LA
GUERRA MAI FINITA TRA ISRAELE E GLI HEZBOLLAH
Entrambe
le parti lo sanno. E' solo questione di tempo. Prima o poi la
guerra scoppierà di nuovo. Israele sta rafforzando le sue linee
difensive ai confini con il Libano, gli Hezbollah continuano ad
accumulare armi, ad intensificare addestramenti, a prepararsi ad
un prossimo confronto. Da quando Israele, dopo 22 anni di
occupazione, ha abbandonato il Libano nel 2000 e dopo la
disastrosa (soprattutto per Tel Aviv) guerra del 2006, in forma
diretta o indiretta il confronto militare tra le milizie sciite e
l'Esercito israeliano è oramai una costante del panorama
mediorientale. Sinora lo scontro diretto è stato rimandato perché
gli Hezbollah sono coinvolti militarmente al fianco di Assad nella
guerra civile siriana. Israele si è limitata ad alcuni attacchi
aerei quando ha individuato trasferimenti di armi dalla Siria al
Libano. Gli israeliana hanno sempre considerato un loro diritto
l’intervento militare in caso di fornitura iraniana di missili o
equipaggiamenti sofisticati o quando è stata accertata la presenza
delle milizie sciite nella zona confinaria del Golan. L'ultimo, in
ordine di tempo, è stato il 26 aprile scorso dopo che un cargo
iraniano aveva scaricato armi e soprattutto missili proprio per le
milizie libanesi.
La presenza dell'esercito russo in Siria limita gli interventi
aerei israeliani. Anche se esiste un telefono rosso tra le due
parti, il rischio di un incidente che possa creare tensioni con
Mosca agisce da deterrente. Una cosa è avere l'ostilità oramai
consolidata con le milizie sciite, un'altra cosa è confrontarsi
con i russi. Israele non è sicuramente contenta di vedere la
presenza militare iraniana in Siria. Sa bene che la sopravvivenza
del regime di Bashar al Assad postula un collegamento diretto tra
l'Iran ed il Libano, che è poi l'elemento che permette agli
Hezbollah di essere forti e alimentati. E questo spiega, in
estrema sintesi, la necessità degli Hezbollah di intervenire in
Siria. Senza l'appoggio iraniano, la loro sopravvivenza sarebbe
stata difficile. A tutto questo poi si aggiunge l’ottimo rapporto
personale tra Bashar al Assad e il leader delle milizie sciite
libanesi, Hassan Nasrallah.
La partecipazione alla guerra in Siria ha avuto però delle
conseguenze sulla popolarità degli Hezbollah, prima in Libano e
poi in Medio Oriente. Il Partito di Dio ha perso l’appeal delle
masse guadagnato nella sua contrapposizione con Israele, facendosi
trascinare in un conflitto settario fra sciiti e sunniti ed al
fianco di un governo, quello siriano, da sempre implicato negli
affari interni libanesi. Certo, gli Hezbollah hanno mantenuto il
sostegno dei circa 1,6 milioni di sciiti libanesi, ma le
autocrazie sunnite della regione, rappresentate nella Lega Araba e
nel Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno etichettato il
gruppo “un’organizzazione terroristica”. Inoltre, l'impegno
militare in Siria ha avuto un suo costo in termini di vittime
(oltre 1.400), feriti (circa 5.000), difficoltà nel reclutare
nuovi miliziani e sul piano finanziario propriamente detto, sia
nel pagare i miliziani, sia nel sostenere le famiglie dei
“martiri”.

Gli Hezbollah
L'organico attuale degli Hezbollah conta su circa 45.000
combattenti, di cui 25.000 in servizio attivo, con un arsenale di
oltre 120.000 razzi. Non più una milizia, ma un vero e proprio
esercito che in Siria è articolato in una brigata meccanizzata,
una nuova brigata leggera e varie unità di commando, come la Unità
Radwan (dal nome di battaglia di Imad Mughniyeh, capo militare
Hezbollah, eliminato dagli israeliani con un attentato a Damasco
nel 2008). Hanno capacità SIGINT (Signal Intelligence), cyber,
guerra elettronica, usano apparecchiature sofisticate per la
visione notturna, droni (circa 200, usati in Siria sia per
osservazione che per lanciare bombe), missili controcarro e
contraerei, ed hanno attrezzato il sud del Libano con un reticolo
di bunker e tunnel sotterranei. Il Partito di Dio ha sviluppato un
esercito specializzato nella tattica della guerriglia, ben
addestrato, ben equipaggiato, ben disciplinato. Ha dietro di sé
l'assistenza, i soldi e le forniture di armi dell'Iran. E quel che
è peggio (per Israele) è che l'impegno militare nella guerra
civile siriana, dove stanno combattendo oltre 7.000 miliziani, ha
fornito agli Hezbollah un'esperienza bellica al fianco degli
iraniani e dei russi che tornerà utile in un futuro confronto
militare contro Israele. Lo stesso dicasi per i consiglieri
militari che affiancano le milizie Houthi in Yemen.
Nello specifico, gli Hezbollah hanno imparato ad operare come un
esercito tradizionale, inquadrato in unità di maggiori dimensioni.
