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LA COMPARTIMENTAZIONE NEI SERVIZI. IL CASO ITALIANO


compartmentalization

Nell’attività di intelligence ci sono delle regole che accomunano un po’ tutti i Servizi. Sono regole generalmente non scritte, ma che vengono applicate sia che riguardino la propria attività istituzionale, sia che regolino i rapporti tra Servizi.

Compartimentazione


Sul piano interno, la prima regola è la compartimentazione. Si deve sapere solo quello che è necessario sapere. Non tutti devono sapere tutto. Meno una notizia circola all’interno di un Servizio, più basso è il rischio che arrivi alle orecchie di chi non deve sapere. Una notizia riservata può garantire il successo di un’operazione. Anche perché le attività del Servizio sono tante: alcune operative e altre logistiche. E se è ovviamente condiviso che chi non svolge attività operativa non abbia nessuna necessità di sapere, non è altrettanto valido lo stesso principio all’interno di quelle stesse strutture che svolgono attività operativa.

Ci sono attività tecniche come l’ELINT (Electronical Intelligence), la SIGINT (Signal Intelligence), l’IMINT (Imagery Intelligence), e altre più operative come lo HUMINT (Human Intelligence). Quando è necessario che una struttura che svolge attività operativa venga tenuta all’oscuro di una notizia o di un’informazione? Questo è un quesito che molte volte gli addetti all’attività di intelligence si pongono, perché non esistono regole chiare. Esiste il buon senso; esistono gli organi interni deputati alla circolazione delle notizie, come le sale situazioni, ma non esistono regole. Perché alla fine la compartimentazione, se diventa un elemento autoreferenziale di una struttura, rischia di generare un danno operativo per le altre strutture che invece potrebbero trarre benefici da una determinata notizia.

Esiste una subordinata su cosa si debba fare circolare: notizie o informazioni? La notizia è infatti un dato grezzo di acquisizione che deve essere successivamente elaborato e verificato nella sua attendibilità per farla diventare informazione. E’ meglio far circolare una notizia e con essa un dato di dubbia attendibilità per farlo combaciare con altri dati analoghi di altra provenienza o è meglio aspettare che la notizia sia sottoposta a verifica per qualificarne la veridicità?

Nell’uno o nell’altro caso esistono dei pro e dei contro. Se si incentra la ricerca su di una notizia e questa non è attendibile, si spreca tempo e si rischia di fuorviare altre ricerche concorrenti sullo stesso target operativo. Ma se la notizia è valida si guadagna tempo, elemento determinante in molte attività di intelligence. Perché l’informazione, proprio per la sua natura di incontrovertibile verità, richiede tempi più lunghi.

Poi c’è il problema sulle fonti di una notizia, specie se si tratta di fonti relative all’attività Humint. Questo perché la ricerca all’estero o sul territorio nazionale è svolta da differenti strutture di un Servizio Informativo. Esiste, proprio nel campo delle fonti, una ritrosia di principio a svelare l’identità dell’informatore e questo vale anche all’interno del Servizio stesso. Spesso troviamo la presenza concomitante di diverse strutture – e con esse dei propri strumenti e contatti operativi – alla ricerca di un medesimo dato di interesse per la propria attività istituzionale.


schema servizi


Il caso italiano

Se quella della compartimentazione è una problematica che ha una valenza interna, il problema si presenta in maniera più pronunciata se un Paese, come l’Italia, ha due Servizi Informativi con identici obiettivi nel campo della sicurezza nazionale, ma con diverse proiezioni sul terreno: l’AISE (Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Esterna) all’estero, l’AISI (Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Interna) sul territorio nazionale (legge 124 del 3 agosto 2007).

A parte l’effimera divisione geografica di aree di intervento – come se non esistessero aree di sovrapposizione nel corso dell’attività operativa ed informativa – il problema principale è nell’osmosi e travaso di informazioni tra due Servizi che operano in competizione tra loro.

E’ la storia del sistema italiano e delle scelte politiche ad avere generato due Servizi informativi (tre, se si considera anche il RIS, Reparto Informazioni e Sicurezza, militare) proprio per dividere le competenze, metterli in competizione e quindi renderli “meno” pericolosi al fine di garantire il permanere di uno Stato democratico. Divide et impera. Se sono queste le premesse, non ci si può lamentare se l’efficienza delle strutture di intelligence ne risulta limitata.

Qualcuno comunque potrebbe obiettare che è stato creato un organismo di coordinamento centrale nella figura del DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) che dovrebbe amalgamare, controllare e dirigere l’attività dei due Servizi di intelligence alle sue dipendenze. Anche qui però siamo nel campo degli equivoci perché, se è vero che esiste la possibilità di un coordinamento, è altrettanto vero che questo avviene in modo molto limitato. Ognuno dei due Servizi tende ad essere autoreferenziale sia per motivi di compartimentazione, sia per la già citata competizione. Aspetto, quest’ultimo, favorito anche dalla legge.

