LA DIFFICILE CONVIVENZA IN EGITTO TRA REGIME E FRATELLI MUSULMANI
La nascita della Confraternita nel 1928, fondata dallo Skheykh Hassan al Banna, dà inizialmente al movimento caratteristiche alquanto moderate, anche perché al Banna si era ispirato alle ideologie delle correnti moderate sufi.
La Confraternita nasce e si diffonde, a cavallo degli anni 40-50, anche come un movimento elitario con adepti tra gli alti impiegati e funzionari nelle aree urbane egiziane. Successivamente, il proselitismo sarà esteso anche alle classi medie nelle aree rurali.
Vi
sono però nel movimento, fin dall’inizio, due circostanze che si
sovrappongono: ufficialmente il movimento si dedica ad una estesa
attività sociale che spazia dall’istruzione, agli ospedali, assistenza
ai derelitti etc. (ed è su questo parametro che cresce il suo consenso
sociale) ma nel contempo persegue altre finalità di contenuto politico.
Ed è questa seconda natura, quella di propugnare e diffondere un Islam
politico, che crea dissapori con le autorità che governano. Infatti, la
Fratellanza respinge concettualmente l’idea di uno Stato secolare.
L'ideologia di base da cui scaturisce l’attività politica dei Fratelli Musulmani è in linea di massima quella di propugnare il ritorno ad un Islam puro (salafismo), opponendosi a tutto quello che contraddice gli insegnamenti del Corano e della Sunna; perseguire la islamizzazione dei governi nei diversi Paesi, usando le modalità ritenute più idonee (ed in questo contesto si spazia dalle attività legali a quelle sovversive); rafforzare i legami sociali per l’educazione religiosa della popolazione; perseguire la salute del corpo (da lì la gestione di ospedali, palestre, luoghi di cura); dedicarsi agli studi scientifici; stabilire strutture economiche a beneficio delle masse.
Nella pratica, a diversi gradi, la Fratellanza mira alla formazione islamica a livello individuale e nella società. Poi, a livello superiore, mira a creare degli Stati musulmani per poi arrivare, come ulteriore obiettivo, al Califfato (cioè l’unità di più Stati musulmani). Obiettivo finale, peraltro molto ambizioso, è la guida islamica del mondo. Insomma, un programma di respiro internazionale che però postulava una premessa, e cioè che l’ Egitto, da cui i fratelli partivano per la diffusione delle loro idee, fosse il primo tassello di questo percorso.
I
primi guai iniziano già quando il Paese viene governato dal 1937 da Re
Faruq, lasciato sul trono dagli inglesi dopo un periodo di
protettorato. Nel 1948 il movimento viene bandito dall’attività perché
accusato di dedicarsi al terrorismo politico dopo l’uccisione del Primo
Ministro Nuqrashi.
Il 12 febbraio 1949, Al Banna verrà assassinato. Poi arriva nel 1952 il
colpo di Stato dei “Giovani Ufficiali” che costringono Faruq ad
abdicare. Prende inizialmente le redini del potere il generale Mohammed
Naguid, che poi l’anno successivo verrà esautorato da un altro
generale, Gamal Abdel Nasser.
Ed ecco il primo ribaltamento: da movimento all’indice e perseguitato, l’arrivo di Nasser produce un temporaneo vantaggio per la Confraternita: Nasser li riabilita.
Ma questo stato di convivenza pacifica con il regime dura poco: nel 1954 i Fratelli Musulmani vengono accusati di aver ordito un complotto per l’uccisione del Presidente e sono nuovamente perseguitati ed arrestati.
Ma nel 1970 Nasser muore e viene sostituito da Anwar Sadat. Ecco un ulteriore capovolgimento di fronte: nel 1971 gli islamici in galera verranno amnistiati nuovamente e verrà nuovamente permesso ai leaders della Fratellanza di riprendere le loro attività. Ma questa nuova situazione non sembra far desistere il movimento dai suoi obiettivi strategici. Ci sono, all’interno della confraternita, due correnti in contrapposizione: chi voleva continuare a fare opposizione al regime, sviluppando la nota linea di un Islam politico e quindi con tutte le caratteristiche di sovversione che questo implicava, e chi voleva instaurare una fattiva collaborazione con il regime, cioè perseguire gli obiettivi del movimento in un quadro di legalità.
