testata_leftINVISIBLE DOGvideo

IL NIGER TRA LO STATO LAICO E LA DERIVA ISLAMISTA


niger

1. Il Niger, pur costituito al 95% da popolazione musulmana, ha realizzato finora uno stato laico evitando l'estremismo di uno stato islamico. Dal 1960 al 1974, all'epoca della prima Repubblica, furono organizzati, sotto l'egida del partito unico PPN-RDA (Partito Progressista Nigerino - Rassemblement De'mocratique Africain) di Hammani Diori scambi con Libia, Egitto, Arabia Saudita e Algeria e fu creata la prima "Associazione Culturale Islamica del Niger" (ACIN), allo scopo di tenere sotto controllo i marabutti e canalizzare la religiosita' della popolazione.

L'ACIN operava attraverso una rete di sedi regionali e locali, senza modificare l'organizzazione religiosa (in maggioranza sunnita, di scuola malikita o legata a confraternite: Khalwatiyya, Sanoussiyya, Qadiriyya, Tijaniyya) e rafforzando il potere dei notabili dell'epoca.

Di Qadiriyya e Tijaniyya si e' gia' detto (a proposito del Senegal); si riportano alcuni dati relativi alla scuola malikita e alle altre confraternite indicate:

  • Scuola Malikita: e' un'antica scuola teologica sunnita di giurisprudenza musulmana, molto diffusa in Africa occidentale; prende il nome dal fondatore Malik ibn Anas e si caratterizza per il suo sforzo di adattamento alle peculiarita' del contesto africano;

  • Khalwatiyya: dall'arabo "khuluwu", "rifugiarsi in un luogo stretto, per attuarvi un ritiro consacrato alla meditazione e alla preghiera". e' presente soprattutto nel nord del Niger, nel villaggio di Tabelot e sui Monti Bagzane;

  • Sanoussiyya: trae il nome dal fondatore Muhammad As-Sanoussi, maghrebino che l'avrebbe creata in Arabia per poi tornare a diffonderla in Libia. Molto presente soprattutto nelle regioni dell'Air, nel nord del Niger, del Lago Ciad e del Fezzan (in Libia), a partire dal XIX secolo. Si e' opposta con grande impegno al colonialismo italiano e francese; soffocata in Niger dal potere coloniale, dopo una ribellione scoppiata nel 1917, perse molti adepti che si avvicinarono alla Tijaniyya.


L'Associazione ACIN ha ottenuto dai Paesi arabi borse di studio, ha inviato studenti nel Maghreb e si e' occupata dell'organizzazione di pellegrinaggi alla Mecca fino al colpo di stato del 1974 quando, durante il regime militare di Kountche' (1974-1988), fu creata una nuova "Associazione Islamica Nigerina" (AIN), il cui scopo era quello di promuovere l'insegnamento delle scienze islamiche e di attribuire ai marabutti la licenza di predica, al fine di marginalizzare i marabutti non in linea con il regime o troppo zelanti. In sintesi l'AIN entrava in tutte le questioni religiose e manteneva rapporti con i Paesi arabi. Nel 1978 il Niger ospito' il vertice dell'Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) e istitui' l'Universita' Islamica di Say, con insegnamento in lingua araba.


Con l'avvento della democrazia nel 1990, i partiti favorirono il moltiplicarsi delle associazioni: 44 associazioni, 132 antenne sparse su tutto il territorio, da quelle apolitiche a quelle create dai Capi delle confraternite, fino a quelle femminili. Queste associazioni sono generalmente improntate alle rivendicazioni dell'identita' religiosa islamica a fronte della laicizzazione rampante della societa'; quest'ultima e' percepita come anti-islamica, specie per i diritti delle donne (ad esempio, la "spartizione egualitaria" dell'eredita' tra figli maschi e femmine mentre le donne, per il diritto islamico, dovrebbero ereditare la meta' delle sostanze rispetto ai fratelli maschi). In sintesi, si afferma un processo critico di re-islamizzazione e di rivendicazione dell'Islam come base della morale pubblica.


