I GIOCHI SPORCHI E LE STORIE SEGRETE DEL MEDIO ORIENTE

Uno degli aggressori di Settembre Nero
La
storia del Medio Oriente come la conosciamo nella sua versione
ufficiale, quella che riportano i giornali o i libri di storia, è
soltanto una visione parziale di ciò che avviene. Sappiamo chi
sono i nemici e gli amici. E l’osservatore esterno decide da che
parte schierarsi. Ma in realtà c’è anche un’altra storia, di cui
si conosce poco, perché fa parte di un gioco sporco dove mandanti
ed esecutori mantengono il silenzio. E’ una verità nascosta dove
tutto diventa grigio, dove acerrimi nemici – almeno ritenuti tali
– magari si parlano e tramano insieme, dove i principi della
politica lasciano il posto agli interessi contingenti, dove i
nemici dei miei nemici diventano temporaneamente amici. Un mondo
nascosto di cui pochi parlano poiché gli attori sono generalmente
i Servizi e perché i diretti interessati, siano essi politici o
altro, hanno tutto l’interesse a rimanere nell’ombra.
Israele e i sauditi
Recentemente un ex ufficiale del Mossad ha svelato parte di questi
intrighi che raccontano una storia non nota. A metà degli anni ‘60
c’era una guerra civile in Yemen che vedeva contrapposti i
monarchici appoggiati dall’Arabia Saudita ed i repubblicani
appoggiati dall’Egitto e dall’Unione Sovietica. Era il periodo in
cui nessuno poteva immaginare un rapporto diretto tra Riad e Tel
Aviv. Ma come spesso accade, c’era in quel momento una convergenza
di interessi tra i due nemici contro una minaccia comune,
rappresentata in quel momento dal socialismo e nazionalismo
nasseriano. Gamal Abdel Nasser costituiva un pericolo sia per la
sopravvivenza delle monarchie del golfo che per Israele, come poi
dimostrò la Guerra dei 6 Giorni nel 1967. Inoltre, a quei tempi
l’Egitto era appoggiato dall’Unione Sovietica e Israele
dall’Occidente. Ecco allora che l’Arabia Saudita chiede aiuto
all’Inghilterra, l’MI-6 inglese prende contatti con il Mossad e
Israele incomincia a mandare armamenti ed equipaggiamenti ai
monarchici con un ponte aereo. Armi ovviamente senza distintivi o
elementi che ne indicassero la provenienza.
Tutti contro Nasser
Un’altra storia mai scritta è quella in cui, nel settembre del
1958, i capi dei Servizi segreti di Turchia, Iran e Israele si
accordarono per una serie di operazioni congiunte contro Gamal
Abdel Nasser e l’Egitto. Un patto leonino, con l’avallo americano,
durato fino all’avvento di Khomeini e la cacciata dello Shah nel
1979. Un quartier generale creato alla periferia di Tel Aviv, la
presenza di ufficiali di collegamento, lo scambio giornaliero di
informazioni monitorando sia i Paesi arabi radicali che le
iniziative sovietiche nella regione, ed una serie di operazioni
come la fornitura di armi alle fazioni sciite libanesi, l’esodo
delle comunità ebraiche dall’Iraq e attraverso il Kurdistan fino
ad Israele, il contrasto all’attività sovversiva di Nasser. Su
richiesta dell’allora primo ministro iraniano, Shapour Bakhtiar,
nel 1978 si tenne una riunione dei vertici del Mossad per
discutere la possibilità di eliminare l’ayatollah Khomeini, in
quel momento in esilio in Francia. Richiesta poi non esaudita con
tutte le conseguenze che poi tale decisione ha comportato. E che
poi ha visto Bakhtiar morire assassinato per mano di agenti
iraniani proprio a Parigi nel 1991.

