LA PARABOLA DISCENDENTE DEI FRATELLI MUSULMANI

Sembrava che le primavere arabe avessero risvegliato da un lungo letargo politico il Medio Oriente e il Nord Africa, luoghi dove fino ad allora avevano prevalso dittature, regimi militari, corruzione e violazione dei diritti umani. Tante aspettative si erano riversate in quel susseguirsi di ribellioni e proteste, la gente aveva cominciato a credere nel proprio diritto ad un futuro migliore.
Cos'era il comune denominatore di questo spirito di rivalsa? In senso lato era l’Islam politico, unico veicolo di trasmissione del consenso alternativo ai regimi a partito unico. Le autocrazie impedivano alle masse di esprimere politicamente o socialmente le loro istanze, niente poteva però impedire agli imam e alle moschee di interpretare e pilotare il comune senso sociale. Questo spiega perché in molti dei Paesi dove sono nate ribellioni e proteste queste siano state guidate da movimenti religiosi.
L'ascesa
E' in questo quadro che si inseriscono, in un ruolo centrale, i Fratelli Musulmani che, a differenza di altre formazioni politico-religiose, hanno per primi e da sempre perseguito una religione politicizzata o, se si vuole, una politica guidata dalla religione. I Fratelli Musulmani sono comparsi nelle vicende libiche, prendono il potere in Egitto, pilotano le prime ribellioni armate in Siria, sono prevalenti a Gaza sotto l’etichetta di Hamas, si identificano con l’AKP di Recep Erdogan in Turchia, hanno grande influenza nel partito Al Islah in Yemen.
Nelle prime fasi delle primavere arabe, i Fratelli Musulmani sono al centro del panorama politico e sociale della regione. Riescono ad essere anche convincenti verso quei Paesi occidentali che diffidano del loro estremismo religioso. Ottengono l’appoggio degli Stati Uniti in Egitto, creano sinergie politiche con la Turchia, si accreditano come portatori di quelle istanze da sempre neglette in quella parte di mondo: libertà, equità sociale, diritti civili, lotta alla corruzione.
Si dà per scontato che, se un giorno il panorama politico in Medio Oriente o Nord Africa cambierà, loro ne saranno i principali attori. Una circostanza che allarga il loro potenziale peso ed interesse da parte degli interlocutori internazionali; compaiono contatti ed espressioni di stima mai prima indirizzate nei loro riguardi. Si esorcizzano le loro idee radicali con il fatto che interpretano il bisogno di giustizia sociale che percorre quei Paesi. Vengono enfatizzati tutti gli aspetti che qualificano il loro impegno sociale: scuole, ospedali, assistenza alle fasce deboli della società. Ovvero, quegli stessi aspetti che hanno contribuito a procurare alla Confraternita tante simpatie.
Gen. Abdul Fattah al Sisi
La caduta
Ma qui inizia anche il percorso inverso della parabola politico-sociale dei Fratelli Musulmani. Perché, alla fine, professare idee religiose e farne una politica sociale al di fuori di ogni responsabilità di potere è una cosa, tramutarla in un governo fatto di atti concreti è un’altra.
I Fratelli Musulmani arrivano democraticamente al potere in Egitto ed iniziano ad essere quello che sono: un movimento portatore di una visione estremista della loro religione che mira a riformare la società che guida. Lo fanno con il radicalismo delle loro idee e dei loro comportamenti. Non si pongono mai il problema se quello che fanno sia giusto o democratico. Non cercano minimamente di interpretare le idee o le istanze degli altri. Nella loro storia oramai quasi centenaria non lo hanno mai fatto. E’ la forza delle loro convinzioni che non lascia margine ai dubbi. La loro democrazia è l’imposizione dei propri precetti religiosi. Chi non si piega ai dettami delle loro regole non rappresenta l’oppositore, ma l’avversario. Così facendo creano un'immediata contrapposizione con le frange laiche della società, alimentando ulteriori tensioni sociali.
A differenza di Ennadha in Tunisia, di fronte al montare del risentimento popolare per le loro imposizioni sociali, i Fratelli Musulmani egiziani non hanno saputo o voluto ridimensionare le proprie richieste religiose o cercare di interpretare i sentimenti di una società laica. Il calo di popolarità che ne è conseguito ha fornito al generale Abdul Fatah al Sisi l’opportunità di ritornare al passato. Questo a differenza proprio di Ennahda che, invece, pur ridimensionata nella sua invadenza politica, mantiene comunque un ruolo importante nelle vicende tunisine. Il ritorno dei militari al potere in Egitto mette fine all'appuntamento con la storia egiziana. La storia finisce qui.
Incroci pericolosi
In Siria i Fratelli Musulmani rappresentavano l’opposizione storica al regime baathista di Bashar al Assad. Potevano coagulare intorno a questo loro primato un ruolo di leadership politica e quindi militare nel tentativo di deporre la dittatura alawita. Tuttavia, non sono riusciti a farlo e dopo un iniziale ruolo di prestigio nelle fila dell’opposizione, si sono ritrovati marginalizzati. Questa volta la colpa non è stata solo della contrapposizione tra laici e religiosi, ma del sopravvento preso dalle frange islamiche estremiste nella conduzione della lotta armata. La Confraternita si è così trovata superata da soggetti più radicali di loro. Perché se gestisci un potere con idee radicali crei tensioni sociali che delegittimano il tuo ruolo di comando (ed è il caso egiziano), ma se vuoi invece tramutare le tue idee religiose in una forza militare chi è più estremista di te ti marginalizza (ed è il caso siriano con il Jabath al Nusra e l’ISIS). L'esperienza in Egitto e Siria hanno messo fine al ruolo centrale dei Fratelli Musulmani: non hanno saputo tramutare il ruolo di opposizione in un ruolo di comando, non hanno saputo dare al proprio radicalismo religioso un sufficiente impeto armato.
