LA GUINEA EQUATORIALE ED IL SILENZIO DI MOLTI
La storia della Guinea Equatoriale e' emblematica di quello che ricorre in Africa: un lungo periodo coloniale, una indipendenza che coincide con l'inizio della dittatura, un regime che poi si trasforma in una saga familiare. Nel mezzo, una sequela di tentativi di colpo di Stato, che ovviamente vedono comprimari anche i mercenari. Ed, in ultimo, la voluta disattenzione di un mondo che, come nel caso specifico, si interessa piu' ai proventi petroliferi di questo minuscolo Stato ed ai propri interessi di bottega che non alla sistematica violazione dei diritti umani che il regime persegue senza scrupoli e senza limiti. E' tale la normalita' africana di questi eventi che queste circostanze non fanno piu' notizia.
Un affare di famiglia
La storia ed il calvario della Guinea Equatoriale iniziano con la sua indipendenza, il 12 ottobre 1968, dopo secoli di colonialismo - a vario titolo e con diversa configurazione territoriale dell'area - portoghese, spagnolo, francese, inglese e tedesco.
Bastera' un primo presunto colpo di Stato nel marzo del '69, per consentire al primo Presidente del Paese, Macias Nguema, di avviare verso un percorso involutivo la nascente democrazia e dare quindi inizio alla repressione degli oppositori (con correlata eliminazione fisica, nonche' con uccisioni di massa). Seguono la rottura dei rapporti diplomatici con la Spagna, la persecuzione dei cristiani (nonostante in Guinea Equatoriale rappresentino circa il 90% della popolazione), l'arrivo di guardie del corpo cubane, l'adesione al marxismo e l'inserimento della Guinea nella sfera di influenza sovietica. E' in quel contesto che Malabo si inseriva nella guerre di liberazione che attraversavano l'Africa in quegli anni, soprattutto a fianco del MPLA angolano. Il presidente Macias Nguema era un comunista all'africana, che non lesinava apprezzamenti in pubblico anche ad Adolf Hitler.
La storia insegna che le dittature alimentano e favoriscono emulazioni di uguale segno. Ed era quindi ineluttabile che il 3 agosto del 1979 un colpo di Stato portasse alla defenestrazione di Macias da parte di Teodoro Obiang Nguema, suo nipote. Colonnello e Capo dell'Esercito, Teodoro era stato assistito e sostenuto dal Gabon (dove si stava gia' affermando un dittatore di lungo corso come Omar Bongo).
La foto istituzionale della Guinea Equatoriale e' ancora ferma a quel 3 agosto perche' Teodoro Nguema mantiene il potere da allora. Il suo incarico presidenziale ha avuto numerose riconferme elettorali con "plebisciti" popolari di stampo bulgaro (1989, 1996, 2002, 2009) anche perche' l'opposizione, quella che non e' stata fisicamente eliminata, staziona nelle carceri o e' scappata all'estero. Su questa circostanza si inseriscono anche i dati sulla popolazione che oscilla fra le circa 6/700.000 persone se si esclude dal conteggio la diaspora all'estero, stimata sull'ordine di un milione. Nel maggio 2013 ci sono state le elezioni parlamentari. Alla vigilia dell'evento, come spesso ricorre, c'e' stato un arresto massiccio di attivisti dell'opposizione. Risultato: nei due rami del Parlamento tutti i seggi, tranne uno, sono stati vinti dal Partito Democratico della Guinea Equatoriale, cioe' dal partito del Presidente.
Nel corso degli anni, alle guardie del corpo cubane sono sopraggiunte guardie del corpo marocchine (in cambio per il mancato riconoscimento dei Saharawi ). Oggi contractors privati americani addestrano le forze di sicurezza del Paese e garantiscono la sicurezza fisica del dittatore e la tenuta del regime. Anche le alleanze sono cambiate: da Cina, U.R.S.S., Vietnam e Corea del Nord, siamo passati, complice il petrolio, a Stati Uniti, Spagna, Francia e Inghilterra. E' cambiata anche l'attitudine verso la Chiesa cattolica che sotto questo dittatore gode di considerazione e di liberta' di culto. Tutte le altre liberta' sono pero' proibite: quella di riunione, di associazione, di opinione, di espressione. Niente partiti (diciamo meglio: i partiti ci sono e sono "autorizzati" ad operare dal 1991, difficile farlo quando i loro membri sono sistematicamente detenuti o repressi) o sindacati.
