lo
incappucciavano e lo trascinavano su e giù per un corridoio
picchiandolo in continuazione.
• Nudità: il prigioniero viene tenuto costantemente nudo. La
tecnica mira ad umiliare il soggetto ed a farlo sentire indifeso.
L’umiliazione accresce quando viene interrogato o controllato da
personale femminile. Con la nudità aumenta anche la sofferenza e
l'ipotermia. La commissione senatoriale ha accertato che, nel
novembre 2002, un detenuto è morto per il freddo in un centro
interrogatori, allorché nudo ed incatenato su un pavimento di
cemento.
• "walling": il prigioniero viene spinto contro una parete con un
asciugamano arrotolato sul collo (questo, "bontà
dell’interrogatore", per evitare ferite o lesioni). Genera nel
soggetto depressione e frustrazione.
• Fermo davanti ad una parete: si costringe il prigioniero a stare
in piedi a circa 1/1,5 metro da una parete con le braccia davanti
e le dita appoggiate sulla parete stessa. Induce forti dolori
muscolari. Dal rapporto della commissione emerge che un detenuto è
rimasto, incatenato in questa posizione per circa 17 giorni.
• Posizione di stress: si obbliga il detenuto ad avere dolori
muscolari conseguenti ad una posizione del corpo scomoda o di
disagio fisico. E’, nei fatti, una variante della tecnica di
reclusione in spazio ristretto e di quella della posizione in
piedi davanti ad una parete.
• Immerso o bagnato con acqua fredda: l’acqua ghiacciata viene
fatta scorrere sul prigioniero da una specie di doccia senza
erogatore. Il Dipartimento di Giustizia USA, che ha dato il via
libera a tutte queste tecniche per affrancarle dal dubbio che
potessero configurarsi come torture, ha richiesto nel caso
specifico che l’acqua fosse potabile e che non colpisse il naso,
la bocca o gli occhi del prigioniero. Questa "doccia" durava
mediamente 20 minuti. In altri centri di detenzione il prigioniero
veniva materialmente immerso in un vasca di acqua ghiacciata. Una
tortura aggiuntiva era quella di raschiare con una spazzola dura
il corpo del prigioniero causandogli delle abrasioni.
• Colpi sull’addome, schiaffi sul viso: sono iniziative
"autorizzate" dal Dipartimento di Giustizia purché applicate dal
personale interrogante senza anelli sulle mani. Sono comunque due
tecniche che possono essere abbinate ad altre con coefficiente di
stress più alto.
• Reclusione in spazio ristretto con insetti: è una variante
dell'omonima tecnica con l’aggiunta di insetti che possono pungere
o creare paura in un prigioniero che li teme. Abu Zubaydah è stato
tra i primi a sperimentare questa tecnica.
• Bloccaggio della faccia: l’interrogatore blocca con entrambe le
mani la faccia del prigioniero tenendola ferma. Il Dipartimento di
Giustizia si è raccomandato, al riguardo, che le dita non vengano
messe negli occhi del prigioniero.
• Afferrare l’attenzione: invece di bloccare la faccia, questa
volta le mani vengono messe intorno al collo.
• Manipolazione di diete alimentare: viene fornito al prigioniero
cibo, talvolta solo liquido, che produce inappetenza e genera
comunque una perdita di peso. Si interviene sia sulla qualità che
sulla quantità del mangiare. Si postula, con questa tecnica, che
all’indebolimento fisico si affianchi anche un indebolimento
psicologico. Alcuni detenuti ipotizzavano che nel cibo vi fosse
droga o veleno.
• Utilizzo di pannolini: il detenuto viene tenuto nudo, con
indosso un pannolino, e gli viene impedito di accedere ad un
secchio per i bisogni corporali. La tecnica produce, come
immaginabile, umiliazione e frustrazione. Il secchio può essere
concesso solo se il detenuto coopera con le informazioni
richieste. Questa tecnica viene generalmente abbinata alla
privazione dal sonno e per decretazione del Dipartimento di
Giustizia non può essere applicata per più di 72 ore. Ogni
trasferimento aereo dei detenuti, incappucciati e legati ai
seggiolini o incatenati sul pavimento del velivolo, implicava
l’uso di pannolini, venendo proibito l’accesso ai servizi igienici
del velivolo.

Se
queste sono le tecniche principali usate per infliggere sofferenze
sia fisiche che psicologiche ai detenuti, dal rapporto della
Commissione americana emergono anche altre forme più subdole di
violenza. Ai detenuti veniva fatto capire che non sarebbero mai
usciti vivi dai centri di detenzione, venivano formulate minacce
di morte per figli e familiari, si minacciava di abusare
sessualmente mogli o madri di fronte al prigioniero. Per
spaventare il detenuto si inscenavano finte esecuzioni. Si
fingevano talvolta tentativi di soffocamento del prigioniero. Nel
caso in cui servissero delle cure mediche, queste erano negate ai
richiedenti.
La cella in cui venivano confinati i prigionieri erano senza
finestre, anguste con doppia opzione sulla tecnica da utilizzare:
al buio o con accecanti luci alogene. Squallide e tenute sporche
per meglio creare nel soggetto un sentimento di desolazione. Erano
tenuti sporchi anche i corridoi dove venivano di volta in volta
trascinati i prigionieri. La temperatura dell’ambiente era sempre
fredda, intorno ai 5/7 gradi. I reclusi, nella stragrande
maggioranza dei casi, erano tenuti incatenati, nudi e con un
cappuccio in testa. In alcuni casi entrambi i polsi erano fissati
con delle manette ad una barra sopra la testa.
Il personale preposto al controllo dei detenuti vestiva in abito
scuro, con stivali, guanti e passamontagna indossati. Non
rivolgeva mai la parola al detenuto e comunicava a segni con i
suoi colleghi. Si muoveva con una luce accesa sulla testa: per
incutere timore, per aumentare il senso di isolamento del detenuto
e, ovviamente, per non essere riconosciuti.
Da quanto documentato dalla Commissione del Senato americano,
emerge come nelle incombenze di tutti i giorni ogni addetto agli
interrogatori mettesse la propria fantasia a disposizione e,
talvolta, anche una forte dose di sadismo nel tentativo di rendere
efficace l’effetto della tortura (o tecniche che dir si voglia).
Nella pratica, nonostante le norme di comportamento e le direttive
come il "Detention and Interrogation Program", alla fine gli
uomini della CIA godevano di un ampio margine di discrezionalità
nella consapevolezza che l’Agenzia raramente interviene per
sanzionare violazioni o comportamenti impropri. Per anni si è dato
alimentata la connivenza tra l’Agenzia ed il suo personale,
entrambi consapevoli di svolgere un’attività che di legale aveva
ben poco.