LA CYBER GUERRA IN MEDIO ORIENTE :ISRAELE, IRAN E ALTRI
C'è
oggi in Medio Oriente una guerra di cui non si parla quasi mai. E'
una guerra silenziosa , subdola, ma sicuramente molto importante
perché mette a repentaglio la sicurezza di molti Stati e
organizzazioni. E' la Cyberwar, una forma di guerra non
convenzionale, che si combatte nei circuiti internet e nelle
infrastrutture di telecomunicazione.
E' una guerra offensiva quando si intende penetrare i sistemi
informatici degli avversari; è una guerra difensiva quando si
vuole impedire che ciò avvenga nei propri sistemi.
Questo perché oramai internet è diventata un sistema globale, una
autostrada dove circola tutto e dove tutto può essere raccolto,
manipolato o danneggiato. Basta conoscere la tecnica giusta.
Non è ovviamente una guerra che interessa solo il Medio Oriente ma
tutto il mondo (il cyber crime - che è l’aspetto criminale
dell’utilizzo di internet - è aumentato del 30% lo scorso anno).
Ma in Medio Oriente dove ci sono guerre, terrorismo e instabilità
endemica, l'importanza della cyberwar è ancor più marcata.
Basterebbe dire che in gennaio scorso, quando il consumo di
energia elettrica era essenziale per assicurare il riscaldamento
delle case degli israeliani, a fronte di una ondata di freddo, un
attacco cyber ha costretto la compagnia elettrica del Paese a
chiudere per due giorni. Un virus era stato inserito nel sistema
informatico, paralizzando i computers della compagnia e quindi
bloccandone l'attività.
Ma già lo scorso anno, in aprile, un hacker palestinese si era
introdotto nei server israeliani, entrando nel sistema informatico
del Primo Ministro, in quello della Difesa, dell'Istruzione, del
Servizio interno Shin bet, in quello della Polizia di Tel Aviv e
della Borsa.
Due giorni dopo, per “rappresaglia”, era stato violato, da parte
israeliana, l''anagrafe palestinese dove sono riportati i dati di
circa 4 milioni di persone e quindi divulgati nel web i dati di
circa 700 impiegati, ministri e giornalisti palestinesi
E volendo andare ancora più lontano basterebbe ricordare la guerra cyber di Israele per
bloccare il programma nucleare iraniano con il malware
“Stuxnet” e lo spyware “Flame” (vedasi “L'Iran e la guerra
segreta” - Invisible dog del giugno 2012).
La cyber war non serve solo per penetrare sistemi e banche dati,
ma anche per disinformare, per reclutare fonti e per propaganda.
Questo è il motivo per cui molti Paesi si sono subito attrezzati
con proprie strutture interne per fronteggiare questa minaccia e
per sfruttarne le possibilità offensive..
Gli Israeliani
Gli israeliani sono stati i primi a rendersi conto delle
potenzialità e della pericolosità del settore, creando, oltre 10
anni fa, una struttura denominata “Direttorato C4i “ (Comando e
Controllo, Comunicazione e Computers) che operava nell’ambito
dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Netanyahu, nel settembre 2014 aveva poi annunciato la costituzione
di una nuova agenzia, la “Autorità Nazionale per la Difesa Cyber”
che ha lo scopo, prettamente difensivo, di proteggere le strutture
dello stato dalla specifica minaccia. Questa struttura presiede e
coordina ogni aspetto operativo della cyber guerra. La sua piena
operatività è prevista nell'arco di tre anni. Dipende dall'Ufficio
del Primo Ministro e si coordina con l'Ufficio Nazionale Cyber
(già esistente dal 2012) anch’esso operante alle dipendenze del
Primo Ministro israeliano.
Per quanto riguarda l’attività offensiva essa viene sviluppata in
ambito militare. Una attività che oggi risulta divisa tra il
Direttorato dell'Intelligence Militare, dove opera la famosa unità
8200 e il Corpo militare delle Trasmissioni.
Il primo organismo si dedica prevalentemente alle operazioni
clandestine, ed è in stretto contatto operativo con lo Shin Bet ed
il Mossad (che a loro volta hanno una propria capacità cyber). E'
quello operativamente ritenuto più qualificato.