A partire dal 2000 la critica a carico delle confraternite si afferma perche' queste cominciano ad essere corteggiate dallo Stato. Il termine "islamik" designa letteralmente tra i tuareg le associazioni che parlano in nome dell'Islam, ma che in realta' sono conniventi con il governo (islamik e' la versione religiosa di "laik", ovvero laico). I religiosi sono sostanzialmente incaricati di divulgare gli orientamenti politici dello Stato usando le associazioni religiose. Lo fanno, ad esempio, dando corso al controllo delle nascite, come pure ad un moralismo di stampo religioso che si propone come "normativo" ed ancora, oppongono l'istituzione di un "femminismo all'occidentale", giudicato in contrasto con lo spirito del Corano e degli hadith.


Un'altra dimensione dell'Islam consiste nella perdita di consenso da parte delle e'lite del Paese un tempo laiche e oggi sedotte dalla retorica religiosa e moralista in quanto il discorso laicizzante, nato in risposta al rischio del fondamentalismo degli anni '90 e all'epoca appoggiato dalle e'lite francofone (educate in scuole statali e laiche), sta facendo perdere loro appoggio.


Attraverso seminari, prediche, conferenze ecc. e altre iniziative finanziate dai ricchi commercianti arabi, l'e'lite si avvicina a un Islam nuovo, in quanto:

  • le associazioni islamiche, accanto alle scuole (madrassa), hanno creato nuove forme di aggregazione e di visibilita' sociale, come gruppi di studio in cui donne, funzionari e studenti si ritrovano per discutere di Islam;

  • per gli altri ceti sociali, la re-islamizzazione delle pratiche quotidiane e' altrettanto eloquente come nelle e'lite. Si ricorre infatti, nei centri urbani, alla produzione/diffusione di DVD, CD islamici e di opere scritte i cui contenuti vengono "democraticizzati" attraverso televisione e radio e i piccoli media;

  • nel circuito dei commercianti si e' sviluppato il fenomeno del mecenatismo religioso, attraverso il quale vengono finanziate moschee e discoteche islamiche, vengono pagate prediche televisive e radiofoniche (in casa e in auto) alla base del proselitismo islamico, con conseguente manipolazione dell'opinione pubblica;

  • anche l'ambiente del mercato e' stato modificato dalle prediche, dai poemi e dai canti islamici che provengono dalle discoteche islamiche, (laddove in precedenza quest'ambiente era dominato dalle musiche maliane o congolesi che si ascoltano ora nei bar e nei dancing); i DVD si occupano ora di atti concreti, mostrando ai bambini come recitare le preghiere e alle donne come indossare l'hijab.


2. Nel 1990 peraltro si e' affermata in Niger una nuova corrente riformista, di origine nigeriana, detta Izala, che trae origine dall'arabo "izalatul bid'a wa iqamat al-sunna" (estirpare le innovazioni per far trionfare la tradizione profetica). Gli adepti si identificano con il nome di Ahl al-sunna ("quelli della sunna") o yan Izala o yan-Wahabia (wahabiti).


Il movimento Izala ha cominciato a svilupparsi in Niger nel 1987 con il successore di Seyni Kountche', Ali Saibou; si e' organizzato nel periodo della transizione (1990-1993) e nel gennaio 1993 e' nata l'associazione "Adin-Islam", con lo scopo di purificare la pratica dell'Islam in Niger dalle innovazioni (bid'a) e da forme negative di associazionismo (shirk) di cui sono responsabili le confraternite, in particolare la Tijaniyya.


Gli izalisti sono contrari:

  • al culto dei santi e delle loro tombe;

  • alle esagerazioni del culto del Profeta (la lettura assidua di poemi in suo onore e la pratica del "maraboutage", come portare amuleti che associano versi coranici ad altri ingredienti), arrivando a chiamare "kafr" (infedeli) i membri delle confraternite e a rimettere in discussione i loro rituali (battesimi e matrimoni) e i comportamenti reverenziali eccessivi degli adepti nei confronti dei maestri.

La risposta della Tijaniyya non si e' fatta attendere: Izala e' stata definita associazione eretica al soldo dei wahhabiti e non sono mancati episodi violenti:

  • nel 1994 a Maradi sono state distrutte lapidi e asportate coperture di cemento (per gli izalisti le tombe non devono essere fatte di cemento e tanto meno ornate);

  • sempre a Maradi, un marabutto ha predicato alla radio in favore del codice di famiglia dello Stato; gli izalisti hanno risposto attaccando la sede dell'emittente causando danni materiali;

  • nel 2005, a Tillaberi, uno scontro con estremisti islamici ha comportato la cacciata degli izalisti dal villaggio; le loro mogli sono state torturate.

