LA LIBIA ED IL RITORNO DEI LEALISTI DI GHEDDAFI
La Libia e' ancora divisa tra chi parteggiava per Muammar Gheddafi e chi invece lo combatteva. Questa distinzione tra vincitori e vinti rimane ancora oggi molto marcata nonostante siano passati oltre due anni dalla morte del dittatore. La circostanza alimenta ancora rancori e vendette e quindi discriminazioni sociali. In parole povere: l'esatto contrario di una riconciliazione nazionale. Se poi a tutto questo si aggiunge il fatto che il Paese e' in piena anarchia sociale, ecco che si stanno creando le premesse per un ritorno in auge di quei soggetti che hanno sempre sostenuto, anche nel corso della guerra, il dittatore. Ed e' quello che oggi sta accadendo.
L'esempio sbagliato
Fra le fila e a capo di molte della milizie che oggi spadroneggiano in Libia vi sono molti ex-gheddafiani. Alcuni fra loro hanno cambiato casacca per convinzione, ma molti altri per opportunismo. Per questi ultimi, un Paese pacificato e' contrario ai propri interessi. Quel che e' piu' eclatante e' che membri dei vecchi Servizi siano rimasti al loro posto. Anzi, alcuni sono stati addirittura promossi. Sicuramente non si puo' scommettere sulla loro affidabilita' democratica.
Una recente legge approvata dal nuovo Parlamento ha stabilito il licenziamento da impieghi governativi e pubblici di chiunque abbia avuto trascorsi sotto Gheddafi. Questa decisione non ha fatto altro che alimentare il risentimento di coloro - in realta' molti - che ufficialmente aderivano al regime, lavoravano per lui, ma non ne condividevano fatti e misfatti.
Per fare un esempio calzante, lo stesso errore lo aveva fatto dieci anni prima il proconsole americano in Iraq Paul Bremer che dopo l'invasione e la cacciata di Saddam Hussein aveva licenziato tutti gli impiegati governativi ed i militari in carica ai tempi del regime. Il risultato era stato una crescita esponenziale della guerriglia sunnita che tuttora sconvolge l'Iraq. La Libia, nel suo piccolo, ha seguito l'esempio sbagliato.
Il dato piu' significativo e' che, da dopo la guerra civile ed il lento sfaldarsi del tessuto sociale libico che ne e' conseguito, i sostenitori del vecchio regime hanno trovato il sostegno di quanti cominciano ad avere la nostalgia della pax del Rais. Tutto questo ha alimentato i ranghi di una opposizione armata che trova, ovviamente, sempre maggiori consensi.
Nostalgici armati
A tirare le fila dell'opposizione al nuove autorita' a Tripoli non vi e' al momento alcun ruolo attivo della famiglia Gheddafi. La vedova, la figlia Aisha ed i figli Hannibal e Mohammed sono adesso in Oman. Mutassim, Seif al Arab e Khamis sono morti in guerra. Seif al Islam e' in prigione a Zintan in attesa di processo. Saadi si e' invece rifugiato in Niger dove ha sposato una donna locale. Su quest'ultimo erano circolate voci circa una probabile estradizione da parte dei nigerini in Libia. Solo Saadi, almeno in linea teorica, potrebbe giocare un ruolo nel ritorno dei gheddafiani al potere. Ma il personaggio, anche se pomposamente investito del grado di Colonnello dell'esercito libico, non ha lo spessore necessario ad un compito cosi' importante. Anche se venisse estradato non costituirebbe una perdita per le aspirazioni dei nostalgici.
Sono invece molti attivi personaggi di rilievo del vecchio regime che dall'estero continuano a fomentare la dissidenza. La maggioranza di essi risiede in Egitto dove, con il ripristino al potere dei militari, godono adesso di protezione. Sotto il deposto presidente Mohamed Morsi il pericolo di estradizione era diventato molto alto e molti esponenti dell'ancien re'gime si erano rifugiati a Malta. Essi hanno soldi da spendere, quelli che avevano accumulato durante sotto il Rai's, e che adesso possono investire in una lotta armata che, se vittoriosa, li riporterebbe al centro del potere e dei loro interessi economici.
Che questa struttura di opposizione esista e che sia efficiente e' indirettamente confermato anche dal discorso del Primo Ministro libico Ali Zeidan all'apertura dell'ultima Assemblea Generale dell'ONU a New York nel Settembre 2013. Il premier ha parlato di personaggi legati al vecchio regime che svolgono "attivita' criminale" in Paesi vicini ed ha poi lanciato un appello a Egitto, Niger e Algeria (che dopo lo spostamento della famiglia Gheddafi in Oman ha oggi meno peso e coinvolgimento nelle vicende libiche). Non casualmente Zeidan ha fatto anche cenno a circa 100 miliardi di dollari che Gheddafi, o chi per lui, ha investito in Africa. Soldi che il premier libico vorrebbe recuperare, ma che invece costituiscono oggi l'asse portante di quel sostegno finanziario alla lotta armata dei nostalgici del regime.
Cronache dalla resistenza
Una resistenza armata all'attuale dirigenza libica di matrice gheddafiana oggi esiste ed opera sul terreno.
