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LA "GUERRA DEL GAS"

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Il titolo del presente elaborato potrebbe apparire superato o quantomeno fuori luogo nell'attuale contingenza nella quale l'impegno della moderna tecnologia e' rivolto essenzialmente alle risorse energetiche rinnovabili che non producono emissioni inquinanti e alla riduzione dell'impiego di quelle fossili esauribili (carbone, greggio e gas naturale) le quali sono tra le principali cause dell'inquinamento dell'atmosfera (pulviscolo e gas serra) e del conseguente cambiamento climatico (l'elevazione della temperatura del pianeta); peraltro "la guerra del gas" appare ancora piu' fuori luogo se si fa riferimento al recente saggio dell'esperto di risorse energetiche Jeremy Rifkin ("La Terza Rivoluzione Industriale", ottobre 2011) il quale, senza alcun dubbio, decreta la fine dell'era del carbonio e pronostica un futuro piu' equo e sostenibile in cui:

centinaia di milioni di persone in tutto il mondo produrranno a casa propria, nelle fabbriche e negli uffici energia verde;
la condivideranno con gli altri, allo stesso modo in cui condividono oggi informazioni tramite internet.

I mass-media inoltre, con un salto all'indietro, ci riportano, a proposito del gas naturale, ad una nuova "guerra fredda" dopo quella conclusasi nel 1991 tra le due superpotenze Stati Uniti e Unione Sovietica, nella quale alle sfere d'influenza ideologiche - comunismo e liberalismo - si sostituisce l'accaparramento dei mercati, nella fattispecie i mercati del gas naturale che tanto condizionano lo stile di vita del mondo in generale e dei Paesi europei in particolare.

Gli Stati Uniti mal sopportano la considerevole dipendenza dei Paesi europei dalla Federazione Russa in fatto di forniture di gas naturale e nel tentativo di ridurre questa "ingerenza", hanno incentivato la moderna tecnologia per la produzione di un tipo di gas noto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: lo shale gas. Di non semplice estrazione, contenuto tra strati orizzontali di rocce scistose (shale sta per scisto, in lingua anglosassone). La tecnica di estrazione e' stata messa a punto in questi ultimi anni in relazione all'esaurimento di alcuni giacimenti convenzionali e all'accresciuta richiesta di gas, in generale.

Allo stato attuale viene definito convenzionale il gas estratto con tecnica tradizionale, attraverso trivellazione con moto perpendicolare cioe' alla superficie terrestre; mentre e' definito non convenzionale il gas contenuto tra due strati di rocce scistose, lo shale gas
Per il quale si utilizza una piu' avanzata tecnica di estrazione, in due fasi:

con la prima, la trivellazione verticale (come per il gas convenzionale) raggiunge lo strato di roccia scistoso prescelto;
con la seconda, si passa ad un procedimento di "frantumazione orizzontale" attraverso il quale si immette acqua a fortissima pressione, mista ad additivi chimici e sabbia, contro lo strato scistoso fino a realizzare la "porta di uscita" del gas (gli additivi chimici agevolano la frantumazione; la sabbia serve a mantenere aperta la porta di uscita ).

Gli Stati Uniti dispongono di considerevoli riserve di shale gas, come vedremo in uno specchio di confronto successivo; peraltro lo shale gas ha un contenuto di carbonio superiore al gas convenzionale e pertanto una resa maggiore. E' altresi' da evidenziare, ai fini della "guerra fredda" in versione aggiornata, come il Dipartimento di Stato per l'Energia statunitense ha di recente autorizzato il gruppo "Cheniere Energy" ad avviare l'esportazione dello shale gas sui mercati internazionali piu' convenienti: e' evidente l'aspirazione degli Stati Uniti a ridurre l'ingerenza russa nei Paesi europei e a qualificarsi come polo alternativo in questo settore!


CONFRONTO TRA LE RISERVE DI GAS

Aree
Riserve Convenzionali
(mld di metri cubi)
Riserve non Convenzionali
 (mld di metri cubi)
Confronto tra le due riserve (1)
Nord America
8,8
109
+
Sud America
7,5
60
+
Europa
4,8
15,5
+
Paesi dell'ex URSS
18
56,5
+
M.O. e Africa
87,4
80
-
Asia C.le e Cina
5,6
100
+
Oceania
6,6
74
+

(1) : +    a favore delle riserve non convenzionali;
        -     a favore delle riserve convenzionali.