Ma
saranno poi gli avvenimenti mediorientali a determinare la posizione
dei Fratelli Musulmani: Sadat farà una nuova guerra contro Israele,
riaprirà nel 1975 il Canale di Suez, chiuso dai tempi della guerra dei
Sei giorni, firmerà l’accordo di pace a Camp David, visiterà
Gerusalemme.
Sarà per queste sue iniziative di pace che il 6 ottobre 1981 Sadat sarà
ucciso da estremisti islamici, molto probabilmente legati ai Fratelli
Musulmani.
L’arrivo dell’ennesimo generale al potere, questa volta nella persona di Hosni Mubarak , coincide con una nuova ondata di repressione contro la Fratellanza.
Il regno di Mubarak è temporalmente lungo, 30 anni, durante i quali il movimento passerà alternativamente dalle persecuzioni alle convivenze, più o meno turbolente. Periodicamente i suoi capi verranno arrestati e rilasciati. Viene impedito al movimento di svolgere attività politica ufficiale ma nel contempo verrà chiuso un occhio su formazioni e attori indipendenti notoriamente legati alla Fratellanza.
Poi nel 2011 inizia la primavera araba, che non vede i Fratelli Musulmani come fautori, ma sicuramente dà loro la possibilità di uscire allo scoperto e poi di cavalcare il risentimento popolare. Vengono riabilitati dagli Stati Uniti, arrivano con un suffragio popolare al potere sfruttando la macchina del consenso che corre lungo le moschee, credono – erroneamente – di aver esautorato il lungo potere dei militari. Ma fanno male i loro calcoli, portano nella gestione del potere tutte le contraddizioni di una visione arcaica della società. Non liberalizzano o democratizzano la società ma cercano di imporre la loro visione del mondo. La loro ricetta sociale è fatta di obblighi e imposizioni religiose. Creano malcontento, entrano in rotta di collisione con la parte laica ed illuminata del Paese, si inimicano la comunità copta (10% della popolazione), non risolvono i problemi economici della popolazione più povera. Danno, nei fatti, lo spazio ai militari per cavalcare – questa volta contro di loro – il montante disagio sociale.
E questa volta la loro sconfitta è totale. La mano pesante della repressione del generale Al Sisi porta alla disarticolazione completa delle strutture del movimento. Il Murshad Alam (la Guida Suprema) Mohammed Badie viene arrestato insieme a tutti i quadri più importanti della sua organizzazione: gli 80 membri del “Majlis al Shura”, o Assemblea Consultiva, il Segretariato a cui fanno capo tutte le articolazioni operative, come il proselitismo (nelle Forze armate, famiglie, sindacati, studenti, amministrazione dello Stato etc.), la propaganda (pubblicazioni, giornali, riviste) ed i servizi sociali. Inoltre, i 15 membri della Direzione politica (Maktab al Irshad) sono tutti arrestati, messi in fuga o uccisi. I tribunali militari egiziani hanno già comminato centinaia di sentenze a morte (una diecina delle quali già eseguite). Lo stesso Badie ha già guadagnato 4 ergastoli ed una pena capitale per incitamento alla violenza nelle proteste dopo il colpo di Stato militare nell’area di Suez.
Il deposto Presidente Mohammed Morsi, defenestrato dal colpo di Stato di Al Sisi, viene anch’esso arrestato ed è sotto processo per una serie infinita di reati: incitazione all’uccisione di manifestanti; spionaggio a favore di gruppi stranieri armati (Hezbollah, Hamas e Guardiani della Rivoluzione iraniani) con cui sarebbero state elaborate cospirazioni terroristiche; spionaggio a favore di altri Paesi (Qatar, a cui sarebbero stati forniti documenti “sensibili”); tradimento; insulti al sistema giudiziario; frode fiscale in riferimento al programma economico e sociale approvato durante la sua presidenza (il cosiddetto “Nahda Project” o “Progetto Rinascimento”); fuga dal carcere (durante la rivoluzione del 2011) e relativo concorso in omicidio (alcune guardie carcerarie furono uccise). Morsi ha già ricevuto una condanna a 20 anni e la pena di morte. Ma altri processi non sono ancora conclusi.
Ma Morsi rappresenta di per sé un po’ la storia delle relazioni della Fratellanza col regime: era stato parlamentare dal 2002 al 2005 come indipendente, è già stato in passato un cliente delle carceri egiziane sotto Mubarak nel 2006 e nel 2011 (senza contare svariati arresti e rilasci), poi è diventato Presidente, e poi nuovamente carcerato.