Teodoro Obiang Nguema esercita senza vincoli la sua dittatura. Forte dei suoi giacimenti petroliferi e degli interessi energetici correlati.
Gli Nguema e gli Obama
La fase che si sta profilando adesso nel Paese e' il tramandare la dittatura in un contesto dinastico. Non e' una novita', essendo il mondo pieno di circostanze similari: Kim Jong Un in Corea del Nord, Bashar al Assad in Siria e, per non andare geograficamente lontano, il figlio di Omar Bongo Ondimba, Ali, in Gabon.
Ma Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, che oggi ha 71 anni (in un Paese dove l'aspettativa di vita e' 53 anni, tra le piu' basse nel mondo), e' un personaggio prudente. Ha capitalizzato i messaggi sociali che la primavera araba ha diffuso ed ha anche un problema da risolvere: la scarsa capacita' e considerazione del suo erede naturale, il figlio "Teodorin" Nguema Obiang Mangue. Figlio della prima moglie, e' stato gia' coinvolto in un caso di riciclaggio di denaro in Francia nel 2012. I giudici francesi hanno emesso un mandato di arresto internazionale tramite Interpol ed hanno sequestrato un lussuoso appartamento a Parigi, quadri di autore, una Rolls Royce, due Bentley, una Ferrari, due Porsche, una Aston Martin ed una Peugeot 607. Il provvedimento si e' poi ridotto ad un mandato eseguibile solo nell'area Schengen e i beni di Teodorin sono stati dissequestrati. Complice della tardiva tolleranza delle autorita' parigine era stato anche l'arresto a Malabo del responsabile francese di Transparency International. Teodorin aveva evitato il suo arresto grazie al suo passaporto diplomatico.
Lo stesso e' avvenuto negli Stati Uniti. Il giovane Obiang possiede una mega-villa a Malibu', in California, colleziona anche li' Ferrari, ha in parcheggio un aereo privato (Gulfstream) e ben altro. Complessivamente sono ora sotto sequestro negli Usa beni per un valore di 71 milioni di dollari e sembra che parte di questo patrimonio derivi da elargizioni "gratuite" di alcune compagnie petrolifere americani. Teodorin e' spesso citato per le sue spese folli. Sono leggendarie le feste che ogni tanto organizza nel Paese a cavallo dei suoi compleanni. Nel 2011 era stato messo all'indice per l'acquisto di un super yacth del valore di 235 milioni di sterline. Sempre lo stesso anno aveva perso una borsa nello Swaziland con dentro 250.000 sterline. Personaggio instabile, dai comportamenti discutibili, ma pur sempre figlio del Presidente.
E tutto questo avviene in un Paese dove il reddito pro-capite e' intorno ai 30.000 dollari l'anno, ma dove il 78% della popolazione vive sotto la soglia della poverta' con un dollaro al giorno e ben l'85% vive in bidonville senza acqua ed elettricita'. Tutte le imprese del Paese, a diverso titolo , fanno riferimento alla rete clanica e familiare del Presidente. In ogni societa' e' presente un rappresentante del governo. E per entrare nel mondo del lavoro, bisogna pagare una tangente a questo personaggio.
Come detto, molte delle disponibilita' finanziarie di "Teodorin" sono frutto della corruzione. D'altronde, secondo molte organizzazioni internazionali, la Guinea Equatoriale e' tra i paesi piu' corrotti al mondo. Transparency International la inserisce tra i primi dodici in questa classifica negativa. Se poi si parla, nel suo complesso, di liberta' (liberta' politiche e diritti civili) basta consultare "Freedom in the world" per avere uno spaccato di quello che avviene nel Paese.