Occorre a questo punto introdurre un aspetto rilevante del tema: ha senso attualmente la "guerra del gas" dal momento che l'inquinamento atmosferico e il conseguente cambiamento climatico sono da ascrivere principalmente all'utilizzazione di risorse energetiche fossili "esauribili"? Perche' non si fa ricorso esclusivamente alle fonti "rinnovabili" che non producono emissioni inquinanti?
Le risposte all'interrogativo sono molteplici, ad esempio:

l'elevato costo degli impianti a risorsa energetica rinnovabile (fotovoltaici, eolici, ecc.);

il condizionamento psicologico, e non solo, dovuto al rischio delle centrali nucleari, a seguito di alcuni avvenimenti catastrofici ben noti (Cernobyl, Fukushima ecc.);

le difficolta' che incontra la raccolta differenziata dei rifiuti solidi ai fini delle biomasse;

l'indifferenza talvolta della Comunita' internazionale, distratta da esigenze piu' immediate ed impellenti nei confronti del cambiamento climatico, non disgiunta dall'assenza di una governance mondiale con adeguata forza impositiva delle leggi riguardanti lo specifico settore.

In sintesi la strada per la sopravvivenza del pianeta e' nota, e' stata imboccata. Al momento ci sono ostacoli e resistenze che ne riducono la praticabilita' e soprattutto non lasciano considerare il cosiddetto "punto di non ritorno", allorquando non avranno piu' efficacia gli ulteriori correttivi. Tutto questo fino a quando? E nel frattempo?

Il gas naturale, allo stato attuale, mantiene il proprio ruolo di vettore energetico fondamentale per svariati motivi; i principali sono:

l'assenza, come gia' detto, di una "governance" mondiale che imponga una legge (non una convenzione-quadro, come il Protocollo di Kyoto) che esprima le misure da porre in atto e i provvedimenti a carico dei Paesi inadempienti;

la tecnologia degli impianti che sfruttano le risorse energetiche "rinnovabili" non e' ancora ad un livello economicamente conveniente;

l'imposizione di regole comportamentali con le relative penali, e' stata rinviata (vedasi le conclusioni del recente vertice di Durban), in attesa di un accordo vincolante che entrera' in vigore solamente nel 2020;

l'Italia, in particolare, per quanto si riferisce alla produzione di energia attraverso le fonti rinnovabili, ha coperto per il 2010 solamente l'11% del totale, secondo un rapporto presentato a Bologna (Salone internazionale dell'Industrializzazione Edilizia) il 7 ottobre 2011 anche se, per contro, l'Italia e' al primo posto nel mondo per il numero degli impianti fotovoltaici installati in un anno (2010) raddoppiando la potenza generata da questi da 3,6 gigawatt del 2010 a 6,9 gigawatt del 2011.

La conferma del ruolo del gas come principale "utility" comporta la caccia e l'accaparramento di nuovi giacimenti per i quali i mass media parlano di "guerra del gas" e talvolta aggiungono l'interrogativo "e' ancora guerra fredda?", specie quando i giacimenti o l'attraversamento di territori da parte dei gasdotti ripropongono latenti controversie. In questa sede ci si limitera' ai contrasti nel Mediterraneo orientale tra le due Cipro (giacimento "Afrodite") e tra Israele e Libano (giacimento "Leviatano") e nel Mar Nero tra Russia e Ucraina per i rifornimenti di gas naturale ai Paesi europei, attraverso l'Ucraina.

Mediterraneo Orientale

La preesistente tensione tra le due Repubbliche sull'isola di Cipro (Cipro greca e Cipro turca) si e' ulteriormente aggravata all'avvio delle trivellazioni il 12 settembre 2011 da parte di Cipro greca per il giacimento "Afrodite", a sud dell'isola in questione. Il giacimento si trova nella "Zona Economica Esclusiva" di Cipro greca che ha appaltato lo sfruttamento delle risorse alla Compagnia statunitense "Noble Energy", unitamente a una societa' israeliana.

