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IL MEDIO ORIENTE ED I SUOI CONFINI DI SABBIA


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Una delle domande che il Medio Oriente dovrà porsi nel prossimo futuro è se l’attuale configurazione di Stati e Staterelli esisterà ancora una volta sconfitto l’ISIS. L’avvento del califfato ha avuto l’effetto collaterale di far riemergere una serie di contraddizioni sociali, etniche e religiose sopite fin dalla spartizione seguita al collasso dell’impero ottomano oltre un secolo fa. Del resto, l’attuale assetto regionale è frutto del lavorio di due personaggi: il diplomatico francese, François Marie Denis George Picot, e di un politico inglese, Mark Sykes. L’accordo segreto del 19 maggio 1916, denominato appunto Sykes-Picot, spartiva il Medio Oriente in sfere di influenza inglesi e francesi senza tenere conto delle popolazioni locali. Fu soltanto Lenin a divulgarne il contenuto dopo averne trovato copia negli archivi dello Zar dopo la rivoluzione bolscevica.

La suddivisione fra le due potenze coloniali perseguiva gli interessi strategici di ciascun Paese. Il Regno Unito ambiva a creare una contiguità territoriale e marittima con l'India. La Francia mirava invece mantenere i suoi legami storici con l'area libanese e le sponde del Mediterraneo. Le istanze delle popolazioni locali, i loro legami tribali, le diversità religiose non furono parametri di riferimento. Parigi assumeva così il controllo dell'area dell'attuale Siria, Libano e parte dell'Iraq settentrionale. Londra estendeva invece il suo controllo sulla Giordania, l'Iraq e con aggiunta di piccole concessioni nella zona di Haifa ed il porto di Alessandretta (porto franco per dare sostegno ai suo traffici nel Mediterraneo). Un accordo che però non fu mai ratificato dai rispettivi Parlamenti.

L’altro soggetto attivo di questa spartizione era la Russia a cui, con l’accordo di Costantinopoli nel 1917, veniva riconosciuta una prelazione sullo stretto dei Dardanelli, Costantinopoli, Bosforo, Mare di Marmara e Tracia meridionale. Ma la rivoluzione faceva decadere quanto pattuito. Lo stesso dicasi degli Stati Uniti, all’epoca concentrati su di una politica isolazionista sotto il presidente Woodrow Wilson.


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François Georges-Picot e Mark Sykes


La fine della Prima guerra mondiale

Al termine del primo conflitto mondiale, le potenze coloniali hanno messo in pratica quanto ratificato segretamente tre anni prima. La spartizione di quanto restava dell’impero ottomano veniva spartito con la Conferenza di Sanremo (aprile 1920), il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) e quello successivo di Losanna (1923). Quest’ultimo passaggio ha portato alla creazione della Turchia guidata da Kemal Ataturk ed alla rinuncia del progetto di un referendum sull’indipendenza del Kurdistan.

Il passo successivo fu la decisione della Lega delle Nazioni di dare alla Francia il mandato su Libano e Siria ed al Regno Unito su Iraq, Palestina, Transgiordania (cioè l'attuale Giordania con i territori dell'attuale Cisgiordania). Si passava così da un concetto di generica sfera di influenza a quello di amministrazione diretta garantita dal mandato internazionale. Ovviamente nell'intento dichiarato era quello di favorire una futura completa indipendenza dei popoli arabi.

La dichiarazione di Balfour (novembre 1917) andava invece nella direzione opposta, alimentando la speranza della creazione di un "focolare" ebraico in Palestina, pur bilanciata al sostegno al regno Hashemita di Hussein ibn Ali al Hashemi. Dalla sovra-citata dichiarazione nascevano i prodromi per la costituzione dello Stato di Israele, sul secondo aspetto si sviluppava la divisione geografica della regione.

Il Medio Oriente come lo conosciamo oggi è nato da accordi e dai successivi aggiustamenti.

Delle linee tracciata sulla sabbia

Se si osserva sulla carta la conformazione territoriale dei vari Stati che adesso compongono il mosaico mediorientale, colpisce il fatto di come i confini siano stati tracciati tirando delle linee rette e che per bilanciare – o meglio, circoscrivere – l'importanza di uno Stato sull'altro, alla Transgiordania veniva dato un limitato accesso sul mare di 15 km sul Golfo di Aqaba ed altrettanto veniva fatto con l'Iraq sul Golfo Persico.

