L'ISLAM E' LA
SOLUZIONE?

E' notorio che nel Nord Africa e nel Medio Oriente non esistono attualmente forme di democrazia partecipata con l'esclusione di Israele. Tale affermazione vale anche se nella specifica definizione si ritiene - forse erroneamente - che il concetto di democrazia sia un valore universale, assoluto, distinto dalle varie realta' locali ed avulso dalla storia di ogni singolo Paese.
In altre parole, quello che avviene nelle aree sopra specificate, nel bene ma soprattutto nel male, non e' altro che il risultato di un decorso storico, in quota parte colpa di una presenza coloniale pregressa che non ha saputo creare quadri sufficientemente addestrati a sviluppare e/o trasmettere concetti di democrazia, sensibilita' sui diritti umani, rispetto delle liberta' civili. Talvolta, anche da parte dei Paesi ex coloniali, si e' favorito una soluzione autoritaria nelle nazioni di interesse barattando una questione di principio con una questione di interessi.
Per tutto questo, come affermato all'inizio, in questa parte geografica del mondo prevalgono regimi autoritari, a diverso livello di crudelta', ma tutti accomunati da una violazione permanente di quei valori fondamentali che dovrebbero prevalere in un consesso civile.
La cosiddetta primavera araba, almeno nell'accezione del termine, avrebbe dovuto produrre risultati apprezzabili nel campo della democrazia ed in quota parte - a fronte del punto di partenza e quello presunto di arrivo - cio' e' avvenuto. Pero' molti cicli sociali non si sono ancora conclusi ( il caso dell'Egitto e della Libia ), altri devono ancora svilupparsi (il caso della Siria), altri non hanno prodotto risultati apprezzabili (Yemen), altri ancora non si sono ancora mossi (Algeria e vari Paesi della Penisola arabica), uno e' ancora sotto osservazione (Tunisia).
Cioe', nel riferimento al termine di "primavera", si e' premiato etimologicamente un periodo stagionale di risveglio della natura a fronte di un inverno che e' perdurato a lungo ed una estate che ancora non si sa bene se produrra' i frutti auspicati. Ma dalla "primavera araba" adesso, come viene definito dai giornali israeliani, si e' passati probabilmente ad un "inverno islamico".

AL CENTRO DELLA SOCIETA'
Ma ecco che emerge il problema di fondo: perche' ogni volta che crolla un regime autoritario in questa parte di mondo, la forza contrastante che prevale e' sempre una entita' politico-religiosa?
Le spiegazioni al riguardo sono tante :
In primis, laddove c'erano precedentemente dei regimi e quindi una assoluta mancanza di democrazia e di trasmissione del consenso, l'unica struttura che poteva competere con il predominio del partito unico era la filiera delle moschee. La' e' nato il dissenso e la' si e' diffuso in molti Paesi. Questo spiega in parte perche' quelle monarchie legittimate da una investitura religiosa (la dinastia alawita in Marocco o il sultano ibarita in Oman) si sono salvate da questa ondata di rivolte sociali. Questo spiega con altrettanta chiarezza perche', invece, la rivolta in Algeria e' stata pilotata a suo tempo dal F.I.S. di Madani o perche' da altre parti sono nate istanze politico-religiose;
L'Islam, tra le tre religioni monoteistiche, e' quello che ha molto piu' impatto sul sociale regolandone comportamenti (le 5 preghiere giornaliere), rituali (il mese di Ramadan), l'amministrazione della giustizia (sharia). Nell'Islam, inoltre, non esiste tradizionalmente una barriera tra la gestione dell'anima e quella politica del corpo. Si tende sempre a confondere il termine di "umma" (comunita' di musulmani) con quello di societa';
Anche in presenza di dittature piu' o meno crudeli, le organizzazioni religiose musulmane hanno svolto sempre un ruolo sociale ed umanitario importante. Basti ricordare al riguardo quanto fatto dai Fratelli Musulmani con la gestione di ospedali, cliniche, scuole, assistenza a poveri e disabili. Tutto questo ha prodotto simpatia e consenso sociale che poi, al momento giusto, si e' trasformato in consenso politico;
A differenza di altre parti del mondo, le ideologie marxiste - ma anche capitaliste - non hanno avuto mai particolarmente successo in questa regione. I pochi comunisti mediorientali erano soprattutto di religione cristiana. Senza la spinta di questo background culturale, le istanze sociali degli arabi non hanno mai trovato altra giustificazione ideologica che non fosse quella di giustizia sociale propagata dal Corano. Il nazionalismo arabo di Nasser, il baathismo di Siria e Iraq altro non sono state che delle pseudo-ideologie di facciata (e non di sostanza) per legittimare una presa o gestione del potere;
Molte volte una componente religiosa della societa' araba si e' opposta al regime o lo ha combattuto. E' stato il caso di Rashid Gannouchi in Tunisia e quello dei Fratelli Musulmani in Egitto. Questo spiega perche' nelle ultime elezioni queste forze abbiano prevalso nelle elezioni. Domani, in Siria, altrettanto potrebbe avvenire con i Fratelli Musulmani legittimati dallo sterminio di Hama nel 1982.
