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L’AISE, LA SOVRANITA’ NAZIONALE E L’INGERENZA DI ALTRI


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Alberto Manenti

La nomina nell'aprile 2014 di Alberto Manenti, "Albertino" per gli amici nel Servizio, a Direttore dell’AISE (Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Esterna) è passata sotto silenzio sulla stampa nazionale. E' parsa evidentemente normale, benché inedita, la scelta diretta di un professionista pescato all’interno dell’organizzazione e quindi, almeno sulla carta, avulsa da quel mercanteggiare della politica che precede ogni designazione ai vertici dello Stato.

E’ sicuramente una delle poche volte, se non la prima, che la nomina del Direttore dei Servizi esterni, AISE oggi e SISMI ieri, avviene per scelta interna di una personalità che conosce bene la struttura di cui assume il comando. Tuttavia, la nomina non è stata avulsa da parametri politici. Manenti è stato sponsorizzato dal Sottosegretario con delega per l'Intelligence, Marco Minniti, che aveva proposto la sua candidatura al premier Enrico Letta, poi bloccata con la sua defenestrazione da parte di Matteo Renzi. C'è dell'altro, ed è la forte sollecitazione di due Servizi stranieri.
La scelta di Manenti a Direttore del Servizio esterno è stata infatti favorita anche dalle pressioni positive che sia il Mossad che la CIA hanno esercitato sulle autorità italiane per favorire l'ascesa di Albertino. Il tutto in modo alquanto pressante. Se può essere un titolo di merito il fatto che un dirigente dei Servizi goda della considerazione di altri Servizi stranieri, bisogna domandarsi se tale insistita raccomandazione, in un mondo – come quello dell’Intelligence - dove non esistono amicizie ma solo interessi, non sia inopportuna e frutto degli interessi di altri Paesi. D'altronde, ridurre lo spazio della sovranità nazionale in un settore particolarmente delicato come questo crea un precedente molto pericoloso.

Sotto questo punto di vista, il caso di "Albertino" Manenti è emblematico di come sia possibile fare carriera all'interno di un Servizio informazioni, usufruendo durante la propria carriera di raccomandazioni non solo di matrice nazionale, ma anche estera.


Un giovane capitano

Manenti è un ufficiale di Amministrazione, un capitano, che entra al Servizio negli anni '80 per essere impiegato nello specifico settore di competenza. Quindi non per fare l’operativo, ma per predisporre le buste paga o aggiornare le contabilità. Tuttavia, questo impiego non lo soddisfa. Diciamo meglio, non sente che il suo talento è adeguatamente percepito e valorizzato. Diciamo anche che qualcuno non lo voleva più all’amministrazione. Manenti cerca una nuova sistemazione e si rivolge a tutti quelli, comprese le guardie del corpo dell’Ammiraglio Fulvio Martini allora Direttore del SISMI, che ritiene possano dargli una mano a trovare una collocazione più idonea alle sue aspettative.

La fortuna lo aiuta perché in quel frangente si sta dando vita ad una nuova Divisione nell’ambito del Servizio, l’8va Divisione, dedicata ad attività di contro proliferazione. E’ un settore nuovo, in espansione, guidato da un personaggio di spessore come l’Ammiraglio Giuseppe Grignolo che sicuramente non aveva bisogno al suo fianco di assistenza tecnica, ma solo di manovalanza. Manenti fa al caso suo anche perché non ha esperienze specifiche, non conosce molto le lingue, non ha esperienze internazionali di spessore e quindi non fa ombra e non pone limiti alla incontrastata egemonia di Grignolo.

Nasce così la configurazione operativa di Manenti che da oscuro amministratore - all’inizio cura anche la contabilità della neonata divisione - diventa membro di una struttura operativa. Segue Grignolo, impara il mestiere, incomincia ad instaurare rapporti e contatti con ditte italiane e, soprattutto, Servizi stranieri. Impara innanzitutto la lezione numero uno: non tutti i Servizi con cui dialoghi sono uguali. Alcuni hanno un peso specifico superiore perché il loro parere o la loro considerazione, se fatte pervenire alle orecchie del Direttore del Servizio pro-tempore, aiutano a crescere nella stima e, di conseguenza, nella carriera.


pollari
Nicolo' Pollari

L'uomo giusto al posto giusto

Albertino Manenti è molto attento a questi dettagli. E subito individua i soggetti con i quali intrattenere una linea preferenziale. E’ aiutato anche dalla tipicità del lavoro che svolge e che si concentra sui traffici di armi e tecnologia in giro per il mondo. L’Italia, per la sua posizione geografica, è il trampolino di lancio o punto di passaggio di traffici e spedizioni dirette o provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Il settore interessa molto alla CIA e al Mossad. I rapporti con questi due Servizi sono di natura istituzionale, ma Albertino vi aggiunge una propria taratura personale che fa la differenza e che crea benemerenze. I due Servizi stranieri imparano presto che possono contare sulla sua acritica disponibilità in ogni operazione, possono muoversi per l’Italia senza incontrare ostacoli o eccessive difficoltà, e questo garantisce a Manenti considerazione e riconoscenza.

Ma Manenti è anche un attento osservatore delle vicende interne al Servizio. Riesce sempre a sapere in anticipo chi sarà il nuovo Direttore, chi salirà o crollerà nello spoil system che accompagna ogni avvicendamento di vertice. E’ sempre dalla parte giusta al momento giusto.