Gli izalisti, in particolare, escludono l'intermediazione tra Dio e gli uomini a differenza dei membri delle confraternite che credono nei poteri spirituali dei loro cheikh; inoltre:

  • gli izalisti giudicano corrotte le pratiche tradizionali come la wasifa (riunione dei tijanisti intorno a un tessuto bianco per celebrare il compleanno del Profeta);

  • gli stessi hanno cercato di impedire la festa del Moloud sostenendo che tale avvenimento faciliti condotte peccaminose.

niger cloth

Altri gruppi legati all'Islam riformista sono presenti sulla scena nigerina:

  • il movimento Kala-Kato, che riconosce solo il Corano e non la Sunna;

  • la Goungouni, che prevede la stretta applicazione della shari'a, sotto la guida del loro capo Mano Ibrahim.


Si evidenzia infine che il movimento Izala ha preso le distanze dal piu' noto movimento Boko Aram, nato in Nigeria in seno a un gruppo izalista.


3. In conclusione, a differenza del Senegal, il futuro del Niger appare alquanto vulnerabile; potrebbe essere il primo Paese, dopo il Mali, a "prendere fuoco" sotto i colpi della nebulosa legata ad "al-Qaeda nel Maghreb Islamico" (AQMI), in quanto:

  • si vedono troppe "barbe" in giro in questi ultimi tempi (potrebbero essere "cellule islamiche dormienti");

  • anche i pacifici allevatori peul/bororo del Niger sarebbero andati in Mali ad arruolarsi nel "MUJAO" (il Movimento per l'Unicita' del Jihad in Africa Occidentale);

  • in caso di invasione, il Paese, a differenza del Mali, dovrebbe difendersi "in proprio" contro forze superiori di numero ed anche ben armate.


A tale proposito, un ulteriore intervento militare francese nella regione - questa volta a sostegno del governo di Niamey (in caso di degenerazione della situazione in Niger), se non da escludere a priori, e' quanto meno difficilmente ipotizzabile. Si considera al riguardo, sia pure sommariamente, l'intensa attivita' "muscolare" francese nelle regioni del suo ex impero coloniale e nelle immediate adiacenze; in particolare:


  • l'estensione della cosiddetta "primavera araba" in territorio libico (con annesso sostegno militare, in termini di interventi aerei, missilistici e di reparti speciali) e' stata un'invenzione del governo francese, le cui motivazioni vanno ricercate, in ordine crescente di importanza:

. nell'urgenza dell'allora Presidente Nicolas Sarkozy di riguadagnare terreno rispetto all'avanzata dell'estrema destra di Marine Le Pen (figlia di Jean Marie), nella prospettiva delle successive elezioni presidenziali del 2012 (in cui, peraltro, e' stato sconfitto dal candidato socialista François Hollande);

. nell'aspirazione - approfittando del crollo del regime di Geddafi - di "subentrare" all'Italia nel suo "giardino di casa" (in considerazione dei rapporti preferenziali tradizionalmente intercorrenti tra l'Italia e il Colonnello libico) e "intascare gli utili" in termini politico-economico-energetici;

. nella volonta' di affermare la propria presenza in nord-Africa, anche (e soprattutto) a scapito dell'alleato americano, che e' stato letteralmente trascinato obtorto collo nell'avventura libica; un'operazione del genere non si improvvisa in poche settimane, ma rientra in un preciso programma strategico di lungo periodo;


  • l'intervento militare in perfetto stile neo-coloniale (ma forse sarebbe meglio dire semplicemente "coloniale", visto che, come una volta, si e' mosso l'Esercito), con tanto di truppe corazzate, per salvare il governo di Bamako (Mali) dall'avanzata dei miliziani islamisti (peraltro, alquanto divisi tra loro) e le relative affermazioni in loco del Presidente Hollande in merito al fatto che la Francia rimarra' in Mali fino alla completa normalizzazione della situazione (chi conosce un po' il linguaggio della politica, sa cosa significa… a maggior ragione se si considera che la situazione politica in Mali non era "normale" neanche prima dell'attacco jihadista);

bomb libya
bombe francesi in Libia
  • i fallimentari interventi di reparti speciali francesi per la liberazione di ostaggi (compreso l'agente del contro-spionaggio in Somalia, conclusosi con la morte dell'ostaggio e di due agenti speciali);