La Turchia, sulla base di un precedente accordo sottoscritto con Cipro Nord, ha messo in atto il controllo e la sorveglianza dell'area del giacimento ritenendo che i proventi dello sfruttamento spettino anche ai turco-ciprioti (e' questa la causa della controversia); peraltro la Turchia ha schierato navi militari nell'area del Mare Egeo, contesa tra Turchia e Grecia.

Si ricorda che Cipro Nord dal 1974 (anno del colpo di stato su iniziativa della giunta militare greca e assunzione del controllo della parte settentrionale da parte della Turchia) al 1983 (indipendenza di Cipro Nord), e' stata "federata" alla Turchia che vi ha mantenuto, e tuttora vi mantiene, un distaccamento di 35mila militari turchi! L'Unione Europea da parte sua si adopera per ridurre la tensione tra le due Cipro e per riproporre eventualmente la riunificazione delle due Repubbliche cipriote; riunificazione non avvenuta anche a seguito di uno specifico referendum del 2004, in quanto Cipro greca si espresse in modo contrario alla riunificazione.

La controversia e' stata preceduta di pochi giorni da un'analoga controversia, a sud-est dell'isola (di fronte alla costa del Mediterraneo tra Israele e Libano), per lo sfruttamento del giacimento "Leviatano", un giacimento con capacita' di 280 miliardi di metri cubi, a seguito di un contratto tra la gia' citata Compagnia statunitense "Noble Energy" e l'israeliana "Delek". Israele proclama la sua titolarita' sul giacimento contro le interferenze del Libano; nel contempo, il Presidente libanese Michel Suleiman, il 5 settembre scorso, ha incontrato l'Amministratore Delegato dell'ENI, Paolo Scaroni: l'incontro, secondo i mass-media, evidenzierebbe la volonta' della societa' ENI/Gazprom-russa di mettere le mani sul gas del "Leviatano", allo scopo di convogliarlo nel gasdotto "South Stream", di cui sara' detto successivamente.

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Gasdotti South Stream e Nabucco


Mar Nero (Russia e Ucraina)
 
L'Ucraina, nella fase conclusiva della "guerra fredda", e' venuta a trovarsi in uno stato di subalternita' e piu' in generale di marginalizzazione culturale nei confronti dell'Unione Sovietica; tale subalternita' e' diventata "unione indissolubile": molti giovani scelsero di "esiliarsi" in Russia; la lingua russa era diventa garanzia di futura sistemazione e di successo, una volta completata la formazione scolastica. Tuttavia alcuni avvenimenti determinarono la rottura di questa unione:

la catastrofe nucleare di Cernobyl nel 1986 (siamo nei primi anni della "perestrojka" di Gorbaciov);
la nascita in Ucraina del Movimento Popolare Ucraino (1989), divenuto movimento di massa che raggruppava nazionalisti e "comunisti riformatori", con l'obiettivo di recuperare le ricchezze saccheggiate da Mosca e di avviare riforme democratiche.

Con l'indipendenza (24 agosto 1991), i primi Presidenti della Repubblica provenienti dal Partito Comunista (Leonid Kravcuk, Leonid Kucma) garantirono il controllo del Paese, nonostante le difficolta' in vari settori della dirigenza. Successivamente, di fronte a una Russia con problemi di instabilita' interna, anche l'Ucraina evidenzia la propria fragilita':
una minoranza di lingua russa nella parte orientale (da Kiev ai confini con la Russia);
un'economia caratterizzata dall'esaurimento dei giacimenti di carbone: e' necessario pertanto acquisire rifornimenti di gas dall'estero; da considerare che le infrastrutture del gasdotto che insistono sul proprio territorio, appartengono all'Ucraina;
le questioni della Crimea (regione autonoma nel periodo post-sovietico) con il porto di Sebastopoli ceduto in affitto alla Russia e con la ripartizione della flotta del Mar Nero (i "pezzi migliori" ceduti alla Federazione Russa).

Il tutto, sul piano ideologico, si e' concretizzato negli orientamenti della popolazione ucraina tra "pro" e "contro" la Russia, ovvero filo-russi e filo-occidentali. Le elezioni presidenziali del 2004 a tale proposito fanno registrare un evento di grande rilevanza, la cosiddetta "rivoluzione arancione", dal colore dei foulard che i partecipanti portavano al collo, in occasione delle riunioni di piazza. Le elezioni in questione furono vinte da Victor Janukovich, filo-russo ma l'esito non fu condiviso, per brogli, dalla controparte filo-occidentale: Julia Timoshenko e Victor Juscenko. A seguito di una protesta di piazza, fu ripetuto il ballottaggio, vinto questa volta da Victor Jushenko, filo-occidentale, che inizio' il mandato il 23 gennaio 2005.