Quando Grignolo lascia la struttura e si accasa negli USA per gli ultimi anni di carriera, Albertino ha già consolidato il suo potere e ne prende senza difficoltà il posto. Anzi lo rafforza, sostenendo il suo ex capo in terra americana. Quando arriva Nicolò Pollari al potere, lui è tra i suoi più fedeli esecutori. E' Manenti l’uomo che pilota i falsi dossier del Nigergate in quel gioco delle parti che gli permette di assecondare in un sol colpo le aspirazioni del suo Direttore di guadagnare punti presso gli americani, abbinate ovviamente alle sue. Il suo nome compare nello scandalo Telekom Serbia, ha fitti contatti con Finmeccanica (e quindi compare nei verbali di alcune procure), gioca sempre su più tavoli, ma sempre dalla parte del vincitore. Questo nonostante alcune sue vicende sentimentali, all’interno del Servizio, avrebbero potuto sollevare seri dubbi sull’opportunità dei suoi comportamenti.

Caduto Pollari, rimane in sella il suo Capo del Personale. Questi, nel malcelato tentativo di consolidare il potere dei finanzieri e dei correlati amici, sotto il mascherato obiettivo di rinnovare i quadri del Servizio fa approvare dal DIS una regola aurea: chi ha superato 20 anni di permanenza nel Servizio, ha più di 57 anni ed ha maturato 40 anni di anzianità deve andarsene dall’AISE. Non importa se nel frattempo è arrivato al Servizio, a tre mesi dalla pensione, il prefetto Paolo Scarpis prossimo a compiere i 65 anni. Ma Scarpis non scalfisce la regola: non ha 20 anni di permanenza nel Servizio.

Il problema si crea invece per "Albertino". Ha più di 57 anni, ha maturato 40 anni di anzianità, è nel Servizio da oltre 20 anni. Ergo, se ne deve andare. Ma ecco che accorre in suo soccorso - ovviamente su richiesta dall’interessato - la riconoscenza dei suoi amici stranieri. Si assiste ad una serie di contatti e di pressioni a livello sia diplomatico che dei Servizi per perorare il mantenimento di Manenti all’interno del Servizio. Ma la regola aurea sarebbe così violata? Non c’è bisogno, per meriti speciali ogni regola ha le sue eccezioni.


adriano santini
Adriano Santini

L'ascesa

Non è chiaro se Manenti sia stato ri-militarizzato (il Capo di Stato maggiore della Difesa pro-tempore, Claudio Graziano, è suo compagno d’Accademia), ricostruendogli la carriera e facendolo improvvisamente diventare generale e, quindi, Vice Direttore esecutivo del Servizio. Comunque il risultato, a fronte degli escamotage messi in atto, viene acquisito. En plein per l’interessato, en plein per CIA e Mossad che possono adesso contare su di una persona a loro riconoscente collocata ai massimi livelli. Il percorso ad honorem per le finalità degli americani e degli israeliani si è adesso concluso con la sua recente nomina ai vertici dell’AISE. Stesso sistema, stesso risultato.

Tutto questo è potuto avvenire – bisogna dirlo per completezza di analisi – dopo un periodo considerato dagli addetti di gestione "inadeguata", del Generale Adriano Santini al SISMI e dell'ambasciatore Giampiero Massolo al DIS. Stessa inadeguatezza riscontrata nel neo-Premier Renzi, che non aveva precisa contezza di un mondo che non gli è mai appartenuto e su di un uomo che non conosceva. Si è quindi fidato dei giudizi altrui. Questa sommatoria di incompetenze hanno permesso a Manenti di allargare la sua base di consenso, di far valere le sue conoscenze tecniche e di giocare alla grande la sua partita personale battendo la lobby dei marinai - che vedevano nell’Ammiraglio Filippo Maria Foffi il loro candidato di punta - ed ancor più facilmente quel Capo di Gabinetto, Carlo Magrassi, sponsorizzato dal Ministro della Difesa Mauro Mauro, oramai politicamente in caduta libera. Quello di Albertino è stato un lavoro di lobby alquanto complicato se si valuta che sono trascorsi due mesi tra l’uscita dal Servizio di Santini (febbraio) e sua la nomina ( aprile).

L'interesse nazionale

Non vi sono dubbi che Alberto Manenti abbia le conoscenze giuste per guidare con cognizione di causa un Servizio che conosce profondamente. Qualcuno potrà sostenere che, nel suo caso, sia stata premiata la continuità, ed è pur vero. Tuttavia, visti i recenti Direttori – con cui Manenti è stato sempre solidale – sarebbe stata meglio una nomina nella discontinuità.

Il quesito da porsi, in un'ottica di sovranità nazionale, non è solo di carattere etico, ma pratico ed è quello di verificare se risponde agli interessi nazionali portare all'apice di un struttura di assoluta delicatezza un uomo i cui rapporti privilegiati potrebbero minarne l'obiettività nel tutelare quegli stessi interessi. Il quesito, nel caso specifico ed alla luce dei tanti trascorsi, può essere posto in questi termini: Manenti lavora con gli americani o lavora per gli americani?

E siccome nel mondo dell'intelligence non esistono mai matrimoni d’amore, ma solo di interesse, e questi tipi di affettuosità diventano presto di dominio condiviso, è lecito domandarsi se la linea preferenziale che si è instaurata tra AISE, CIA e Mossad non possa poi pregiudicare i rapporti con altri Servizi in altre parti del mondo.

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