L'evento piu' eclatante e' stato, a Gennaio 2014, l'occupazione di una base aerea a Tamenhint, vicino a Sebha, definitivamente liberata dopo qualche giorno dall'intervento delle brigate rivoluzionarie provenienti da Misurata e Zintan. Un gesto che dimostra non solo la forza dei lealisti, ma anche il sostegno che essi godono nel sud del Paese, dove evidentemente possono muoversi con sufficiente liberta'.
A cavallo dell'operazione di Tamenhint, le forze di sicurezza libiche hanno arrestato anche 5 persone a Sabratha che si stavano recando a Sebha per sostenere i lealisti. Contestualmente a Ajaylat sono comparse delle bandiere del vecchio regime. Situazioni contemporanee, avvenute in aree distanti tra loro che indicano un fenomeno geograficamente esteso, ma evidentemente sotto un non meglio identificato comando. In altre parole, episodi non singoli, ma collegati tra loro. A questi eventi si aggiunge un ultimo episodio: la profanazione del cimitero monumentale italiano di Tripoli che ricalca un tipo di oltraggio tanto caro a Gheddafi e ai comitati popolari di un tempo.
Da oltre confine arrivano sul territorio libico anche trasmissioni satellitari che lanciano programmi e proclami vicini al vecchio regime. Lo fa dall'Egitto Nilesat, trasmettono notizie non gradite anche Al Hurrah, Al Jazeera e Al Arabya. L'attuale dirigenza libica ha cercato di bloccarle, ma senza successo. Poi c'e' il problema degli studenti all'estero. Molti di loro avevano ottenuto borse di studio sotto Gheddafi e quindi coltivano sentimenti di vicinanza al defunto dittatore. Il governo libico sta monitorando, tramite le strutture diplomatiche, il fenomeno specifico. L'intenzione sarebbe quella di ritirare le borse di studio a questi studenti, ma non si ha la forza di chiederlo o farlo. Complessivamente e' evidente che una dissidenza all'estero c'e' e sta riprendendo vigore.
Ahmed Ibrahim
Pacificazione mancata
Il piu' grosso dei problemi e' che le faide inter-familiari o inter-tribali scatenatesi a seguito della guerra civile non sono state sanate e questo porta ad uno stillicidio di scontri e morti che si protrae fino a tuttora. Le kabile che piu' di altre avevano appoggiato Muammar Gheddafi sono oggi oggetto di discriminazione. I sentimenti di rivalsa dei perdenti si confrontano giornalmente con l'arroganza dei vincitori.
A Misurata sono tuttora sotto processo un centinaio di soldati del vecchio regime che rischiano la pena di morte. Questo dopo che lo scorso anno un ex ministro di Gheddafi, Ahmed Ibrahim, era stato condannato a morte. Nella Libia attuale ogni gruppo importante ha la sua prigione ed il suo tribunale. Ci sono strutture paritetiche a Misurata, Zintan, Zawiya, Benghazi e Tripoli. Sinora le sentenze di morte non sono state eseguite, ma sono state comunque comminate senza dare l'opportunita' all'imputato di difendersi.
Una giustizia impartita all'occorrenza da tribunali civili o militari, che le organizzazioni internazionali hanno piu' volte criticato perche' non forniscono sufficienti garanzie di equita'. Le milizie minacciano i giudici, altrettanto fanno con gli avvocati ed i familiari degli imputati, mentre la polizia giudiziaria non e' in grado di assicurare la sicurezza all'intero apparato giudiziario. Casi di torture ed abusi non fanno piu' notizia. Ultimamente e' morto in carcere a Tripoli un ex maggior Generale di Gheddafi, Al Hadi Imbaresh. Non e' chiaro se sia stata una morte naturale o procurata.
Ed e' in questo scenario di "giustizia fai da te" che si gioca adesso la sorte - per molti di loro sicuramente nefasta - di quegli oltre 30 alti notabili in attesa di processo a Tripoli (a cui aggiungere Seif al Islam che invece rimane sotto il controllo delle brigate di Zintan). Per Seif Al Islam vi e' anche una richiesta del Tribunale Criminale Internazionale per giudicarlo a l'Aia. La richiesta non e' stata al momento accolta, ma forse non casualmente, il 5 novembre scorso 2013, l'imputato ha rilasciato un'intervista radiofonica in cui si dichiarava felice di essere giudicato in Libia. Sulla spontaneita' della dichiarazione i dubbi rasentano le certezze.
Per lo zio di Seif, nonche' cognato di Gheddafi, Abdallah Senussi, il Tribunale Internazionale ha invece lasciato decadere la richiesta di estradizione a l'Aia. Il personaggio apparso ultimamente in tribunale a Tripoli appare quasi irriconoscibile dal giorno in cui e' stato estradato dalla Mauritania. C'e' chi afferma che sia malato di cancro, molti pensano che si tratti di altro. Comunque il suo destino e' segnato.
Ma anche questi processi pubblici, oltre ai chiari aspetti propagandistici, dovrebbero offrire una parvenza di legalita', mostrano invece un Paese allo sbando. E nel caos sociale che ne consegue, c'e' tutto lo spazio per la nostalgia del vecchio regime.