In questo contesto s'inserisce la "guerra del gas" tra la Russia principale fornitrice di gas (se pure a prezzi agevolati) e l'Ucraina la cui industria pesante era minacciata dall'esaurimento dei giacimenti di carbone sul proprio territorio, senza considerare la difficile sopravvivenza della popolazione, durante il gelido inverno.

Alla richiesta di riduzione del prezzo del gas da parte dell'Ucraina, la Russia risponde, in caso di insolvenza, con la sospensione della fornitura: l'Ucraina da parte sua reagisce dirottando sulla propria rete quantitativi di gas destinati ai Paesi europei (e' capitato anche per l'Italia che ha dovuta far ricorso nella circostanza al gas "in stoccaggio"). Peraltro la Russia che mal sopporta la reazione dell'Ucraina e soprattutto della fazione
pro-occidente, tende a portare il prezzo del gas a quello di mercato. Si puo' dire, in sintesi, che il contratto per le forniture del gas Russia-Ucraina rispecchia l'andamento delle relazioni tra i due Paesi ed anche la relativa prevalenza dei gia' indicati orientamenti della leadership del Paese (filo-occidentale e filo-russa ).

Al riguardo nel 2009, in occasione della stipula di un contratto per la fornitura di gas, il Premier in carica, Julia Timoshenko, sebbene filo-occidentale, avrebbe tentato un avvicinamento a Mosca, a seguito di contrasti con il Presidente della Repubblica Victor Jushenko, anche quest'ultimo, si ricorda, filo-occidentale; la stipula decisamente a favore della Russia ha comportato la denuncia della Timoshenko e la condanna a sette anni di carcere piu' l’interdizione dai pubblici uffici per tre anni.

Tornando al prezzo delle forniture di gas, l'ultimo episodio risale al trattato di Kharkiv (Ucraina) dell'aprile 2010; il Presidente della Repubblica Janukovich, con questo trattato, ha cercato di risolvere i due problemi che piu' assillano la dirigenza di Kiev:
il prezzo delle forniture di gas all'Ucraina: 226 dollari per ogni 1000 metri cubi (rispetto ai 336 del contratto 2009);
il prolungamento del contratto di affitto della base navale di Sebastopoli fino al 2042.
Per quanto evidenziato finora, occorre osservare che il gasdotto russo su territorio ucraino non garantisce la necessaria continuita' di esercizio; Mosca e' cosi' ricorsa a contromisure e cioe' a cortocircuitare l'Ucraina attraverso la realizzazione di due gasdotti alternativi: il North Stream e il South Stream; in particolare, questo secondo dovrebbe competere con un altro progetto, quello del gasdotto "Nabucco", sostenuto dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti, al fine di ridurre l'eccessiva dipendenza dell'Europa dalla Russia in fatto di forniture del gas!

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Gasdotto North Stream

Vediamone alcune caratteristiche:

il North Stream si prepara a rifornire l'Europa settentrionale, una volta realizzato il collegamento tra le sezioni on-shore (si intendono quelle che attraversano il territorio russo) e quella off-shore (attraverso il Mar Baltico). Il progetto, avviato nel 2002, e' stato sottoscritto nel 2005 da un consorzio tra la compagnia russa Gazprom, azionista maggioritaria (51%) e le consociate compagnie di Germania, Olanda, Francia, con direttore esecutivo l'ex Cancelliere tedesco Gerard Schroeder. A settembre scorso e' stato attuato il collegamento del gasdotto North Stream alla rete distributiva dei Paesi europei. Per il 2012 il North Stream fara' "muovere" 55 miliardi di metri cubi di gas l'anno. Il flusso delle importazioni di gas da parte dell'Europa che nel 2007 era di 312 miliardi di metri cubi, raggiungera' 512 miliardi di metri cubi nel 2030;

il South Stream consentira' il transito di 65 miliardi di metri cubi di gas l'anno. Il progetto nasce da un'intesa tra Gazprom ed ENI del 2008. Gazprom (azionista per il 50%) ha esteso la partecipazione a compagnie di altri Paesi (Bulgaria, Romania, Ungheria, Grecia, Serbia, Croazia). Nel 2009 e' stato sottoscritto a Sochi, citta' sul Mar Nero, l'accordo internazionale - presenti i Premier Putin e Berlusconi. Il percorso del gasdotto e' di 900 km sul Mar Nero, a una profondita' che raggiunge anche i 2000 metri; i lavori dureranno 5 anni (si concluderanno nel 2014).
 