Il secondo, invece, opera esclusivamente negli interessi
dell'esercito, dedicandosi alle
comunicazioni, criptazione e decrittazione (quindi, nella
sostanza, più dedicato a funzioni difensive).
E' stata poi costituita, sempre nell'ambito dell'Esercito
israeliano, una Brigata per la Difesa Cyber che risponde
direttamente al Capo di Stato maggiore delle Forze Armate. La
struttura forma un Corpo a sé stante ed è sotto la guida di un
generale. Sono state inoltre allestite delle sale operative
dedicate allo specifico settore della cyber security. La messa in
opera di questa nuova struttura è stata oggetto recentemente di
una esercitazione militare. Non esiste pianificazione di
operazioni in territorio nemico che non veda intorno al tavolo un
rappresentante della branca cyber. La tendenza, in ambito militare
israeliano, è quella di unificare l’attività offensiva e difensiva
e nell’attività offensiva eliminare il dualismo tra Intelligence
Militare e Corpo delle trasmissioni.
Comunque nell'ambito dello stato ebraico ci sono anche altre
agenzie civili che si dedicano al settore come :
- il citato Ufficio Nazionale Cyber, che fornisce le linee guida
per lo sviluppo del settore cyber (offensivo/difensivo), monitora
lo sviluppo tecnologico nel campo industriale e incoraggia la
cooperazione nel settore tra le varie agenzie ed enti
(privati/pubblici). L'Ufficio Nazionale Cyber è inoltre consulente
del Primo Ministro anche per gli specifici aspetti legislativi. Al
suo interno opera una sala di early warning per la minaccia
informatica.
- l'Autorità per la Sicurezza Nazionale delle Informazioni, che ha
il compito di regolare e fornire consulenza alle infrastrutture
che presentano criticità agli attacchi cyber.
- vari Dipartimenti nell'ambito della Polizia e dello Shin Bet.
La pletora di agenzie e strutture qualificano l'importanza che
Israele dà a questo tipo di guerra ma, essendo un settore
'giovane' e in continua evoluzione, ci sono ancora dei problemi da
risolvere come la poca integrazione tra le varie agenzie.
Nonostante ciò, almeno nel campo della cyber security, Israele è
oggi considerato uno dei Paesi più qualificati a livello mondiale.
Gli iraniani
Gli iraniani, che a suo tempo hanno sperimentato sulla loro pelle
la pericolosità della cyber war contro il loro programma nucleare,
hanno una serie di strutture, militari e civili, dedicate a
fronteggiare la specifica minaccia.
Dal 2010 è stato creato un “Comando per la Difesa Cyber”
(organismo militare con la funzione di difendere le strutture
dello Stato dalla minaccia cyber) che opera sotto la supervisione
della “Organizzazione per la Difesa civile passiva” (organismo
civile con un capo militare - già in funzione dal 2003) che a sua
volta fa capo allo Stato Maggiore delle Forze Armate. Sono
comunque organismi che devono rispondere alle minacce specifiche
operando con una “Commissione permanente” dove confluiscono sia
rappresentanti militari che rappresentanti di vari enti
governativi. Come detto, la dipendenza gerarchica è militare (in
passato - cioè fino al marzo 2011 - dipendevano invece
direttamente dalla presidenza della Repubblica). Questi organismi
sono stati creati dopo che gli hackers israelo/americani avevano
danneggiato/bloccato il programma nucleare iraniano.
Nel marzo del 2012 è stato poi creato un “Consiglio supremo dello
spazio cyber” ( “Shoray Aali Fazaye Majazi”), deputato a dare
direttive nello specifico settore a tutti gli enti dello Stato.
L'organismo è guidato dal Generale Abul Hassan Firouzabadi, che ne
svolge le funzioni di segretario, ed è composto anche dai vertici
del sistema giudiziario, del Parlamento, il capo della televisione
di Stato, il Comandante della Guardia rivoluzionaria, il capo
della Polizia e vari Ministri (Intelligence, Cultura, Interni,
Informazioni, etc.)