Così com’è oggi articolato il DIS, vi si accentrano alcune competenze comuni ai due Servizi (addestramento, sanità, logistica, finanza, reclutamento), senza però che ne siano eliminate le diverse emanazioni all’interno dei Servizi stessi, creando così dei duplicati. Sul piano prettamente operativo, ognuno dei Servizi rimane autonomo. Ma saliamo ad un livello superiore: se c’è una compartimentazione all’interno del Servizio, se ne crea un’altra tra i due Servizi e ce n’è una terza nella cooperazione tra i Servizi ed altre strutture dello Stato.


stemma AISE

Stemma dell'AISE


Rapporto tra Servizi e Magistratura

Un caso eclatante è quello che riguarda i rapporti con la magistratura. Un Servizio raccoglie una notizia; la verifica nella sua attendibilità, facendola diventare un’informazione; trasmette questa informazione alla magistratura per eventuali provvedimenti di sicurezza. Per la magistratura tutto questo non basta, perché ciò che viene trasmesso dai Servizi (che ovviamente non comunicano l’origine della informazione) non ha alcun valore di prova, ma solo di spunto investigativo.

In altre parole, se la magistratura attuerà il provvedimento richiesto dai Servizi o se darà un seguito giudiziario a quanto da loro fornito, lo farà solo ed unicamente dopo aver svolto una propria indagine. E’ chiaro che questa circostanza, per quanto frutto del garantismo legato ai procedimenti giudiziari, penalizzi un rapporto collaborativo tra Servizi e magistratura ed induca ad una compartimentazione delle conoscenze informative dei due soggetti.

In questo contesto c’è da sottolineare anche un altro elemento: quando il Servizio acquisisce informazioni, alcune di rilevanza giudiziaria, il Direttore dello stesso ha la facoltà e la discrezionalità, non l’obbligo, di comunicare l’informazione alla magistratura sulla base di una valutazione di merito. Ovvero, decide se è opportuno dare un seguito giudiziario a un’attività informativa e se è nell’interesse della sicurezza nazionale soprassedere o proseguire in tale attività.

In pratica, quando un’informativa dei Servizi arriva sul tavolo di un magistrato, c’è già stata una valutazione a monte di validità ed opportunità da parte di un Direttore del Servizio.

stemma AISI
Stemma dell'AISI


Divisione di attribuzioni e danni collaterali

La Legge 124 che regola le attribuzioni dei Servizi sul parametro territoriale ha creato ulteriori conflittualità, frutto sempre della compartimentazione. Con la legge precedente (la n. 801 del 1997), le attribuzioni del controspionaggio erano del SISMI (ora AISE) e non del SISDE (ora AISI). Con la 124 è stato necessario dare seguito a questo passaggio di competenze, foriero anche di un passaggio di consegne operative. Fino al 2007, era il SISMI, con proprie strutture interne, ad avere il controllo operativo sulle strutture diplomatiche operanti in Italia. Un compito gravoso tenuto conto che, solo a Roma, vi sono il doppio delle rappresentanze diplomatiche, sia per lo Stato italiano che per il Vaticano (ed il Vaticano non permette che una sede diplomatica abbia le doppie funzioni).

Il Raggruppamento del SISMI deputato a questa funzione aveva un’esperienza acquisita nel tempo. Fonti, contatti, controlli, attività di ascolto, attività in alcuni casi al limite della “legalità” con, all’occorrenza, la violazione di una sede diplomatica. Il passaggio di funzioni, obbligatorio per legge, ha messo in predicato tutto questo bagaglio di conoscenze. La versione ufficiale vuole che tutto questo sia avvenuto nello spirito di collaborazione dovuto tra organi dello Stato, ma c’è sempre differenza tra la teoria e la pratica. Anche perché colui che ha operato al limite della “legalità” non va certo a raccontarlo in giro, nemmeno ai colleghi.

Sicuramente la compartimentazione è una regola difensiva che tutela la segretezza. Se disattesa, può pregiudicare la riservatezza che è l’elemento primario di ogni organismo di intelligence. Ma, se applicata senza discernimento, diventa un vulnus per una struttura informativa perché incide sull’efficienza della struttura stessa. Come tutte le regole, va regolata, ma non esistono criteri se non nell’elaborazione di ogni singolo caso di applicazione della stessa.

Esistono però degli antidoti e questi sono in molti casi le garanzie, soprattutto giuridiche, che possono essere applicate nella tutela del segreto di Stato. La paura che una notizia si diffonda o possa essere strumentalmente utilizzata contro colui che la diffonde, può essere esorcizzata con la tutela garantita ad un operatore del settore. Purtroppo, l’attività di un Servizio informazioni, soprattutto nel caso italiano, vive confrontandosi con il pregiudizio di un’opinione pubblica che coltiva nell’opacità di una specifica attività istituzionale il sospetto di trame eversive, di violazioni della privacy, di illegalità diffusa. E’ un immaginario che non rende giustizia alla pericolosità di un lavoro vecchio quanto il mondo. E se il lavoro di un Servizio può essere sporco, questo non postula che sia portato a compimento da gente che non rispetta la legge.

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