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L’ISLAM PERICOLOSO DEL NIGER


niger


Su una popolazione di circa 21 milioni di persone, i musulmani in Niger rappresentano circa l’80%. È un Islam, di stampo sunnita (solo il 5% è di fede sciita), generalmente moderato, molto influenzato dalle confraternite sufi ed intriso ancora di credenze animiste.

Ma come sempre avviene in Paesi molto poveri (il 60% della popolazione vive sotto la soglia della povertà ed è, secondo le statistiche ONU, il Paese con il più basso tasso di sviluppo al mondo), a fronte di una vita grama e senza aspettative, trovano spazio fenomeni sociali indesiderati come la corruzione, i traffici illeciti (il 70% dei profughi che arrivano in Italia transitano per il Niger), la criminalità ed ovviamente anche il terrorismo di matrice islamica.

La siccità è endemica e colpisce una popolazione che per l’80% è dedicata all’agricoltura e alla pastorizia, la maggioranza dei bambini sono colpiti dalla denutrizione ed hanno un tasso di mortalità molto alto. Ed anche la democrazia è elemento raro dove i colpi di Stato sono un fenomeno ricorrente.

C’è poi spazio per diatribe tra etnie o l’eterna lotta tra popolazioni nomadi come i Tebu e i Tuareg e quelle sedentarie come i Peul e gli Haussa. A tutto questo bisogna aggiungere i campi profughi, dove migliaia di maliani vivono dopo essere scappati dal terrorismo e altri 15.000 nigeriani che hanno fatto altrettanto in Diffa.

Nella fascia sub-sahariana il caso del Niger non è l’eccezione ma la regola. E questa è una circostanza che fa sì che oltre al terrorismo endogeno, nato e sviluppato dalla diffusa povertà, ci si affianchi quello esogeno dei paesi vicini come il Mali, la Nigeria e l’Algeria.

Il fenomeno del terrorismo islamico non può essere combattuto solo sul piano militare, dove lo stesso governo locale non è comunque in grado di fare fronte per carenza e qualità delle forze di sicurezza (da lì il ricorso all’assistenza e presenza di contingenti stranieri) ma deve essere combattuto sul piano sociale, intervenendo ed esercitando il controllo di tutte quelle organizzazioni islamiche che a diverso titolo possono aiutare a mantenere la religione nell’ambito di un approccio moderato.

Intanto nel Paese sono interdetti i partiti di ispirazione religiosa e questo è un limite affinché il fenomeno del radicalismo islamico acquisti anche legittimazione politica.

Di converso però questo divieto ha agevolato la nascita di partiti che operano in semi-clandestinità. Tra questi il Partito dell’Alternativa Islamica, ed il Fronte dell’Umma Islamica.

A fianco di queste formazioni che tendono a sfruttare politicamente la religione, in Niger vi è poi nel contempo una forte presenza di associazioni islamiche che invece operano legalmente e che nei fatti permettono anche la diffusione di un Islam radicaleggiante. In pratica si è creata una osmosi tra l’associazionismo islamico legale ed i partiti islamici in clandestinità.

Tra queste associazioni le più importanti risultano essere :

• la “Associazione nigerina per l’appello, l’unità e la solidarietà islamica”;
• la “Associazione per la diffusione della cultura islamica”;
• la “Associazione islamica del Niger”.

Le tre associazioni di cui sopra sono ritenute affiliate al citato “Fronte dell’Umma islamica” e rivendicano un programma politico che prevede :

• l’introduzione dell’Islam come religione di Stato (a fronte dell’attuale laicità della Costituzione);
• la menzione nel prologo della Costituzione nigerina della citazione religiosa “A nome di Dio clemente e misericordioso”;
• la messa in opera di un sistema di educazione religiosa per l’affermazione dell’identità islamica del Paese.

La costituzione nigerina e le leggi

La nuova Costituzione del Paese, approvata nel 2010, prevede all’art. 8 il rispetto per tutte le religioni senza preferenza di sorta. Al successivo art.9 stabilisce l’interdizione dei partiti, sindacati o associazioni creati su basi religiose, etniche o regionali. L’insegnamento religioso è inoltre interdetto nelle scuole pubbliche. Uno specifico Ministero presiede alle questioni religiose nel Paese. Lo Stato riconosce come feste nazionali sia quelle religiose musulmane sia quelle cristiane. Ogni gruppo religioso è tenuto a registrarsi presso il Ministero degli Interni, procedura che rappresenta comunque solo una formalità e sempre lo Stato autorizza la costruzione dei luoghi di culto.

Non esistono finanziamenti pubblici per enti religiosi benché la Associazione Islamica del Niger (ente governativo) sia autorizzata ad una trasmissione settimanale nella televisione di Stato (unica nel Paese).


niger delta terrorists


L’influenza dell’Islam radicale wahabita

Nonostante tutte queste precauzioni affinché la religione non sia centrale nelle vicende politiche e tutta l’attività specifica avvenga in una cornice di legalità, in Niger si sta diffondendo la presenza di associazioni islamiche tra cui, le più pericolose, sono quelle di ispirazione wahabita. Pericolose non solo per la ideologia radicale che diffondono ma perché supportate dai soldi dei finanziatori sauditi - e in un paese poverissimo i soldi sono più convincenti delle ideologie.