Lo scopo di questo ultimo apparato è soprattutto quello di
controllare e censurare, come poi è emerso a cavallo delle ultime
elezioni parlamentari. Nel citato Consiglio supremo c'è infatti
una commissione che esamina le trasmissioni e notizie dei mass
media. E' un organismo dove siedono anche rappresentanti
dell'intelligence, del ministero della Cultura e degli Interni
nonché funzionari della Polizia cyber, una branca della Polizia
dedicata alla lotta contro i crimini informatici ma che ovviamente
combatte anche gli oppositori al regime.
In Iran, la metà della popolazione ha uno smartphone, ci sono
oltre 1500 siti web e l'utilizzo dei social media e network e
della messaggistica è molto diffuso. Già in passato tali strumenti
sono stati utilizzati per proteste e manifestazioni. Tra le
iniziative prese in considerazione per limitare l'uso “negativo”
di internet il regime aveva pensato di creare una propria rete ed
un motore di ricerca nazionale.
Comunque, sempre nel settore del controllo del traffico internet,
nel luglio del 2009 è stata creata una ulteriore struttura, la
“Commissione per l'identificazione dei siti internet non
autorizzati”, che opera sotto l'egida di Khamenei con la
compartecipazione dei principali vertici istituzionali del Paese.
L'attività offensiva della cyber war è invece gestita dalle
strutture intelligence e militari e soprattutto dal Comando delle
Guardie Rivoluzionarie, dove opera una unità (eufemisticamente
chiamata “armata”) cyber. Dall'entità numerica non nota, questa
unità è comunque composta di specialisti e hackers che svolgono
attività offensiva verso l'estero. La loro capacità tecnica è
considerata, anche dagli avversari, molto alta. In Teheran ci
sarebbero due Comandi cyber da cui viene sviluppata l'attività
operativa. Anche il Corpo paramilitare dei Basiji (comunque
inglobato nell'esercito) ha una sua struttura, il “Comando cyber”,
ma ritenuta di livello professionale molto basso. Comunque anche
qui la supervisione è da parte dei pasdaran.
Se oggi è Impossibilitato a mettere in opera operazioni di guerra
contro altri nemici, stante l’impegno militare in Siria, in futuro
la cyber guerra sarà una forma di contrasto sicuramente
perseguibile contro i nemici storici regionali come l’Arabia
Saudita.
I primi passi sono già stati mossi nell’agosto del 2012 (non
casualmente periodo di Ramadan) quando, attraverso una E-mail
spam, furono messi fuori uso oltre 35.000 computers della società
petrolifera ARAMCO. Un attacco condotto da un gruppo
autodenominatosi “la spada tagliente della Giustizia”, comunque
poi identificato come una operazione di hackeraggio proveniente
dal territorio iraniano. Un esperimento poi reiterato negli anni
successivi con successo anche contro altre compagnie del Kuwait,
Qatar e Emirati Arabi Uniti. E quando è iniziato l’intervento
armato saudita in Yemen, nel giugno del 2015, un altro gruppo,
questa volta autodefinitosi “l’esercito cyber dello Yemen”, ha
reso pubblici una serie di dati ed informazioni (circa mezzo
milione di documenti) ottenuti dal sistema informatico del
Ministero degli Esteri saudita. Anche qui è stata poi accertata la
longa manus iraniana. E tutto è avvenuto nonostante la promessa
formulata un mese prima dal Presidente americano Obama di voler
dare assistenza tecnica nel campo specifico a tutti i Paesi del
Gulf Cooperation Council.
Che comunque gli iraniani, al pari degli israeliani, siano
particolarmente attivi nella guerra cyber è una circostanza
confermata dal fatto che nel periodo 2012/2014 siano stati
attaccate da Teheran oltre 50 enti/società in 16 Paesi nell’ambito
di un'operazione denominata “mannaia” .
Gli Hezbollah
Gli Hezbollah del Libano, con la diretta assistenza iraniana,
hanno attrezzato un centro per la guerra elettronica nella
periferia di Beirut, nel quartiere sciita di Dahya. Gestito da
Wafiq Safa, un personaggio imparentato con il leader del
movimento, Hassan Nasrallah, la struttura è dedicata soprattutto
alla guerra offensiva contro Israele. Hackers ed esperti sono
addestrati dagli iraniani in compiti di guerra elettronica. E
durante le operazioni militari israeliane contro Gaza, nell’estate
del 2014, ci furono parecchi tentativi di hackeraggio contro
Israele a fini di spionaggio provenienti dal Libano, e
precisamente da parte di una compagnia/gruppo denominato “Cedro
volatile”. Ed è da ricordare al riguardo che nel dicembre del
2013, l’uomo responsabile dell’attività cyber in ambito Hezbollah,
Hassan Laqees, era stato ucciso in un agguato a Beirut,
probabilmente da sicari del Mossad.
