IL RUOLO DELLE TRIBU' NELLA GUERRA IN IRAQ

Nei
Paesi mediorientali, un po’ come avviene in Africa, le dinamiche
politiche e sociali sono legate a fattori etnici o tribali. In
Medio Oriente, a differenza dell'Africa, molte volte si aggiunge
anche il fattore religioso. In altre parole, una delle chiavi di
lettura delle vicende di ogni singola nazione deve essere questo
vincolo. L'Iraq, sotto questo aspetto, non deroga da questa tipo
di approccio.
Il suddetto criterio è all’opera ogni qualvolta un’area o una
città viene riconquistata dall'ISIS. C'è sempre il problema di
quali truppe impiegare per non spaventare o urtare la
suscettibilità delle popolazioni locali. Non è solo una questione
riferita alla nota lotta religioso-centrica tra sunniti e sciiti,
o etnico/culturale tra arabi e curdi. Molte volte le tribù
rappresentano lo strumento attraverso il quale si palesa il
consenso sociale. Tale circostanza era ben nota ad un personaggio
brutale come Saddam Hussein che però, tra prebende e persecuzioni,
magari sfruttando le rivalità tra le tribù, sapeva gestire in modo
a lui proficuo questo tipo di rapporto. Aveva infatti creato un
apposito "Ufficio per gli Affari Tribali" che faceva direttamente
capo alla presidenza.
Le caratteristiche delle tribù
In Iraq ci sono moltissime tribù. Alcune assumono la
caratteristica di una confederazione di tribù, altre sono più
assimilabili ad un clan. C'è infatti tutta una casistica che
definisce il tipo di tribù dal punto di vista della sua
composizione numerica: si parte dalla "Kabila" (generalmente la
tribù più numerosa) per arrivare agli "Ashirah" (grande tribù), al
"Fakhd" (clan), al "Fundah" (una parte di un clan), "Khams" ( che
significa "cinque" come il numero delle generazioni da cui ha
avuto inizio questo gruppo sociale) per poi arrivare agli
"Hammulah" (agglomerato di più famiglie) ed infine il "Baith" (che
significa "casa" e che qui viene riferito ad una sola famiglia).
In genere si parte da un capostipite, dopodiché le famiglie si
allargano seguendo sempre la linea patriarcale, si rafforzano con
matrimoni tra consanguinei (soprattutto matrimoni tra cugini). Le
persone che appartengono a queste tribù non sono legate solo da
vincoli di sangue, ma anche da altri valori condivisi: la lealtà,
il senso di appartenenza, l'onore. Bisogna anche evidenziare che
le tribù più numerose hanno al loro interno componenti sia di fede
sciita che sunnita.
Il capo di una tribù acquisisce il rango di sheykh, un titolo che
accomuna autorità politica e, implicitamente, anche religiosa. Si
diventa sheykh per lignaggio ereditario, ma anche per capacità
personali, carisma, status sociale, peso finanziario o rapporti di
influenza. Molte volte il potere di uno sheykh viene condiviso con
un esponente religioso. Lo sheykh è l'interfaccia della tribù nei
rapporti con il potere centrale dello Stato, ma all'interno della
tribù le decisioni sono frutto di negoziati, mediazioni,
consultazioni. Generalmente non si procede per atti di imperio.
Chi non si attiene a questo processo decisionale viene emarginato
dalla tribù di appartenenza.
Un ruolo centrale lo recitano gli anziani che non solo affiancano
lo sheykh nelle decisioni, ma costituiscono l'elemento di raccordo
tra il vertice e le famiglie. Su questo sistema gerarchico corrono
le decisioni e gli obblighi di tutti gli appartenenti a questo
gruppo sociale. C'è, insomma, all'interno della tribù una
gerarchia ed una serie di obblighi da rispettare.