Popolazioni nomadi con comuni vincoli parentali o culturali si sono improvvisamente trovate in Stati diversi, oltre confini che essi non riconoscevano. Altrettanto è avvenuto per i luoghi di culto e le diversità religiose. Si è nei fatti creata una disomogeneità sociale, si sono create autorità statuali senza base storica e talvolta radicamento territoriale.

L’unico aspetto positivo delle proposte di Sykes – che però non ebbe seguito – era quello di mettere sotto giurisdizione internazionale la parte centrale della Palestina, cioè quella parte della Galilea e della zona di Hebron dove erano presenti i luoghi santi del cristianesimo, dell'Islam e degli ebrei. Se questo fosse avvenuto, forse la questione palestinese non sarebbe mai scoppiata.

A seguito dei mandati internazionali invece le potenze coloniali fallirono volutamente nell’esercitare la loro funzione di guida verso l’emancipazione di popoli soggiogati per secoli dal Sultano. Non si è mai insegnata la democrazia, si è sorvolato sugli aspetti dei diritti umani e dei meccanismi di creazione del consenso sociale. I colonizzatori hanno fatto i colonizzatori. E in Paesi come la Siria il mandato internazionale è stato imposto con le armi.

E’ sulla base di queste premesse che dopo la Seconda Guerra Mondiale il Medio Oriente ha proseguito sulla falsa riga di quanto ereditato. Colpo si Stato militare in Siria nel 1966 con l’avvento di Hafez Assad al potere, ripetuti colpi di Stato in Iraq che hanno portato al vertice Saddam Hussein, lo stesso dicasi in Egitto, rivolte e guerre in Palestina contro Israele, una serie di emirati governati sulla base di un potere dinastico autoritario e assoluto nel Golfo Persico, varie guerre ed invasioni che hanno fatto del Medio Oriente una delle aree più instabili del mondo.


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Le domande da porsi

Le guerre del Golfo e l'arrivo dell'ISIS hanno fatto da detonatore ad un contesto geopolitico creato artificialmente con confini inventati e incompatibilità sociali, etniche o religiose. Il problema adesso è quello di rendere compatibili convivenze che il settarismo dell'ISIS o le guerre civili hanno infranto.

Le domande da porsi sono innumerevoli. La Siria, dopo oltre 6 anni di guerra civile, potrà rivedere un convivenza pacifica fra alawiti e sunniti? Già dopo la Prima Guerra Mondiale i francesi pensavano di dividere la Siria in due entità distinte: cristiani ed alawiti da un parte, sunniti dall’altra.

I curdi potranno continuare a vivere sotto altri Stati senza averne uno proprio? All'inizio di marzo il leader del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, ha dichiarato l'incompatibilità della sua regione con il resto dell'Iraq. Ed i curdi siriani che hanno combattuto contro l’ISIS faranno parte di uno Stato federale o proveranno a scindersi dal resto della Siria? E i curdi in Turchia, proseguiranno l’insurrezione guidata dal PKK o troveranno una forma di convivenza con le autorità di Ankara?

Il settarismo dell'ISIS ha anche diviso la comunità sciita da quella sunnita in Iraq. Si rimargineranno le ferite dopo che è stato versato così tanto sangue? Basterà uno stato federato o lo Stato iracheno si dissolverà? Anche qui stanno arrivando segnali da alcune minoranze locali: i turcomanni, gli assiri cristiani e gli yazidi hanno già richiesto maggiore autonomia regionale come peraltro previsto dalla costituzione del 2005.

Per quanto riguarda il Libano, la cui fragilità istituzionale fu creata ad arte dai francesi con una suddivisione del potere su base confessionale (presente nella Costituzione del 1926 e poi integrata dal Patto Nazionale del 1943), potrà ancora assicurare l'integrità territoriale del Paese laddove i rapporti demografici sono cambiati? E’ dal 1932 che nel Paese, per motivi di opportunità, non vengono più effettuati censimenti. E cosa pretenderanno le milizie degli Hezbollah quando torneranno nel loro Paese dopo la vittoria sull'ISIS?

Ed ancora, i palestinesi potranno avere un loro Stato come le Risoluzioni dell'Onu hanno più volte sancito? E con quale estensione territoriale? Tante domande che solo nel prossimo futuro potranno avere risposte. Ma quel che è certo è che il prossimo Medio Oriente non sarà uguale a quello passato.

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