Vi e' poi un problema di egemonia tra Paesi dell'area mediorientale che viene perseguita attraverso il finanziamento di strutture e/o organismi religiosi nelle nazioni di interesse. Il wahabismo saudita e qatariota sono ritenuti oggi tra i maggiori finanziatori dei gruppi salafiti nella regione. Predicano un Islam ortodosso, dove il precetto della sharia e' prevalente su qualsivoglia istanza democratica. Tutto questo va ad accentuare il ruolo della religione nelle vicissitudini sociali di ogni singolo Paese della regione;
Altre volte nell'ambito dell'Islam entrano in competizione varie componenti dello stesso credo: wahabismo contro sufismo, sunnismo contro sciismo. E queste divisioni e competizioni si risolvono in lotte politiche tra gli aventi causa. Questo porta ancora di piu' l'Islam a diventare centrale nelle vicende politiche del Medio Oriente e Nord Africa.
Quanto detto spiega perche' ad ogni esautorazione di dittatura prevale nelle societa' arabe l'emergere di entita' politiche religiose. Questo accredita anche quello che i Fratelli Musulmani considerano il loro slogan principale : "l'Islam e' la soluzione".

MIOPIA OCCIDENTALE
I Paesi Occidentali tendono a considerare - almeno in prima approssimazione- questa presenza islamica nella regione come pericolosa in riferimento ai propri interessi egemonici o economici. Ogni volta che avvengono libere elezioni in questa regione - e questo e' un parametro caro alle democrazie occidentali - e prevalgono istanze politico-religiose, si crea nell'immaginario occidentale un cortocircuito tra aspettative e valutazioni su un uso perverso della democrazia. In altre parole, si addebita ad un basso tasso di coscienza democratica quello che e' in realta' la volonta' espressa dai cittadini arabi. Cosi' facendo si evita di contestualizzare l'evento nelle realta' di quei Paesi e di quelle societa'.
Una prima affermazione la si può fare sull'Islam che queste entita' politico-religiose sapranno applicare nelle societa' civili di interesse. Esiste Islam alla maniera turca di Erdogan ed esiste l'Islam alla maniera saudita o iraniana. L'uno e' piu' rispettoso degli aspetti laici della societa' civile, gli altri molti meno se non per niente. A fattor comune comunque c'e' nelle popolazioni arabe una sete di giustizia sociale e di affermazione del vivere civile che, piaccia o non piaccia, si identifica in Medio Oriente e nel Nord Africa attraverso la religione predominante.
La democrazia che nell'accezione dell'Occidente viene considerata un valore universale affrancato da limitazioni religiose, nei Paesi arabi viene invece circoscritta nel contesto religioso di riferimento.
Alla base di queste due diverse concezioni del vivere civile c'e' latente una conflittualita' tra due mondi, ma soprattutto tra due culture diverse che portano a societa' diversamente operanti. Come se la civilta' dell'una cercasse di prevalere sull'altra . Due mondi che comunque nel tempo si avvicineranno perche' la diffusione dei mass media e di internet livelleranno le differenze che oggi esistono. La conferma dell'incidenza dei mezzi di comunicazioni di massa nelle societa' dei vari Paesi del mondo viene proprio dai Paesi arabi. La primavera araba nella regione si e' diffusa , in un effetto domino, grazie alla globalita' delle vicende del mondo. Di endogeno, per ogni singolo Paese, e' stata la scintilla che ha scatenato le varie rivoluzioni. Non esiste infatti un comune denominatore che possa collegare - politicamente - una rivolta dall'altra se non la ricerca di una maggiore giustizia sociale.
Con lo stesso sistema oggi in tempo reale si e' aggiornati sulle efferatezze del regime siriano. E' cosi' preminente il fattore religioso che diventa forza politica che di questo stato di cose e' rimasto contagiato anche Israele, dove la struttura dello Stato e la prevalenza dei partiti ortodossi portano quel Paese a configurarsi talvolta come una teocrazia benche' liberale.