Conferenza stampa dei capi tribù Abu Nasr
Le tribù affiliate al regime di Saddam Hussein
Il dittatore iracheno proveniva da un piccolo clan della famiglia
Majid, a sua volta affiliato alla tribù degli Abu Nasr. Da questa
base di partenza aveva poi creato una serie di alleanze con altre
importanti tribù dell'area di Mosul, Tikrit, Samarra, Awjah,
Anbar. Con questo sistema aveva preso e poi gestito il potere. Nei
quadri del Partito Baath, nei Servizi di Sicurezza, nei vertici
militari o della Guardia Repubblicana venivano reclutati
personaggi provenienti dalle tribù fedeli al regime. E la
maggioranza di esse erano dislocate in un triangolo territoriale
tra Mosul, Ramadi e Baghdad proiettato nel nord del Paese. Lì era
la base del potere di Saddam e lì oggi si gioca il destino della
guerra all'ISIS.
E' solo analizzando nel dettaglio le tribù che gravitano in
quest’area, che è un po’ il cuore della presenza sunnita nel
Paese, che può essere valutato anche il successo delle operazioni
militari per la riconquista di Mosul e di tutto il nord del Paese.
Nell'area di Mosul la tribù più importante è quella dei Jabbur che
è in realtà una confederazione di oltre 50 tribù e che conta circa
2 milioni di individui. E' la più grande del Paese e quindi si
estende territorialmente in varie altre aree province oltre a
Mosul. Benché a maggioranza sunnita, al suo interno ci sono anche
membri di fede sciita soprattutto in un territorio a sud della
capitale. Era una tribù molto legata a Saddam Hussein in quanto
affiliata alla citata Abu Nasr. Nelle due guerre del 1991 e del
2003 i suoi uomini avevano combattuto al fianco del regime ed
occupavano posti chiave nelle fila dell'esercito e dei Servizi di
Sicurezza. Vi era stato un periodo a cavallo degli anni '80 in cui
Saddam Hussein, forse preoccupato dal peso eccessivo di questa
grande tribù, aveva confiscato terre e cacciato alcuni membri
dalle strutture di sicurezza. Vi erano stati poi vari tentativi di
colpo di Stato, successivi accordi ed alla fine la maggioranza era
ritornata a fianco del regime. Alcuni sheykh che si erano opposti
a Saddam erano poi scappati a Damasco.
Un'altra confederazione di tribù (ne include circa 200) molto
importante è quella dei Dulaym. Anch'essa conta molti individui,
quasi quanto quella dei Jabbur, e spazia territorialmente dai
confini della Giordania fino all'Eufrate nella parte occidentale
del Paese.E' presente anche nei dintorni di Baghdad ed ha adepti
di fede sciita a sud della capitale. La fedeltà di questa
confederazione a Saddam Hussein è stata altalenante: nel 1991 era
stata a fianco di Saddam dopo il tentativo di rivolta seguito alla
sconfitta militare contro gli USA, per poi essere implicata in un
tentativo di colpo di stato, sempre negli anni '90, condotto da un
gruppo di ufficiali Dulaym, tra cui un generale. La successiva
repressione aveva visto la rivolta di una delle tribù appartenenti
a questa confederazione, la Abu Nimr, e per debellarla vi era
stato un bagno di sangue.
Essendo una confederazione molto numerosa Saddam Hussein aveva
trovato la maniera, soprattutto la necessità, di riconciliarcisi.
Dopo la rivolta vi era stato un accordo tra Saddam e vari sheykh.
Prima della guerra del 2003 alcuni alti ufficiali dei Dulaym
militavano nelle strutture di sicurezza, pur non raggiungendo
livelli apicali. Proprio a causa di questi rapporti turbolenti
nell'ambito dei Dulaym ci sono tribù rimaste fedeli al dittatore
(e sono quelle che poi hanno, a vario titolo, solidarizzato con
l'ISIS) e quelle che erano invece rimaste ostili al regime. E, tra
queste ultime (compresa la Abu Nimr), molte hanno aderito alla
lotta contro il Califfo fornendo uomini alle milizie del "Suhat al
Iraqi" ("Risveglio iracheno") che adesso dovrebbero essere state
impiegate nella riconquista di Mosul.