A North Stream e South Stream si aggiunge il progetto "Nabucco" di cui si e' detto, il quale e' stato proposto nel2002 dalla societa' austriaca OMV e da quella turca Botas, con il sostegno dell'Unione Europea e degli Stati Uniti.
La fase di sviluppo e' iniziata nel 2005 con la firma dei soci che hanno aderito al progetto tra il 2005 e il 2008; i Paesi interessati sono: Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria e Germania.
La quota di partecipazione e' del 16,6% per ciascun socio.

La funzione tuttavia del progetto Nabucco, secondo recenti aggiornamenti, va perdendo d'interesse in relazione al possibile acquisto, da parte della Russia, delle infrastrutture del preesistente gasdotto sul territorio ucraino; e questo, anche in relazione agli ulteriori sviluppi di situazione:

l'alimentazione del gasdotto Nabucco incontrerebbe difficolta' a causa della concorrenza della Cina per l'accaparramento del gas dei giacimenti dell'Azerbaijan e del Turkmenistan;

anche la Turchia avrebbe gia' stipulato un accordo con l'Azerbaijan per la costruzione in Anatolia di un gasdotto, da alimentare con la produzione del giacimento azero "Shah Deniz";

il gasdotto Nabucco pertanto potrebbe essere piu' economicamente sostituito da due gasdotti ("giunzioni" del South Stream) di capacita' inferiore e meno dispendiosi, mettendo fuori gioco il disegno di Stati Uniti ed Unione Europea di equilibrare le forniture di gas della Russia ai Paesi europei.

Attraverso gli eventi fin qui presi in considerazione, si e' potuto rilevare come il titolo dell'elaborato ("la guerra del gas") trova giustificazione; come pure in altre aree strategiche sussistono ulteriori "focolai" connessi con la ricerca di giacimenti in acque contese e/o per la definizione dell'appartenenza di giacimenti gia' individuati: ci si riferisce al Mare Glaciale Artico (piattaforma continentale del Polo Nord), Oceano Atlantico, Mare dei Caraibi, Oceano Pacifico, Oceano Indiano. Altrettanti casi che danno forza e riscontri al titolo in questione.

Ma per dirla in gergo, come la mettiamo con il cambiamento climatico? E' possibile sottovalutare il monito degli esperti di settore che per la fine del secolo (2100) e' indispensabile contenere entro due gradi l'innalzamento della temperatura ambientale (rispetto ai valori pre-industriali), pena il raggiungimento del punto di non ritorno? Si tratta di un problema ineludibile che impegna la responsabilita' di tutta la Comunita', e da risolvere assolutamente. Ma con quali modalita'?

La definizione e' complessa perche' vi concorrono molteplici fattori, alcuni indeterminati al momento; tuttavia le risultanze del vertice di Durban sul cambiamento climatico (28 nov. - 9 dic.2011) mettono in evidenza criteri e possibili linee-guida che consentono di dar corso a provvedimenti, quantomeno riferiti al periodo 2012-2020, con controlli affidati per certi aspetti alle istituzioni regionali. A Durban infatti :

E' stato prorogato il termine del protocollo di Kyoto al 2020;

E' stato istituito a favore del Paesi in via di sviluppo un "fondo verde" di 100 miliardi di dollari, ai fini del rispetto delle regole contro il surriscaldamento atmosferico e le alluvioni;

Ma soprattutto, su proposta degli Stati Uniti (che a suo tempo non avevano sottoscritto il protocollo di Kyoto), e' stato nominato un "gruppo ad hoc" per la definizione di un accordo vincolante in materia di cambiamento climatico che entri in vigore il 2020.