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IL PERCHE' DEL NIGERGATE


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La pagina iniziale dei documenti del Nigergate

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L'episodio giornalisticamente etichettato come il Nigergate si riferisce ad una informativa su un presunto acquisto di uranio per un altrettanto programma nucleare iracheno. Fu una delle chiavi di volta della guerra in Iraq, una delle "pistole fumanti" sulla presenza di armi di distruzione di massa a Baghdad. Era il 28 Gennaio 2003 quando il presidente George W. Bush affermava che "Saddam Hussein ha recentemente ricercato ingenti quantitativi di uranio in Africa". Era una balla, ma due mesi dopo servi' a giustificare l'invasione statunitense. Per capire come si arrivo' a quel dossier e' necessario contestualizzare l'evento.

L'impero del male

Dopo l'attentato terroristico alle Torri gemelle l'11 settembre 2001 gli Stati Uniti decidono di intervenire contro quelle organizzazioni e quegli Stati considerati coinvolti, a diverso titolo, nel terrorismo internazionale. A parte Osama bin Laden, mandante dichiarato dell'attentato, entrano nel mirino di Washington l'Afghanistan, a buon titolo perché offre ospitalita' e rifugio al leader di Al Qaeda, e, inopinatamente, anche l'Iraq.

Saddam Hussein diventava improvvisamente l'emblema dell'impero del male e veniva accusato - a torto - di essere implicato nel terrorismo islamico internazionale. Tutto si poteva dire di Saddam, da decenni al vertice di una dittatura laica, ma non che guardasse di buon occhio il mondo religioso. Da una parte si confrontava con una opposizione sciita, sostenuta dagli iraniani, dall'altra fronteggiava l'ostilita' del mondo religioso sunnita veicolato e finanziato dai sauditi. Lui poi con Osama bin Laden o con Al Qaeda non aveva mai avuto niente a che fare. Non apparteneva al suo mondo o al suo modo di pensare o agire.

Ma Saddam era diventato il male. Gli venne contestato il suo coinvolgimento in un programma nucleare, fu accusato di volersi dotare di un'arma atomica. Piovvero richieste di ispezioni internazionali, minacce, sanzioni, a cui Saddam Hussein rispose il piu' delle volte in modo negativo non tanto per nascondere i suoi programmi nel settore delle armi di distruzioni di massa (che le inchieste dimostreranno di non esistere), ma per orgoglio nazionale e per quell'approccio un po' brutale e prepotente che contraddistingueva l'uomo ed il nazionalista. Altro suo difetto comportamentale derivava dalla scarsa cognizione del mondo circostante, dall'influenza dell'opinione pubblica internazionale, dal bisogno di coltivarsi amici o combattere mediaticamente i nemici.

Gia' aveva sbagliato quando aveva attaccato ed invaso il Kuwait nell'agosto del 1990. Avrebbe potuto ottenere lo stesso obiettivo di conquista dell'emirato utilizzando mezzi piu' sofisticati - un colpo di Stato, fomentare l'opposizione con armi o soldi - che non intervenire con delle divisioni meccanizzate ed invadere il Paese. Era cosi' ampio il divario di forza tra i due Paesi che ogni altra alternativa all'invasione militare era facilmente percorribile. Nel mondo arabo l'emiro Ahmad al Jaber al Sabah non godeva certo di una buona reputazione, essendo ritenuto un personaggio arrogante e ricco e questa circostanza era risultata molto evidente durante l'invasione quando i giordani ed i palestinesi manifestavano la loro gioia per strada.

Ma nel 2001-2003 Saddam Hussein non aveva colpe specifiche, se non quella di essere ancora al potere dopo la prima guerra del golfo. Aveva perso la guerra nel 1991 contro gli Stati Uniti ed i suoi alleati, aveva subito l'invasione delle truppe alleate, ma George Bush senior (o meglio George Herbert Walker Bush) per un errore di calcolo politico-militare non aveva autorizzato le truppe americane a proseguire l'invasione fino a Bagdad pensando, erroneamente, che una cosi' sonora sconfitta del dittatore avrebbe sicuramente favorito la sua defenestrazione o eliminazione.