Il padre di "Teodorin" e' prudente perche' sa anche che, dopo la morte di Omar Bongo e l'eliminazione di Gheddafi, e' oggi il piu' longevo dittatore sul continente africano. E temere che possa fare la fine del suo zio Macias, fatto giustiziare da Obiang con fucilazione per "crimini contro l'umanita'", e' nella logica delle cose. Intanto "Teodorin" e' stato nominato Secondo Vice Presidente nel maggio del 2012, ruolo inserito con una modifica costituzionale (le stesse modifiche hanno accresciuto - qualora ce ne fosse stato bisogno - i poteri del Presidente) e quindi, de facto, messo in pista per la successione al padre.
L'economia dei diritti umani
Anche se il mondo e' pieno di dittatori e di correlate violazioni dei diritti umani - e quindi la circostanza porta un po' l'opinione pubblica mondiale all'assuefazione - qual e' il collante che consente al presidente guineano di perpetrare impunemente il suo potere senza peraltro entrare nel novero di quegli Stati canaglia contro cui si scatena, spesso e volentieri, la rabbia del mondo?
La prima risposta e' di carattere "tecnico". La Guinea Equatoriale ha una riserva di petrolio stimata sull'ordine di 11 miliardi di barili. Altrettanto significative sono le riserve di gas. Oggi il paese e' tra i maggiori esportatori di idrocarburi dell'Africa. Societa' americane come Exxon Mobil, Hess e Marathon, compagnie cinesi, francesi e spagnole sono tutte, a diverso titolo, interessate nello sfruttamento di queste risorse. Nel campo petrolifero gli investimenti sono molto alti in una fase iniziale di esplorazione e trivellazione. I guadagni quindi arrivano nel medio-lungo termine (i primi giacimenti guineani sono stati scoperti nel 1994). A chi persegue profitti poco interessa della violazione dei diritti umani. E la corruzione aiuta un po' tutte le parti in causa a mantenere cordiali i rapporti. In ultima analisi non vi e' alcun interesse delle grandi nazioni occidentali a sollevare il problema di un regime sanguinario. Ed anche gli Usa, inizialmente ostili ai metodi oppressivi di Obiang Nguema, hanno progressivamente abbassato il tono della loro protesta. Molto del petrolio guineano, infatti, finisce negli Stati Uniti. Nel 2009 Teodoro Nguema ha anche incontrato Obama a New York, con cordiale foto di gruppo familiare, nell'ambito di un evento sociale.
Anche la Spagna, ex potenza coloniale in Guinea, ha un legame speciale con la sua ex colonia (talche' un funzionario del CNI staziona in Malabo, per cooperazioni intelligence). Dopo il presunto appoggio al tentativo di colpo di Stato durante le ultime settimane del governo di Jose' Maria Aznar nel 2004 - quando un gruppo di mercenari capitanati dall'inglese Simon Francis Mann volevano rovesciare il regime a Malabo portando al potere il capo dell'opposizione guineana in esilio, l'ex seminarista Severo Moto. Il tentativo di golpe aborti' sul nascere quando il commando fu arrestato mentre in transito in Zimbabwe per rifornirsi di armamenti - Madrid ha riallacciato i rapporti con il presidente Obiang. Severo Moto, da rifugiato politico, e' stato infatti accusato di traffico d'armi nel 2008 ed ha dovuto lottare nelle corti iberiche per vedere confermato il suo status di esiliato. Anche in Spagna, dunque, alla fine ha prevalso la ragion di Stato sulla coscienza civica.