Nella
pratica, dal 24 giugno 2012, giorno in cui Morsi è stato eletto
Presidente della Repubblica con il 51,73 dei suffragi, al 3 luglio
2013, quando è stato defenestrato dai militari, la parentesi politica
del potere della Fratellanza con il suo partito Giustizia e Libertà, si
è inesorabilmente conclusa. Non solo per l’intervento militare di Al
Sisi ma anche per il fallimento della loro politica economica e
sociale.
Le lancette della storia tornano così al punto di partenza, con i Fratelli Musulmani ancora una volta arrestati e perseguitati, questa volta – rispetto al passato – in maniera più sistematica e brutale. Cade Morsi, viene liberato Mubarak. Corsi e ricorsi della storia.
I Fratelli Musulmani sono stati dichiarati organizzazione terroristica dalle autorità cairote il 25 dicembre 2013 e tutte le loro proprietà e assetti finanziari sono stati sequestrati. Hamas seguirà la stessa sorte con un analogo provvedimento il 21 febbraio scorso.
I
Fratelli Musulmani tornano quindi nella clandestinità, con tutto quello
che ne consegue. In un momento storico in cui il Medio Oriente è
percorso dal terrorismo e dal radicalismo islamico, l’uscita dalla
scena politica “legale” della Fratellanza non implica solo riflessi
sulle questioni interne egiziane, ma proietta ombre anche sul futuro
dell’organizzazione nel contesto internazionale.
L’Egitto ha una sua tradizione storica nel aver dato vita, oltre ai Fratelli Musulmani, ad altri movimenti ancora più radicali come al Gama’a Islamiyah (“il Gruppo Islamico”) e la Jihad Islamiyah egiziana, nati – non casualmente - negli anni ’70 quando la Fratellanza aveva optato per rinunciare all’attività sovversiva. Entrambe le suddette organizzazioni sono affiliate ad al Qaida, anche perché l’egiziano Ayman Zawahiri, attuale capo dell’organizzazione dopo l’uccisione di Osama bin Laden, vi aveva militato.
Sempre in Egitto sono nati personaggi di spessore nel campo della cultura islamica di stampo radicale come Sayyd Qubt, anche lui membro della Confraternita ed impiccato dal regime il 29 agosto del 1966. Questo serve a dimostrare che la Fratellanza nella clandestinità è un potenziale pericolo non solo per l’Egitto ma per tutto il mondo musulmano. Il movimento è una della più importanti associazioni del mondo arabo e musulmano, dove conta geograficamente milioni di adepti in ogni livello sociale, una organizzazione che ha filiali in oltre 70 Paesi del mondo e che gestisce una quantità enorme di denaro, frutto di donazioni e offerte. Queste ricchezze sono gestite con una propria rete di banche (come la Taqwa Bank) operanti anche in Europa e di fondi dispersi in vari paradisi fiscali (Bahamas, Svizzera , Liechtenstein). Ha poi riviste, pubblicazioni, siti web ed ogni altro strumento mediatico per fare proselitismo senza necessariamente ricorrere alle pubblicizzate efferatezze dell’ISIS. Questo la rende ancora più pericolosa dell'ISIS stesso.
Nella fase attuale, la Fratellanza – quella che ancora non è stata arrestata o messa in fuga - sta subendo al suo interno una metamorfosi verso atteggiamenti più radicali. Una volta esautorati/arrestati/uccisi/scappati i vecchi capi, le nuove generazioni del movimento stanno guidando il risentimento e la violenza verso le autorità cairote. Ed in questo stanno trovando il supporto, non solo finanziario e politico, di Paesi come la Turchia ed il Qatar .
E’ in atto una guerra strisciante in cui, in questi ultimi due anni, il regime militare ha arrestato oltre 40.000 persone; ne sono state uccise, tra scontri ed attentati, circa 2000; le sparizione di prigionieri e le torture sono merce quotidiana e sinora non sono bastate le centinaia di condanne a morte a fermare questa spirale di violenza.
Se si
sta cercando con la repressione, da un lato, di sgretolare e
distruggere una delle più importanti organizzazioni politico/religiose
del Medio Oriente, dall’altro si sta creando in Egitto un fronte
radicale, eversivo ed armato, dove accanto ai Fratelli Musulmani stanno
crescendo e saldandosi, contro il regime militare, anche gli islamici
del Beit al Maqdess, affiliati all’ISIS. I più recenti attentati nel
Sinai ed al Cairo lo testimoniano.