Saddam Hussein rimaneva cosi' al potere, mentre George Bush senior, anche per quell'errore iracheno, perdeva nel 1993 la riconferma del suo mandato presidenziale.


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Saddam Hussein

Sogni di gloria

Ma ritorniamo nel 2001: il 20 gennaio di quell'anno viene nominato Presidente il figlio di Bush padre, George W. Bush o meglio conosciuto come Bush Junior. Subisce l'attentato alle Torri Gemelle, caratterizza in chiave interventista tutto il suo mandato presidenziale e scatena la guerra al terrorismo. Di nuovo punta l'indice accusatorio verso Saddam Hussein, pretestuosamente per il suo coinvolgimento nel terrorismo islamico internazionale, emotivamente (perché dietro alla politica di un Paese c'e' sempre un uomo con le sue debolezze, sentimenti o risentimenti) perché il dittatore aveva commesso il peccato mortale di aver affossato, in quota parte, la carriera del padre.

E' qui che si inizia a costruire quell'impalcatura di presunte prove e indizi che possano permettere al Presidente degli Stati Uniti di giustificare una guerra contro l'Iraq. Ed e' proprio in questo contesto che entra in gioco l'Italia e la storia del Nigergate. E' un'Italia che ha stretti legami con gli Stati Uniti, anche in virtu' di quel legame di amicizia instaurato tra il Presidente Bush ed il Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi, anch'egli ritornato alla guida del governo italiano nel 2001. L'amicizia tra i due uomini politici e' un evento di dominio pubblico ed e' ben pubblicizzata.

Ma c'e' anche una terza persona che entra in gioco ed e' il nuovo capo del SISMI, il Servizio italiano di intelligence deputato alla ricerca all'estero, nella persona del Generale Niccolo' Pollari. Pollari e' nominato da Berlusconi - sembra anche con qualche dubbio - capo dell'intelligence militare il 15 ottobre 2001. Gli viene dato ampio mandato di combattere il terrorismo internazionale. Il SISMI (oggi, dopo la riforma dei Servizi, ha cambiato nome in A.I.SE.) e' un organismo che opera sotto la responsabilita' del Primo Ministro che poi generalmente nomina e delega, per le questioni di controllo e coordinamento, un Sottosegretario.

La buona reputazione di un capo dei Servizi italiani e' molto legata alle benemerenze che altri Servizi stranieri veicolano politicamente nei contatti bilaterali. Soprattutto la C.I.A. ed il Mossad. E' una circostanza che il Generale Pollari conosce molto bene e che consciamente o inconsciamente intende sfruttare. Perché il disegno di Niccolo' Pollari e' di piu' lungo respiro che non il comando del SISMI. Il suo vero obiettivo e' diventare il primo Comandante della Guardia di Finanza proveniente dal Corpo dopo una presumibile riforma di legge. Sta gia' lavorando in questa direzione favorendo, prima sottobanco e poi piu' ufficialmente, un nuovo Comandante della Finanza nella persona del Generale Roberto Speciale.

I due si erano conosciuti quando Speciale era Sotto Capo di Stato Maggiore dell'Esercito (incarico ricoperto dal 1999) e Pollari vice Direttore del CESIS. Il sodalizio si completera' nell'ottobre del 2003 quando Roberto Speciale verra' nominato Comandante della Finanza contrariamente alla terna fornita dallo Stato Maggiore dell'Esercito sulla base di titoli e anzianita'. Ma Niccolo' Pollari, grazie al suo instaurato afflato con il Primo Ministro pro-tempore, fa cambiare i valori in campo e aiuta Speciale. Gli amici si aiuteranno nel tempo con una serie di favori incrociati, sia a livello professionale (circa 850 finanzieri entreranno nel Servizio), ma anche a livello personale o meglio familiare.