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E' notorio che nel Nord Africa e nel Medio Oriente non esistono attualmente forme di democrazia partecipata con l'esclusione di Israele. Tale affermazione vale anche se nella specifica definizione si ritiene - forse erroneamente - che il concetto di democrazia sia un valore universale, assoluto, distinto dalle varie realta' locali ed avulso dalla storia di ogni singolo Paese.
In altre parole, quello che avviene nelle aree sopra specificate, nel bene ma soprattutto nel male, non e' altro che il risultato di un decorso storico, in quota parte colpa di una presenza coloniale pregressa che non ha saputo creare quadri sufficientemente addestrati a sviluppare e/o trasmettere concetti di democrazia, sensibilita' sui diritti umani, rispetto delle liberta' civili. Talvolta, anche da parte dei Paesi ex coloniali, si e' favorito una soluzione autoritaria nelle nazioni di interesse barattando una questione di principio con una questione di interessi.
Per tutto questo, come affermato all'inizio, in questa parte geografica del mondo prevalgono regimi autoritari, a diverso livello di crudelta', ma tutti accomunati da una violazione permanente di quei valori fondamentali che dovrebbero prevalere in un consesso civile.
La cosiddetta primavera araba, almeno nell'accezione del termine, avrebbe dovuto produrre risultati apprezzabili nel campo della democrazia ed in quota parte - a fronte del punto di partenza e quello presunto di arrivo - cio' e' avvenuto. Pero' molti cicli sociali non si sono ancora conclusi ( il caso dell'Egitto e della Libia ), altri devono ancora svilupparsi (il caso della Siria), altri non hanno prodotto risultati apprezzabili (Yemen), altri ancora non si sono ancora mossi (Algeria e vari Paesi della Penisola arabica), uno e' ancora sotto osservazione (Tunisia).
Cioe', nel riferimento al termine di "primavera", si e' premiato etimologicamente un periodo stagionale di risveglio della natura a fronte di un inverno che e' perdurato a lungo ed una estate che ancora non si sa bene se produrra' i frutti auspicati. Ma dalla "primavera araba" adesso, come viene definito dai giornali israeliani, si e' passati probabilmente ad un "inverno islamico".

AL CENTRO DELLA SOCIETA'
Ma ecco che emerge il problema di fondo: perche' ogni volta che crolla un regime autoritario in questa parte di mondo, la forza contrastante che prevale e' sempre una entita' politico-religiosa?
Le spiegazioni al riguardo sono tante :
In primis, laddove c'erano precedentemente dei regimi e quindi una assoluta mancanza di democrazia e di trasmissione del consenso, l'unica struttura che poteva competere con il predominio del partito unico era la filiera delle moschee. La' e' nato il dissenso e la' si e' diffuso in molti Paesi. Questo spiega in parte perche' quelle monarchie legittimate da una investitura religiosa (la dinastia alawita in Marocco o il sultano ibarita in Oman) si sono salvate da questa ondata di rivolte sociali. Questo spiega con altrettanta chiarezza perche', invece, la rivolta in Algeria e' stata pilotata a suo tempo dal F.I.S. di Madani o perche' da altre parti sono nate istanze politico-religiose;
L'Islam, tra le tre religioni monoteistiche, e' quello che ha molto piu' impatto sul sociale regolandone comportamenti (le 5 preghiere giornaliere), rituali (il mese di Ramadan), l'amministrazione della giustizia (sharia). Nell'Islam, inoltre, non esiste tradizionalmente una barriera tra la gestione dell'anima e quella politica del corpo. Si tende sempre a confondere il termine di "umma" (comunita' di musulmani) con quello di societa';
Anche in presenza di dittature piu' o meno crudeli, le organizzazioni religiose musulmane hanno svolto sempre un ruolo sociale ed umanitario importante. Basti ricordare al riguardo quanto fatto dai Fratelli Musulmani con la gestione di ospedali, cliniche, scuole, assistenza a poveri e disabili. Tutto questo ha prodotto simpatia e consenso sociale che poi, al momento giusto, si e' trasformato in consenso politico;
A differenza di altre parti del mondo, le ideologie marxiste - ma anche capitaliste - non hanno avuto mai particolarmente successo in questa regione. I pochi comunisti mediorientali erano soprattutto di religione cristiana. Senza la spinta di questo background culturale, le istanze sociali degli arabi non hanno mai trovato altra giustificazione ideologica che non fosse quella di giustizia sociale propagata dal Corano. Il nazionalismo arabo di Nasser, il baathismo di Siria e Iraq altro non sono state che delle pseudo-ideologie di facciata (e non di sostanza) per legittimare una presa o gestione del potere;
Molte volte una componente religiosa della societa' araba si e' opposta al regime o lo ha combattuto. E' stato il caso di Rashid Gannouchi in Tunisia e quello dei Fratelli Musulmani in Egitto. Questo spiega perche' nelle ultime elezioni queste forze abbiano prevalso nelle elezioni. Domani, in Siria, altrettanto potrebbe avvenire con i Fratelli Musulmani legittimati dallo sterminio di Hama nel 1982.