Hanno affinato le tecniche di cooperazione sul campo di battaglia
visto che sono presenti nel centro operativo interforze di Damasco
assieme a russi ed iraniani e dove, tra l'altro, viene coordinato
l'impiego dell'aviazione russa. Hanno anche acquisito conoscenze
sulla logistica di unità più complesse ed hanno imparato ad
operare in ambienti morfologici diversi da quelli usuali libanesi.
Quindi, pianificazione ed esecuzione di un’operazione militare. Si
sono perfezionati anche nel sistema di comando e controllo e nel
sostegno logistico dei combattimenti. Sono venuti a conoscenza di
nuovi sistemi d'arma, li hanno visti impiegare, li sanno
utilizzare. Sanno anche come si combina intelligence e
individuazione di obiettivi, quali armi utilizzare a seconda delle
esigenze operative. Sanno adesso come ci si muove sul campo di
battaglia, come si conduce una guerra convenzionale, hanno potuto
quindi valutare, nella prospettiva di un futuro confronto con
Israele, quali sono i punti di forza o di debolezza del loro
esercito. Sul territorio libanese hanno migliorato sia la difesa
contraerea, quella controcarro e possono colpire anche navi con
missili terra-mare.
Praticando un avvicendamento continuo dei quadri, queste
conoscenze sono diventate un patrimonio molto esteso. Quindi non
solo i miliziani a tempo pieno, ma anche i riservisti (i
"taabiah"). Infatti, gli Hezbollah creano ed alimentano le loro
unità operative alternando miliziani full time con i riservisti.
Provengono in maggioranza dai movimenti giovanili sciiti, ma
alcune unità, come le "Saraya al Muqawama al Lubnanyah" ("Brigata
di Resistenza Libanese") ad esempio, sono composte anche da
miliziani non sciiti. Erano state create nel 1997 per fronteggiare
Israele, poi sciolte nel 2000 quando le truppe israeliane avevano
lasciato il sud del Libano, adesso sono state nuovamente
ripristinate. Esiste un sistema di rotazione dei soldati e dei
loro comandanti, un addestramento continuo sul campo che si
aggiunge all'obbligo dei riservisti di prestare servizio per
almeno 15 giorni l'anno in una zona di conflitto. Tale obbligo,
denominato "murabata", una volta veniva svolto ai confini con
Israele. Adesso, invece, viene sviluppato in Siria. Prima di
essere inviate al fronte, le nuove reclute che vengono immesse
nelle unità operative sostengono un addestramento di 2/3 mesi. Una
volta venivano inviate in Iran per apprendere l'arte della guerra.
Adesso non ce n’è più bisogno. Ogni esperienza bellica vissuta
direttamente sul campo di battaglia è adesso un elemento di forza
per gli Hezbollah.
Anche gli scontri tra Hamas e Israele sul fronte di Gaza sono
stati utili per capire il nuovo sistema anti-missile israeliano
Iron Dome. Gli Hezbollah hanno capito che per loro sarà importante
saturare il sistema di difesa del nemico con un continuo lancio di
razzi o colpi di mortaio. Ed è per questo che il loro arsenale
missilistico è particolarmente fornito. Sembra inoltre che gli
iraniani abbiano installato una fabbrica di razzi in Libano. Ma
proprio per rendere l’impiego dei razzi più efficace, l'Iran sta
adesso fornendo agli Hezbollah sistemi più sofisticati e più
precisi. Non è un caso se il 16 febbraio 2017, il Segretario
Generale degli Hezbollah Hassan Nasrallah ha indicato fra gli
obiettivi israeliani da colpire la centrale nucleare di Dimona,
fabbriche di armi e di ammoniaca. La difesa antimissile di Tel
Aviv si stima possa eliminare fino all'80% dei razzi, missili,
droni o aerei lanciati sul suo territorio.

Il ministro della difesa israeliano, Amir Peretz
L'ultima guerra tra Israele e gli Hezbollah nel 2006 è stata
considerata una "sconfitta" per Tel Aviv. L'allora ministro della
Difesa, Amir Peretz, aveva dato le dimissioni perché, per la prima
volta, Israele usciva da un conflitto armato senza averlo vinto
dopo un logoramento fatto di attacchi coordinati, lancio di razzi
e vittime lungo cinque settimane. Gli Hezbollah non avevano vinto,
ma nemmeno erano stati sconfitti. A distanza di un decennio, le
milizie libanesi non sono soltanto un gruppo terroristico o una
forza paramilitare, ma un esercito. Non l'esercito del Libano, ma
un esercito nel Libano che risponde ad obiettivi e logiche
proprie. Adesso è anche un esercito che opera in Siria, con pari
dignità operativa con altri eserciti. E sanno di essere l'unico
esercito di cui Israele ha paura e questo concede agli Hezbollah
un vantaggio psicologico. Sono anche un esercito che adesso si
inquadra nel gioco strategico di un confronto sempre più
ravvicinato tra Israele e l'Iran.
Il problema è che non sarà possibile impedire questa terza guerra
libanese perché tutti i contendenti hanno un obiettivo militare –
e non politico – da raggiungere. Israele dovrà ribadire la propria
supremazia regionale. Gli Hezbollah quello di sub-potenza sciita
sostenuta dall’Iran. E per raggiungere questi primati, l'unica
strada è la guerra. Per adesso la presenza militare russa limita
ogni escalation. Basterebbe però una scintilla, una reazione ad
una provocazione, per fare deflagrare il tutto. E' solo questione
di tempo.