La "pistola fumante"

Ma torniamo alle circostanze degli anni 2001-2003. Berlusconi e' amico di Bush Junior, Niccolo' Pollari ha mire di lungo respiro ed ha tutto l'interesse a coltivare i suoi sogni favorendo quelle persone e quelle entita' che lo possono agevolare. Ecco allora che assecondare la C.I.A., fatto ricorrente per tutti i Capi del SISMI, diventa imperativo. Aiuta la C.I.A., acquista benemerenze da Berlusconi, coltiva la sua carriera in prospettiva.

Dopo l'attentato del settembre 2001 gli americani dedicano le loro energie alla lotta al terrorismo. La C.I.A. viene autorizzata anche alle operazioni sporche come le "extraordinary renditions", il ricorso alle torture e alle carceri segrete. Tutto e' lecito nel perseguimento di questa lotta al terrore. E' una impostazione che viene appoggiata anche da altri Paesi che condividono con gli Stati Uniti la preoccupazione per il terrorismo islamico (e su questa tendenza si inserira' il caso di Abu Omar, alias Hassan Mustafa Osama Nasr, rapito a Milano il 17 febbraio 2003).

Non ci sono dubbi sul coinvolgimento dell'Afghanistan che ospita Osama bin Laden (che viene subito attaccato), ma non per l'Iraq. Occorre una sinergia di intelligence per scoprire (o creare) tutte quelle circostanze che possano giustificare un attacco militare americano contro Saddam Hussein. Ovviamente e' un problema che, di riflesso, interessa anche il SISMI. Bisogna trovare la cosiddetta "pistola fumante", la prova incontrovertibile delle mire nucleari irachene.

Qui entrano in gioco tutta una serie di personaggi, depistaggi, disinformazione che, in maniera incontrovertibile, ha poi portato alla luce una inchiesta giornalistica di Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo sul giornale "La Repubblica" nel 2005.

Sono attori di un thriller una fonte inaffidabile, una informatrice presso l'ambasciata nigerina di Roma, notizie e smentite che si accavallano sulla stampa e nella cooperazione tra Servizi stranieri (l'MI-6 inglese, la D.G.R.E. francese ed ovviamente la C.I.A.), ma il cui protagonista principale rimane, nel suo attivismo un po' ostentato e poi smentito (quando poi i fatti hanno incontrovertibilmente dimostrato che era tutta una bufala), il SISMI di Niccolo' Pollari.

Una recita a soggetto di una commedia internazionale - meglio una spy-story - la cui trama si e' poi sviluppata sugli interessi personali degli attori e non sull'oggetto del contendere.

In questo gioco delle parti anche la stampa fa la sua parte facendosi strumento per veicolare notizie volutamente disinformanti sul circuito mediatico a scopo di accreditare verita' non dimostrate, ma soprattutto per divulgare dubbi, sospetti ed accuse non ulteriormente dimostrabili. Basterebbe citare l'inchiesta pubblicata sul "New York Times" del settembre 2002 in cui la giornalista Judith Miller parlava di tubi di alluminio di cui Saddam Hussein si sarebbe fornito per costruire la bomba atomica. O la storia pubblicata dal settimanale "Panorama" sulla presunta fornitura di uranio grezzo (yellowcake) dal Niger all'Iraq.

Ovviamente molta disinformazione ha avuto anche matrice politica sempre nell'obiettivo di accusare l'Iraq: l'ambasciatore americano John Negroponte in un intervento alle Nazioni Unite, il Presidente George Bush nel suo intervento del gennaio 2003 sullo "State of the Union", lo stesso Segretario di Stato Colin Powell. Quest'ultimo poi aveva avuto il compito, durante un memorabile intervento alle Nazioni Unite il 5 febbraio 2003, di mostrare al mondo le prove inconfutabili del coinvolgimento iracheno nel programma delle armi di distruzione di massa.