Yitzhak Rabin
Marocco segreto
Era lo stesso periodo in cui Israele teneva contatti segreti con
il Marocco, addestrava le guardie del corpo del re Hassan II,
forniva materiale tecnologicamente sofisticato per attività di
intelligence ricevendo in contropartita informazioni sui vari
vertici arabi. Ed in questo intreccio di contatti segreti si
inserisce una visita di Yitzhak Rabin a Rabat per incontrare il re
marocchino. Un Rabin che indossava una parrucca bionda per non
essere riconosciuto. Altri incontri, sempre favoriti dal Marocco,
tra il Mossad e il vice primo ministro egiziano ai tempi di Anwar
Sadat, Hassan Tuhami, che poi aveva incontrato anche Moshe Dayan,
allora Ministro degli Esteri, il quale, per non farsi riconoscere
durante questi incontri, si era tolto la benda dall’occhio. Queste
riunioni clandestine portarono poi alla firma degli accordi di
Camp David nel 1978 e al trattato di pace Israele-Egitto del 1979.
Il Settembre Nero
Ma le storie meno raccontate sono state tante. Alla fine della
Guerra dei 6 Giorni nel 1967 la Giordania perse la Cisgiordania e
venne invasa da rifugiati palestinesi. Il regno hashemita guidato
da re Hussein si trovava nella scomoda posizione di confrontarsi
con un disequilibrio demografico: i rifugiati palestinesi del
conflitto superano la popolazione beduina autoctona. E’ una
circostanza che alimenta in Yasser Arafat e nei suoi guerriglieri
l’idea di costituire in Giordania uno Stato palestinese ovvero, in
alternativa, di asservire il territorio giordano ai propri
interessi militari essendo le varie fazioni palestinesi ben
armate. Nel settembre del 1970, mese che passerà alla storia con
il nome di “Settembre Nero”, re Hussein e la sua fedele legione
araba, costituita da soldati beduini, dichiarano guerra ai
palestinesi. E’ una carneficina. I palestinesi fuggono. E chi li
aiuta a scappare?
La storia ufficiale non lo dice, ma i vecchi fedayn la conoscono
bene. Benché la cosa appaia inverosimile, fu proprio Israele ad
aiutarli. Qualcuno potrà chiedersi: ma i palestinesi non erano gli
acerrimi nemici degli israeliani? Re Hussein non li stava
favorendo sbarazzandosi delle fazioni armate? Perché li aiutavano
ad attraversare la Cisgiordania, Israele e a raggiungere il
Libano? La risposta è alquanto contorta per chi non conosce la
storia mediorientale. In quel momento storico – perché bisogna
sempre contestualizzare le vicende – per Israele era importante
sia salvaguardare l’integrità territoriale della Giordania (re
Hussein è sempre rimasto in contatto con Golda Meir anche nei
momenti di maggiore tensione) che, nel contempo, destabilizzare il
Libano con l’arrivo dei palestinesi. Circostanza poi regolarmente
verificatasi e successivamente sfogatasi in una guerra civile
settaria.

Abu Ammar / Yasser Arafat
Hamas: Effetti collaterali
Anche la storia di Hamas è conseguenza di un gioco sporco finito
male. Tra il 1988 ed il 1989 era primaria strategia di Israele
indebolire l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della
Palestina) di Arafat. Per fare questo il Mossad favorì la crescita
politica dello sceicco Ahmed Yassin a Gaza, in aperto contrasto
con la leadership di Abu Ammar. Il ridimensionamento di Yasser
Arafat partiva dalla constatazione che Fatah, il gruppo
maggioritario a cui apparteneva il leader palestinese, e le altre
fazioni principali (Fronte Democratico, Fronte Popolare etc.)
erano tutte di ispirazione laica e marxista. Solo un piccolo
gruppo, peraltro numericamente insignificante e facente capo allo
sceicco Taysser Tamimi, era di ispirazione islamica.
Israele quindi favorì l’ascesa di una forte corrente islamica in
contrasto con il laicismo dell’OLP per tentare di indebolire il
ruolo egemone di Yasser Arafat. Solo che Hamas ed il suo leader
Yassin crebbero in maniera esponenziale e in chiave così radicale
da costituire un pericolo maggiore di quello rappresentato dallo
stesso OLP. Al punto che Yassin è stato prima più volte arrestato
e poi eliminato con un razzo nel marzo del 2004. Ma se oggi c’è un
nemico pericoloso per Israele, questo è proprio Hamas e non l’ANP
di Abu Mazen. Fare un parallelismo con Osama Bin Laden, foraggiato
ed armato dagli americani per combattere i russi in Afghanistan e
poi tramutatosi nel nemico numero uno degli USA, può essere utile.
Tuttavia, è notizia recente che Hamas e Israele abbiano tenuto dei
contatti segreti per negoziare una fase di non belligeranza. Non è
noto se questo sia stato possibile con la mediazione del Qatar ed
in che modalità. Nessuno lo conferma, le parti interessate lo
negano, ma ne ha parlato un personaggio sicuramente ben informato:
il presidente dell’ANP Abu Mazen. Poi gli ultimi risvolti di
intifada hanno bloccato il tutto.
Il nucleare iraniano
Oggi si parla molto della bomba atomica che l’Iran avrebbe voluto
acquisire e degli accordi sottoscritti per impedirglielo. Ma negli
anni ‘60-’70 era stato Israele, tramite Shimon Peres, ad offrire
la tecnologia nucleare allo Shah. Erano i tempi in cui l’Iran si
confrontava con la minaccia irachena. Il negoziato di Ginevra è
stato possibile grazie ad una lunga serie di contatti segreti
avvenuti a Muscat, in Oman, mentre Israele pianificava un attacco
armato contro Teheran. Almeno tre piani sono stati approvati sia
dall’allora premier israeliano Ehud Barak, che dal suo successore
Benjamin Netanyahu.
In questi mesi si è parlato molto di alcuni incontri segreti ad
Amman fra non meglio identificati Paesi arabi ed Israele. I Paesi
sunniti temono che Teheran, una volta riabilitato politicamente,
possa esercitare con maggiore forza il suo ruolo egemone nella
regione. Anche Israele teme la potenza dell’Iran. Ecco allora che
un pericolo comune rende possibili alleanze, anche se segrete, tra
Paesi teoricamente nemici. Ed è forse da inserire in questo
contesto la notizia di una possibile apertura dell’ambasciata
israeliana ad Abu Dhabi.