Una di queste è la “Izala toul bida’a wa ikamatu essouna” (Society of Removal of Innovation and Re-establishment of the Sunna”) nata a suo tempo (1978) nello Stato Jos della Nigeria e poi diffusasi in altri Paesi del Sahel, Niger compreso. Dedicata all’attività di proselitismo e diffusione del messaggio islamico (“Dawa”), è legata alla “Lega Mondiale Musulmana” e quindi diretta emanazione del clero wahabita.

La Izala opera soprattutto contro le Confraternite sufi come la Tijanyah e la Qadiryah, “colpevoli” di diffondere un Islam moderato anzi rinnovato ma lontano dai precetti religiosi. Quindi un contrasto sul piano dogmatico. Soprattutto in Nigeria la Izala ha tentato anche di creare e finanziare milizie paramilitari.

La coesistenza religiosa salta ed arriva il terrorismo


Il combinato disposto tra povertà endemica e diffusione di un Islam radicale ha poi prodotto l’arrivo, anche in Niger, sia dei contrasti tra comunità religiose sia del terrorismo islamico.

Nel passato del Niger non figurano incidenti di contenuto religioso salvo sporadici scontri nel periodo 1998-2000 con la comunità battista nella città di Say. Vi è però da dire che questa cittadina, insieme a quelle di Kiota, Agadez e Madarounfa, sono considerate dalla comunità musulmana nigerina “sacre” e quindi la presenza di altre confessioni non è mai stata vista con favore.

Il più grosso problema sociale del Niger fino a pochi anni fa era la convivenza tra la minoranza Tuareg di origine araba ed il resto della popolazione di origine africana. Ciò aveva prodotto un conflitto armato poi risolto dalla firma di un accordo tra i ribelli Tuareg raggruppati nelle “Revolutionary Armed Forces of Sahara” ed il Governo centrale nel 1995, poi seguito, nel luglio 1997, da una cessazione della lotta armata anche da parte del “Democratic Renewal Front”. Era comunque una lotta inter-etnica e non religiosa essendo entrambe le parti musulmane.

Adesso, invece, le cose sono cambiate ed in peggio, passando da un Islam tollerante ad uno radicale e quindi si è rotta quella coesistenza pacifica tra le religioni.

Nel gennaio del 2015 c’è stata un’ondata di violenza contro i cristiani a cavallo della vicenda legata al giornale satirico francese Charlie Hebdo. Attaccate e bruciate 72 chiese cristiane (praticamente l’80% delle chiese del Paese), vandalizzate e depredate le proprietà dei cristiani; una decina di morti. Un attacco che ancora non ha trovato mandanti specifici anche se vi è il fondato dubbio che gli incidenti siano stati pilotati e fomentati (quindi non avvenuti spontaneamente) dalle associazioni islamiche radicali con l’implicito sostegno dei partiti di opposizione. Vi è da dire che la religione cristiana è penalizzata perché correlata al periodo coloniale francese.

La fase successiva è stata poi l’infiltrazione del terrorismo, sinora d’importazione come dimostrato dai tentativi di cattura di ostaggi occidentali e i ripetuti attacchi contro la popolazione nella regione di Diffa e Tillabéri. Ma i Boko Haram nella vicina Nigeria, AQIM (Al Qaida inel Magreb Islamico) in Burkina Faso, Al Muorabitoun nel sud dell’Algeria e nord Mali, alleatosi nel marzo 2017 con Ansar Eddine nel Mali (formando il “Jamaat Nusra al Islam wal Muslemin” - “Movimento per il sostegno dell’Islam e dei Musulmani” recentemente affiliatosi ad Al Qaida) sono una minaccia immanente per il Niger anche perché i controlli confinari non esistono e questi terroristi si muovono indisturbati nella regione.


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Miniera di uranio a Arlit, Niger

Prospettive pericolose

Essendo un Paese a predominante religione musulmana, l’Islam non è stato sinora un elemento determinante a modificare il corso politico della storia del Niger ma ne ha solo costituito elemento aggregante ed identificativo.

I nomadi Tuareg si erano convertiti all’Islam (benché mantengano nella loro cultura il culto degli spiriti o “djinn”) intorno all’ XI^ secolo, ed altrettanto avevano fatto nello stesso periodo gli Haussa e più tardi i Fulani. Ma l’Islam nigerino di oggi sta prendendo connotazioni e risvolti diversi.

Il grosso problema è che le autorità di Niamey non sono in grado da sole di far fronte alle minacce del terrorismo islamico e la sicurezza del paese è garantita dalla presenza del contingente francese e americano con cui il Paese ha sottoscritto accordi di cooperazione militare.
E’ pur vero che è anche negli interessi occidentali che il Niger non cada in mano al terrorismo e costituisca invece un baluardo contro lo specifico fenomeno. A parte valutazioni geo-strategiche, non è trascurabile la circostanza che il Niger è il quarto produttore al mondo di uranio.

Per quel che vale, paragonato con i Paesi limitrofi, il Niger è considerato abbastanza sicuro o almeno meglio degli altri. Ma la questione diventa sempre più grave. Nell’area di Diffa, al confine con la Nigeria ed il Ciad, è stato dichiarato lo stato di emergenza fin dal 2015, mentre il coprifuoco è in vigore fin dall’anno prima. Sono zone dove si sono verificati attacchi terroristici. Altrettanto avviene nell’area di Tillabéri. Alcune organizzazioni non governative ed umanitarie hanno iniziato ad abbandonare il Paese per problemi di sicurezza. Nel caso migliore hanno fatto evacuare i familiari. Un altro pericolo deriva dalla commistione tra trafficanti, criminali e terroristi. Anche perché, molte volte, questi ruoli sono intercambiabili.

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