A questa affermazione bisogna poi aggiungere una certa scaltrezza, da parte del dittatore, nel coltivare o assecondare i rapporti con i Paesi che lo possono aiutare. La Costituzione guineana stabilisce che le lingue ufficiali del Paese siano lo spagnolo (la piu' parlata dalla popolazione insieme agli idiomi locali) ed il francese. Dal 2007 e' stata anche aggiunta la lingua portoghese. In pratica sono state riportate in campo tutte le ex nazioni coloniali. Ma Obiang spende anche, ogni anno, cifre significative per le sue pubbliche relazioni. Era arrivato anche a finanziare un premio in ambito UNESCO, peraltro mai assegnato a causa di proteste internazionali. Nel 2011 ha ospitato a Malabo un vertice dell'Unione Africana (peraltro coinciso con l'arresto di oppositori, studenti, politici e immigrati). Nel 2012 e' riuscito a ospitare, insieme al sodale Gabon, anche la Coppa delle nazioni africane, uno dei maggiori tornei calcistici del continente.
Teodorin Nguema Obiang Mangue
La seconda risposta e' di carattere "religioso". Come gia' detto, la Guinea Equatoriale e' a stragrande maggioranza cristiana. E' estesa anche la credenza animista, il rito vudu', proliferano anche molte sette cristiane, ma il maggior riferimento e' soprattutto la chiesa cattolica. L'interesse del regime verso il Vaticano deriva anche dalla pericolosita' di queste sette cristiane che sono difficili da controllare: guidate da predicatori africani (nigeriani, ghanesi, congolesi), raccolgono molti soldi e applicano esorcismi che spesso finiscono con il morto. Soprattutto pero' Teodoro Obiang Nguema sa che la benevolenza del Vaticano lo aiuta molto nel preservare la sua immagine.
Il 25 ottobre 2013, Nguema e' arrivato in Vaticano con moglie e seguito ed ha avuto un colloquio con Papa Francesco di 15 minuti. Ha poi incontrato l'arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, ed ha anche provveduto allo scambio di documenti per la ratifica dell'Accordo bilaterale sottoscritto tra i due Paesi il 13 ottobre 2012 a Mongomo. Il documento suggella le buone relazioni bilaterali e riconosce la personalita' giuridica della Chiesa e delle sue istituzioni. Riguarda anche il matrimonio canonico, l'assistenza ai fedeli cattolici negli ospedali e nelle carceri, l'esercizio libero del culto ed altre simili amenita'. Il silenzio del Vaticano sulle notorie malefatte del regime guineano si aggiunge al silenzio che oramai circonda tutto quello che avviene in Guinea Equatoriale. Anche quello dell'Italia, dove non si e' levata alcuna forma di protesta per l'arrivo del dittatore.
La dittatura di Teodoro Obiang Nguema si basa su solidi presupposti sociali. Il primo e' la scarsezza della popolazione che assicura al regime uno stretto controllo sui suoi abitanti. Vi e' anche una esigua area territoriale da monitorare (circa 28.000 kmq) suddivisa fra una parte costiera e l'isola di Bioko nel Golfo di Guinea. Il secondo presupposto e' di stampo tribale. Teodoro e' un Fang come oltre l'85% della popolazione e appartiene ad una sotto-etnia del continente, quella dei Mongolo. Le vittime dell'oppressione sono quindi spesso i Bubi, che abitano sull'isola di Bioko. Un loro leader, Martin Puye, a capo del Movimento per l'autodeterminazione dell'isola di Bioko, e' morto nelle galere del regime nel 1998.
Teodoro Obiang Nguema controlla, attraverso i suoi scherani, tutti i punti strategici del Paese. Oggetto di attenzione sono soprattutto politici, attivisti, giornalisti. Per entrare nel mirino del regime basta poco: una protesta (magari perche' manca l'acqua potabile), una critica, un commento ritenuto malevolo. Ne conseguono arresti arbitrari, detenzioni, sparizioni di persone, torture, esecuzioni extra-giudiziarie, minacce, processi pilotati da una magistratura al servizio del regime.
Per Human Rights Watch il trittico che contraddistingue oggi il Paese e': corruzione, poverta', repressione. La Guinea Equatoriale e' uno dei rari casi in cui la gente rimpiange il periodo coloniale e dove la qualita' della vita e' inversamente proporzionale alla ricchezza del Paese. Ma questo non impedisce a Teodoro Obiang Nguema di restare al potere nel silenzio di molti.