Un’altra importante confederazione di tribù nell'area di Mosul è
quella degli Shammar. Conta 1/1,5 milioni di uomini e raggruppa 40
tribù. Sono in maggioranza sunniti con una presenza sciita nella
parte meridionale del Paese. La sua area principale è quella ad
est di Mosul e verso il confine siriano, una zona molto importante
per i prossimi sviluppi della guerra. Gli Shammar sono presenti
anche in altri Paesi come Siria, Giordania e Arabia Saudita. Il
defunto re saudita Abdallah era figlio di una Shammar e sposato
con una Shammar. Proprio per questa loro caratterizzazione
internazionale, gli Shammar sono stati in una posizione neutrale
nei riguardi del regime di Saddam Hussein. Pochissimi Shammar
erano presenti nelle strutture civili e militari di vertice del
regime.
Salvo rari incidenti o scontri con i governativi a cavallo degli
anni '90 ed un successivo tentativo, peraltro fallito, di Saddam
di creare un legame tribale tra gli Shammar ed i clan fedelissimi
di Tikrit, questa confederazione si è mantenuta al di fuori della
successiva guerra civile nel Paese. Una caratteristica degli
Shammar sono i buoni rapporti con i curdi del Kurdistan,
soprattutto con il Kurdish Democratic Party del presidente Masoud
Barzani.
Gli Ubayd sono invece presenti nell'area di Kirkuk, nelle zone
intorno a Tikrit, a cui aggiungere una presenza sciita nella zona
del Wasir, a sud della capitale. Se i Dulaym, Jibbur e Shammar
sono da catalogarsi, in quanto confederazioni di tribù, come
"Kabile", gli Ubayd sono da considerarsi un "Ashirah" (una grande
tribù ) e quindi con un numero minore di affiliati. Nella pratica
gli Ubayd sono parte della confederazione di tribù degli Zubayd,
considerata scarsamente coesa non è tale da potersi catalogare
come legata o meno al regime di Saddam. Al contrario, gli Ubayd
invece sono stati quasi sempre al fianco del dittatore anche
perché legati alla tribù di Abu Nasr.

Masoud Barzani
Il ruolo nell’attuale offensiva contro l’ISIS
La conquista di Mosul non potrà essere portata a termine
dall'esercito di Baghdad e dalle varie milizie che lo affiancano
(in stragrande maggioranza sciite, in quota parte curde e in
minoranza sunnite) se non ci sarà il fattivo sostegno di tutte le
tribù sunnite che vivono nella zona e nella città. Alcune di esse,
proprio perché in passato legate a Saddam Hussein, sono state
solidali con al Baghdadi, almeno nella misura in cui il sostegno
all'ISIS si configurava come un'opposizione armata contro il
governo sciita a Baghdad. Quelle tribù che non si sono affiancate
al Califfo sono state invece oggetto d persecuzioni da parte dei
miliziani islamici.
Quando si parla di confederazioni di tribù è difficile che ci sia
un’unanimità di comportamenti in quanto i singoli sheykh, pur
aderendo alle decisioni prese a maggioranza dalla confederazione
di appartenenza, mantengono comunque una propria autonomia
decisionale. Questo vale soprattutto per i Jibbur, i Dulaym e gli
Shammar. Ma è altrettanto chiaro che i trascorsi di queste tribù
danno un’indicazione del loro maggiore o minore coinvolgimento
nelle attuali vicende militari. Come detto, molte tribù sono
soprattutto ostili al governo centrale piuttosto che vicine alle
mire dell'ISIS. Questo deriva anche da fatto che il potere
instaurato dal califfato è andato a detrimento dei vari sheykh.
Anche la contrapposizione settaria portata avanti dal califfo non
trova udienza in confederazioni già suddivise al loro interno tra
sciiti e sunniti.
L'arrivo del premier Haider Al Abadi offre più margini per una
riconciliazione con tutte quelle tribù sunnite che gravitano nel
nord del Paese. Come fatto da Saddam Hussein in passato, il
consenso sociale in Iraq passa necessariamente per una mediazione
e un accordo con i vari sheykh. Se così non fosse, la guerra per
riconquistare Mosul durerebbe anni e non mesi ed i miliziani di al
Baghdadi avrebbero poi tutte le connivenze possibili per
nascondersi o scappare.