In Libia, la Fratellanza è stata per anni perseguitata da Gheddafi che aveva poi raggiunto con loro un accordo: fuori gli affiliati dalle carceri in cambio dell'abbandono della lotta armata. Un patto raggiunto con la mediazione di Hamas che era servito al dittatore libico per isolare ulteriormente la ribellione del Gruppo Islamico Combattente Libico. Presenti nelle fila ribelli, caduto il raìs i Fratelli Musulmani hanno cercato di recitare un ruolo di primo piano nelle successive vicende del Paese. Il caos istituzionale che tuttora avvolge le vicende libiche non gli ha permesso di poter esercitare il proprio peso politico. Ancora una volta le frange radicali che hanno mantenuto un assetto armato(e non politico) hanno preso il sopravvento, come nel caso di Ansar al Sharia in Cirenaica. La caduta di Mohamed Morsi al Cairo ha dato un'ulteriore spallata alle velleità politiche del movimento in Libia, riducendo nel contempo i margini operativi di chi intendesse magari proseguire la lotta via un'opzione militare.
Sulle vicende della Confraternita in Egitto e Medioriente hanno influito anche le politiche dei diversi attori regionali. L’AKP di Erdogan si è schierato al fianco della Fratellanza, altrettanto ha fatto il Qatar. Si è invece schierata a favore dei militari l’Arabia Saudita. Del resto l’esperienza turca di un Islam asservito alla politica è speculare a quella egiziana, mentre il Qatar gioca la sua partita per il prestigio regionale ed internazionale in contrapposizione ai sauditi. Ryad non ha mai condiviso la visione di un Islam politico, il quale è contrario alla filosofia wahabita.
Mahmoud Abbas aka Abu Mazen
Appuntamento con la Storia
Oggi i Fratelli Musulmani sono perseguitati in Egitto o, meglio, sono tornati ad essere perseguitati come erano in passato. Etichettati come organizzazione terroristica, regredito al livello di Hamas a Gaza. Nel contempo, in Turchia gli scandali che stanno colpendo il premier Erdogan ne indeboliscono il ruolo centrale, in Libia e Siria la Fratellanza deve cedere il passo alle frange più estreme ed è marginalizzata. La parabola discendente è completata.
La caduta di Mohamed Morsi in Egitto ha avuto conseguenze anche su Hamas che ne è risultata indebolita. Ed una Hamas isolata negli angusti confini della Striscia di Gaza sa che non può sopravvivere senza i rifornimenti dal Sinai. La fazione palestinese ha prima cercato di trovare una soluzione politica al suo isolamento, sottoscrivendo un accordo di riconciliazione con l’Autorità Nazionale Palestinese guidata da Mahmoud Abbas. Una mediazione che è frutto di tante debolezze: quella di Hamas a causa dell’ostilità egiziana, quella dell’ANP per un negoziato con Israele che non porta da nessuna parte. Il ritorno di Hamas su posizioni radicali e lo sconto militare con gli israeliani sono una tattica suicida di cui non è possibile valutare ancora le conseguenze.
Ma, come detto, sulla pelle dei Fratelli Musulmani si stanno oggi giocando anche le velleità egemoniche di vari Paesi arabi. Nella scontro in atto tra Arabia Saudita e Qatar – Ryad avversa la Confraternita, l'ha recentemente dichiarata “un'organizzazione terroristica” come fatto dall’Egitto, mentre Doha sostiene la Fratellanza – i Fratelli Musulmani sono diventati, loro malgrado, strumento di un gioco più grande di loro. Il dissidio tra Qatar e Arabia Saudita (appoggiata dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrein) pone l'organizzazione sul fronte avverso rispetto all’Arabia Saudita, un circostanza contro i propri interessi e che produce la perdita del sostegno di buona parte del mondo arabo. Anche in Yemen il Partito Al Islah (“Riforma”) che rappresenta l’ala politica della Confraternita in quel Paese si trova al centro del contenzioso tra Doha e Ryad ed è verosimile che a breve questa circostanza porterà a delle conseguenze negative per l’organizzazione.
Allora i Fratelli Musulmani hanno perso un appuntamento con la Storia? Difficile da dirsi perché l'instabilità mediorientale rende precari ruoli e situazioni. Passare dal potere all’opposizione e viceversa è molto facile in questa parte di mondo. Ma se all'opposizione la Confraternita godeva di prestigio e di supporto, quando è passata al potere lo ha fatto in modo improprio e conflittuale perdendo così il credito fin lì accumulato. E questo è un po’ il destino di quelle organizzazioni che nascono in contrapposizione al sistema e quando diventano sistema non hanno sufficiente esperienza o intelligenza politica per farlo.
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