La Jihad Islamica palestinese e Hamas
La Jihad Islamica palestinese che opera da Gaza viene accreditata
di capacità cyber. L'organizzazione era riuscita ad inserirsi nel
sistema telefonico israeliano, mandando messaggi alla popolazione.
Anche qui, sembra che l'addestramento degli hackers palestinesi
sia stato effettuato dagli Hezbollah libanesi e quindi, per la
regola transitiva, dagli iraniani.
Anche Hamas, usufruendo della stessa fonte di addestramento, ha
una sua unità dedicata alla guerra cyber sia difensiva che
offensiva. E nel 2014 questa unità è riuscita ad infiltrarsi nel
server dello Shin Bet, identificando così i nominativi delle spie
palestinesi operanti in Gaza.
Colpisce il fatto che una capacità cyber altrettanto alta non sia
stata realizzata nell'ambito dall'Autorità Nazionale Palestinese.
Siria
Anche l'esercito siriano ha una propria struttura operativa
denominata “Armata elettronica siriana”, a cui viene accreditato
un attacco contro varie strutture giornalistiche (Reuters ,
Washington Post) e contro il sito ufficiale dell’Esercito
americano.
ISIS
Un attacco cyber, probabilmente riferibile al gruppo di Al
Baghdadi, è stato effettuato contro il sito dell’Osservatorio
Siriano per i Diritti Umani nel luglio del 2015. Anche qui, gli
hackers si erano autodenominati “Esercito Cyber del Califfo”.
Nel gennaio 2015, invece, sempre gli hackers del Califfo avevano
violato gli account Youtube e Twitter di USCENTCOM.
Dal 1 luglio del 2015 l’Unione Europea, proprio per contrastare
l’utilizzo del web da parte dell’ISIS sia per finalità di
propaganda, di reclutamento e trasmissione di direttive operative
in forma cifrata, ha creato una unità specializzata nel settore
che monitora il traffico internet e dei social network. Basti
pensare che esistono circa 40/50000 account riferiti a personaggi
legati al terrorismo islamico che lanciano su base giornaliera
circa 100000 tweet.
Hamzi Abu Haija
Le potenzialità della cyber war
Come detto, la cyber guerra ha diverse finalità che vanno dallo
spionaggio (penetrando i server avversari o monitorando vari
social network), alla disinformazione e propaganda, guerra
psicologica, reclutamento di fonti, bloccaggio delle
infrastrutture critiche, fino all’individuazione di personaggi per
la loro cattura o eliminazione. In quest’ultima categoria rientra
il caso di Hamzi Abu Haija, membro di spicco della brigata Izzidin
al Qassem di Hamas, eliminato in un raid dell’esercito israeliano
il 22 marzo del 2014. Hamzi fu localizzato mentre chattava su
facebook nel campo profughi di Jenin. Con l’utilizzo di tecniche
cyber, Israele è anche riuscito a monitorare i negoziati del
nucleare iraniano penetrando nel sistema di un hotel di Mosca che
ospitava le delegazioni.
Con le tecniche cyber si possono bloccare le attività degli
ospedali (con tutte le conseguenze immaginabili in termini di
vittime), bloccare l’erogazione di energia o acqua, mettere in
default il sistema informatico di una città (anche bloccando i
semafori), interferire nei sistemi computerizzati dei missili,
bloccare tutte le telecomunicazioni (radio, telefoni, trasmissioni
televisive) di un Paese e quindi il sistema di comando e controllo
di un esercito, interferire e paralizzare i sistemi radar,
bloccare le torri di controllo di un aeroporto con relativo
traffico aereo. E si potrebbe continuare all’infinito.
E proprio per la sua potenzialità offensiva che in un futuro molto
prossimo questa guerra non convenzionale avrà molto sviluppo in
Medio Oriente dove gli attori principali, in virtù delle loro
specifiche capacità, saranno Israele e Iran.