Vi e' poi un problema di egemonia tra Paesi dell'area mediorientale che viene perseguita attraverso il finanziamento di strutture e/o organismi religiosi nelle nazioni di interesse. Il wahabismo saudita e qatariota sono ritenuti oggi tra i maggiori finanziatori dei gruppi salafiti nella regione. Predicano un Islam ortodosso, dove il precetto della sharia e' prevalente su qualsivoglia istanza democratica. Tutto questo va ad accentuare il ruolo della religione nelle vicissitudini sociali di ogni singolo Paese della regione;
Altre volte nell'ambito dell'Islam entrano in competizione varie componenti dello stesso credo: wahabismo contro sufismo, sunnismo contro sciismo. E queste divisioni e competizioni si risolvono in lotte politiche tra gli aventi causa. Questo porta ancora di piu' l'Islam a diventare centrale nelle vicende politiche del Medio Oriente e Nord Africa.
Quanto detto spiega perche' ad ogni esautorazione di dittatura prevale nelle societa' arabe l'emergere di entita' politiche religiose. Questo accredita anche quello che i Fratelli Musulmani considerano il loro slogan principale : "l'Islam e' la soluzione".

MIOPIA OCCIDENTALE
I Paesi Occidentali tendono a considerare - almeno in prima approssimazione- questa presenza islamica nella regione come pericolosa in riferimento ai propri interessi egemonici o economici. Ogni volta che avvengono libere elezioni in questa regione - e questo e' un parametro caro alle democrazie occidentali - e prevalgono istanze politico-religiose, si crea nell'immaginario occidentale un cortocircuito tra aspettative e valutazioni su un uso perverso della democrazia. In altre parole, si addebita ad un basso tasso di coscienza democratica quello che e' in realta' la volonta' espressa dai cittadini arabi. Cosi' facendo si evita di contestualizzare l'evento nelle realta' di quei Paesi e di quelle societa'.
Una prima affermazione la si può fare sull'Islam che queste entita' politico-religiose sapranno applicare nelle societa' civili di interesse. Esiste Islam alla maniera turca di Erdogan ed esiste l'Islam alla maniera saudita o iraniana. L'uno e' piu' rispettoso degli aspetti laici della societa' civile, gli altri molti meno se non per niente. A fattor comune comunque c'e' nelle popolazioni arabe una sete di giustizia sociale e di affermazione del vivere civile che, piaccia o non piaccia, si identifica in Medio Oriente e nel Nord Africa attraverso la religione predominante.
La democrazia che nell'accezione dell'Occidente viene considerata un valore universale affrancato da limitazioni religiose, nei Paesi arabi viene invece circoscritta nel contesto religioso di riferimento.
Alla base di queste due diverse concezioni del vivere civile c'e' latente una conflittualita' tra due mondi, ma soprattutto tra due culture diverse che portano a societa' diversamente operanti. Come se la civilta' dell'una cercasse di prevalere sull'altra . Due mondi che comunque nel tempo si avvicineranno perche' la diffusione dei mass media e di internet livelleranno le differenze che oggi esistono. La conferma dell'incidenza dei mezzi di comunicazioni di massa nelle societa' dei vari Paesi del mondo viene proprio dai Paesi arabi. La primavera araba nella regione si e' diffusa , in un effetto domino, grazie alla globalita' delle vicende del mondo. Di endogeno, per ogni singolo Paese, e' stata la scintilla che ha scatenato le varie rivoluzioni. Non esiste infatti un comune denominatore che possa collegare - politicamente - una rivolta dall'altra se non la ricerca di una maggiore giustizia sociale.
Con lo stesso sistema oggi in tempo reale si e' aggiornati sulle efferatezze del regime siriano. E' cosi' preminente il fattore religioso che diventa forza politica che di questo stato di cose e' rimasto contagiato anche Israele, dove la struttura dello Stato e la prevalenza dei partiti ortodossi portano quel Paese a configurarsi talvolta come una teocrazia benche' liberale.
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