  • la consistente presenza militare "attiva" francese in Costa d'Avorio, risalente al 2002 (per inciso, quando nel 2003 il mondo "si strappava i capelli" per l'intervento militare americano in Iraq, i paracadutisti francesi aprivano il fuoco sulla folla all'aeroporto di Abidjan), con gli attuali 500 uomini, senza contare gli oltre 2000 in Africa Centrale.


In un simile contesto di "interventismo" politico-militare da parte della Francia, un ulteriore intervento militare francese in Niger, oltre a destare preoccupazione nella comunita' internazionale, potrebbe andare a "pestare piedi molto sensibili", soprattutto di Washington, a spese della quale il neo-espansionismo francese in Africa si sta realizzando. Che la Francia intenda riaffermare la propria autorita' nel suo ex impero coloniale e' comprensibile, ma un conto e' inviare un commando di paracadutisti a svolgere un'operazione speciale in una "repubblica delle banane", un altro e' spedire una divisione meccanizzata a "scorrazzare" per tutta l'Africa occidentale!

Ma per tornare all'aspetto politico-religioso, e' stata proprio l'imposizione della secolarizzazione e della laicizzazione occidentali nel mondo islamico - come in tutto il terzo mondo, del resto - a incentivare e, in alcuni casi, a creare fenomeni di reazione estremistici e violenti che, sapientemente utilizzati da leader che sfruttano la religione per fini politici, hanno portato al cosiddetto "jihadismo".

L'imposizione dei propri modelli culturali - in questo caso occidentali (vogliamo chiamarla "globalizzazione"?) - rientra in quella strategia, antica come la politica, che oggi si e' soliti definire "soft power"; ma e' una strategia tanto efficace quanto delicata da applicare: se non si fa attenzione, c'e' il rischio che la reazione a questa "invasione culturale" non sia altrettanto "soft"!


Tra l'altro, va considerato che il "nemico" puo' essere cosi' accorto da utilizzare quegli stessi strumenti di penetrazione culturale adottati dall'Occidente contro l'Occidente stesso: ci si riferisce ad apparati ad alta tecnologia, che oramai non sono piu' soltanto la radio e la televisione, ma i social-network e tutti quegli altri dispositivi legati all'universo dell'informatica che, sebbene siano all'avanguardia della tecnologia, vengono utilizzati in maniera straordinariamente efficace per propagandare messaggi talvolta "medievali". E quanto piu' lo strumento di comunicazione e' innovativo, tanto piu' il messaggio medievale e' facilmente recepito.

In definitiva, paragonando l'espansione dell'estremismo jihadista ad una epidemia, l'azione di contrasto non va ricercata in quegli strumenti che vanno a rafforzare il virus, rendendolo addirittura "mutante" (perche' muta e si rafforza in ragione del farmaco che viene utilizzato - vedansi i salafiti che, per diffondere l'Islam piu' tradizionalista, utilizzano internet) nonostante "vaccinazioni di massa" di laicita' occidentale, con o senza il "condimento" (talvolta ipocrita) della "democrazia", e che vanno a provocare e a diffondere proprio quell'epidemia che pretendono di combattere (se veramente la vogliono combattere!). Del resto, in caso di epidemie, le case farmaceutiche "si fregano le mani", perche' hanno l'opportunita' di arricchirsi ulteriormente con la vendita dei vaccini. Ma questo discorso ci porterebbe molto lontano.

Se vogliamo aiutare l'Islam e, in definitiva, noi stessi visto che poi ne paghiamo le conseguenze, contro il diffondersi di questa epidemia, bisogna rafforzare il suo sistema immunitario: l'Islam religioso (da non confondere con quello politico-radicale) ha in se' i suoi anti-corpi per far fronte al diffondersi del virus; e le confraternite dell'Africa occidentale che abbiamo considerato in questo lavoro ne sono la dimostrazione. Ma e' responsabilita' (e anche nell'interesse) di noi occidentali che questa epidemia non si trasformi in una "pandemia"!



r