Ma a parte l'inequivocabile inattendibilita' del dossier sull'uranio nigerino, tutti hanno interesse a credere il contrario. Soprattutto i due attori principali: gli U.S.A. che vogliono fare la guerra a Saddam Hussein e Pollari che vuole ricavare da questa operazione tutta una serie di benefici contatti e di benemerenze. Non e' tanto la C.I.A. che interessa al Generale, ma soprattutto quei vertici politici che girano intorno a Bush e che possono potenzialmente determinare quella "captatio benevolentiae" a cui lui aspira. Niccolo' Pollari ha varie tessere nel suo mosaico relazionale che possono aiutarlo nelle sue entrature statunitensi: non solo il dossier ma anche agganci con persone influenti della stampa italiana e americana. Ha all'interno del Servizio anche chi lo aiuta in questo. Anche perché lui non parla una parola di inglese e non puo' ricorrere a tutti quei sofismi linguistici che tanto supportano le sue scaltrezze.

Il dossier lo mette in contatto con personaggi altolocati del Pentagono e dello staff del Segretario alla Sicurezza nazionale Condoleeza Rice e si muove con il supporto di giornalisti influenti della stampa americana. Il Capo del SISMI nel settembre del 2002 si incontra con Stephen Hadley, vice di Condi Rice. Tutti cercano la "pistola fumante" e lui la fornisce. Gode anche dell'appoggio dell'allora capo della C.I.A., George Tenet, in caduta di consensi dopo l'attentato delle Torri Gemelle e con il bisogno di procurare ai propri capi cio' che loro vogliono. Ognuno subordina la ricerca informativa all'interesse privato.


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Niccolo' Pollari

Un castello di carta

Non tutto pero' va nel verso giusto. Al coro di accuse contro Saddam c'e' una voce contraria. L'Amministrazione U.S.A. aveva delegato un ex ambasciatore, Joseph Wilson, per indagare sulla pista irachena-nigerina. Il diplomatico, nel febbraio del 2002, consegna un rapporto in cui, in maniera inequivocabile, smentisce le informazioni sull'acquisizione di uranio da parte di Saddam Hussein. Ma questo rapporto non altera le convinzioni del Presidente George W. Bush e di chi lo assecondava. Il Dipartimento di Giustizia dovra' pero' indagare su una fuga di notizie perché, non casualmente, era stato rivelato il nome di un'agente della C.I.A. che, non casualmente, era proprio la moglie dell'ambasciatore Wilson, la signora Valerie Plame. E molti, non casualmente, pensano che la fuga di notizie sia proprio venuta dall'Amministrazione americana.

Niccolo' Pollari e' un personaggio alquanto scaltro: fa ma non lo vuole fare vedere. E' anche prudente perché, come un po' tutte le patacche, l'informativa sul Niger nasconde un margine non accettabile di rischio. E' suo preciso interesse che l'origine dell'informativa non appaia, almeno sul piano mediatico, chiara. Viene aiutato in questo dal rimbalzarsi della storia del Niger su vari organi di stampa e negli uffici di vari Servizi. Quando interpellato dal Comitato Parlamentare per Controllo dei Servizi Segreti (COPASIR) sulla questione del Niger non parla - almeno alla prima audizione - di prove documentali, ma di informazioni. Come dire: voci, notizie non confermate. Il altre parole si trincera dietro una cautela semantica. In seguito, invece, sara' molto piu' disinvolto perché questa volta, a suo dire, avra' le prove documentali sull'acquisizione irachena di materiale per sistemi missilistici. Si tratta di tubi di alluminio. Quello che viene etichettato come materiale "dual use". Ma adesso di "use" ne ha sempre uno solo: quello bellico.

La scaltrezza di Niccolo' Pollari va ben oltre le parole. Quando non si sente sicuro si nasconde dietro la tacita accondiscendenza dei suoi superiori, non lascia mai niente al caso. Lo fara' anche in questo caso ed alla fine i suoi superiori saranno costretti a difenderlo. Quando si accorgera' che l'informativa del Nigergate ha assunto toni grotteschi che possono pericolosamente danneggiare il suo sogno di carriera, soprattutto nel farsi accreditare l'origine di una patacca usata per dare il via ad una guerra, il Generale sente il bisogno impellente di defilarsi. E lo fa appoggiandosi ancora una volta - e come poi accadra' nel processo per il sequestro di Abu Omar - al segreto di Stato grazie alla consueta compiacenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per i Servizi Segreti, Gianni Letta. Ma Niccolo' Pollari fa di piu': rilascia una intervista nel 2004 e accusa i Servizi francesi di essere loro gli originatori del dossier.

Tentativo maldestro perché erano stati proprio i francesi, quelli della D.G.S.E. (Direction Generale de la Securite Exterieure), i primi critici del dossier Niger rimbalzato nella catena dei contatti tra Servizi. Chi meglio dei francesi sapeva che le miniere nigerine, da cui gli stessi francesi acquisiscono il 26% del fabbisogno nazionale di uranio per alimentare le loro centrali nucleare sotto la stretta gestione e controllo di una societa' francese, la AREVA , non potevano sicuramente fornire niente a nessuno, tantomeno quell'iperbolica quantita' (500 tonnellate) di yellow cake ipotizzate nel dossier. E se poi qualcuno avesse tentato veramente di trasportare dalle miniere di Arlit o Akouta verso l'Iraq tutto questo quantitativo di uranio, una cosa del genere poteva passare inosservata nell'attraversamento di altri Paesi o nell'utilizzo di trasporti aerei?

Una bugia mortale

Ma tutti quei dubbi cosi' evidenti e macroscopici che avrebbero dovuto consigliare tutti gli addetti ai lavori che si sono confrontati sul dossier ad usare cautela o dissociarsi non hanno trovato mai udienza.

La storia del Nigergate ha favorito la guerra in Iraq e cosi', nel tempo, ha prodotto poi tutta una serie di conseguenze e controindicazioni: una guerra inutile, sbagliata, che ha creato nel Paese anarchia ed instabilita' che continua ancora oggi dopo dieci anni, un Paese distrutto e percorso dalla violenza settaria, gli oltre 4.400 morti americani, i 35 morti italiani, le centinaia di migliaia di morti iracheni di cui la maggioranza civili, una regione percorsa dai venti di una rivolta sociale caratterizzata da una colorazione religiosa, il terrorismo islamico che si e' diffuso esponenzialmente. Il tutto non ha tra l'altro nemmeno prodotto quella tanto decantata esportazione della democrazia tanto cara alla retorica del presidente americano George W. Bush.

Certo, non e' stato solo il dossier del Nigergate a fare decidere il Presidente Bush di andare alla guerra contro Saddam Hussein. Lui aveva gia' deciso. E' stato pero' uno dei tasselli su cui si e' costruita una impalcatura di menzogne per giustificare l'intervento armato.

Ma tra tante disgrazie c'e' anche chi ci ha tratto un guadagno diretto da questo imbroglio di intelligence: chi ha confezionato con il personale alle proprie dipendenze il dossier e' oggi un altissimo dirigente dell'A.I.S.E.; chi ha procurato contatti a Niccolo' Pollari nell'establishment americano e tra i giornalisti italiani e d'oltreoceano e' anche lui un importante dirigente dell'A.I.S.E..

Oltre al povero Saddam Hussein che ci ha rimesso la vita o Pollari che ci ha rimesso in prospettiva le ambizioni di carriera, entrambi quindi non hanno certo tratto giovamento dal Nigergate, ma qualcuno alla fine ne ha tratto un beneficio che dura tuttora.