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OBAMA VERSO LA FINE DEL PRIMO MANDATO


Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama


Considerevole attenzione viene posta da parte del Presidente Obama, in questi ultimi mesi del suo primo mandato, ai Paesi dell'Eurozona e ai connessi sviluppi della crisi economico-finanziaria europea i cui contraccolpi inevitabilmente si fanno sentire anche sul sistema finanziario degli Stati Uniti, in un periodo in cui Obama e' impossibilitato ad agire, preso dagli impegni prioritari della campagna elettorale del 6 novembre prossimo ( per il secondo mandato ) ed anche per la scarsa operativita' in questo periodo finale dei membri del Congresso e di quelli della Casa Bianca; a questo punto infatti il Presidente e' definito con l'appellativo di "lame duck" (anatra zoppa).

Il contagio

L' attenzione scaturisce dal possibile contagio tra i due sistemi - europeo e statunitense - in una situazione politica peggiorata per gli USA, a partire dal novembre 2010, quando la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti e' passata dai democratici ai repubblicani; le compagnie di rating infatti, gia' intervenute negativamente contro due dei principali istituti bancari americani (Bank of America e  Citygroup), sono pronte a fare altrettanto per altri tre istituti (JP Morgan Chase, Morgan Stanley e Goldman Sachs) con le conseguenze che ne derivano sui prestiti (aumento dei tassi) e sulla liquidita' delle banche (prosciugamento di tale liquidita').

In tale contesto l'Eurozona e' diventata  per gli Stati Uniti l'epicentro di tutti i mali, anche se trattasi di una vicenda globale, una "deregulation finanziaria" attraverso lo sfoltimento di vincoli amministrativi e legali che ha:
esaltato la mobilita' dei capitali,
accresciuto il potere delle banche nei confronti della politica,
comportato "bolle speculative" nei Paesi sviluppati (Stati Uniti, Europa e Giappone),
a partire dall'affermazione della Cina, 25 anni fa, nell'economia globale, con gravi conseguenze sociali (aumento delle disuguaglianze, impoverimento del ceto medio e indebolimento delle democrazie) ed economiche (soprattutto l'aumento del peso del denaro, come testimoniano la situazione degli Stati Uniti e quella dell'Italia).

La minaccia del "contagio" ha portato in primo piano il Presidente Obama nei vertici internazionali che hanno preceduto quello europeo (specifico per la crisi finanziaria) di Bruxelles del 28-29 giugno scorso:  Barack Obama, in vista di questo Vertice, ha chiesto ai Paesi europei azioni decisive per interrompere la spirale negativa che lega i debiti delle banche a quelli "sovrani" degli Stati e una maggiore flessibilita' per allungare il piano di rientro della Grecia, mandando cosi' un segnale robusto ai mercati nonostante la resistenza della Germania (opposizione agli Eurobond).

Nonostante il voto pro-Europa della Grecia, non si sono registrati a Bruxelles il 29 giugno scorso risultati eclatanti, ma un minimo di obiettivi da completare con opportune normative per evitare l'estendersi della recessione e ulteriori rischi per l'euro: sicuramente risultati di conforto per il Presidente Obama!

Circolo vizioso

Merita considerazione tuttavia il primo passo per separare la crisi delle banche da quella dei debiti sovrani, attraverso le seguenti linee guida dei due fondi salva-stati (lo scudo anti-spread):

- l'ESM ("European Stability Mechanism" che subentrera' all'ESFS-"European Financial Stability Facility") potra' intervenire direttamente per l'emissione di titoli di stato che la Banca Centrale Europea-BCE mentre l'ESFS potra' comprare solamente sul mercato secondario: e' cosi' che un Paese in difficolta' potra' finanziarsi attraverso una procedura formale (memorandum d'intesa), e non piu' alle condizioni del mercato, specie quando i tassi sono troppo alti;

- non si parla piu' della troika (FMI, Commissione Europea, BCE) ma della doika (Commissione Europea, BCE);

- il fondo di dotazione e' di 80 mld di euro con possibilita' di finanziarsi fino a 500 mld, in parte gia' impegnati  (100 mld per la ricapitalizzazione delle banche spagnole; 100 mld per Irlanda e Portogallo, piu' alcune richieste di Cipro e della Slovenia, rispettivamente 10 e 5 mld);

- sul mercato primario saranno possibili acquisti di titoli solo alle condizioni poste dalla Commissione Europea;

- da considerare che l'interruzione del circolo negativo in questione sara' condizionata dall'istituzione di un "meccanismo di vigilanza unico" che, unitamente ai fondi integrati e agli altri provvedimenti per il settore bancario, rappresenta un elemento fondamentale per l'Unione Bancaria Europea cui s'intende dar corso ai fini del completamento dell'Unione Monetaria Europea e dell'Unione Economica Europea, gia' esistenti;

- l'Italia, a detta del Primo Ministro Monti, non attivera' il meccanismo di stabilita' in questione in quanto e' da ritenere in una situazione diversa da quella di Grecia e Portogallo.

Occorre a questo punto procedere alla definizione della relativa normativa di applicazione degli strumenti elaborati nel corso di successivi incontri dei Ministri competenti, come e' anche atteso dagli osservatori USA; a tutto questo far seguire, in una logica scolastica, i non trascurabili "compiti a casa": la revisione delle spese ( "spending review"), la riforma del mercato del lavoro (inaccettabile per l'Italia il tasso di disoccupazione giovanile al 36%) e la disciplina fiscale.

In sintesi, gli osservatori USA prendono con il beneficio dell'inventario le decisioni del Vertice di Bruxelles, evidenziando  preoccupazioni per i seguenti aspetti:

- chiusura della Germania nei confronti degli Eurobond (per  la Cancelliera  Merkel     Eurobond significa "messa in comune" dei debiti sovrani a danno della Germania);

- dubbi sulla capacita' dei Paesi dell'Eurozona di recuperare il divario di competitivita' con la    Germania senza fare ricorso alla svalutazione!

La politica interna

Sul piano interno, sono d'interesse due provvedimenti del Presidente Obama del giugno scorso, riguardanti rispettivamente l'immigrazione e la riforma sanitaria. Il "Dream Act" e' la sanatoria per 800 mila immigrati illegali i quali sono stati "regolarizzati" per un periodo di due anni da un decreto che prende in considerazione l'eta' degli interessati e la permanenza degli stessi negli USA (non aver superato il trentesimo anno; essere arrivati negli Stati Uniti prima del compimento del sedicesimo anno), la condotta civile e militare (aver studiato e aver svolto il servizio militare) e  la buona condotta (non essere incorsi in sanzioni penali).

Hanno beneficiato della sanatoria soprattutto immigrati " latinos" il cui apporto a favore del Presidente Obama nella difficile campagna elettorale per il prossimo novembre sara' decisivo; peraltro i latinos sono in crescita negli Stati in bilico ai fini del risultato elettorale: Florida, Colorado, Virginia, Nevada. Anche se la retorica rilancia il criterio "gli immigrati rubano posti di lavoro", Obama intende lanciare un segnale forte agli elettori in quanto "non e' saggio espellere persone di cui si ha bisogno"; e questo anche se, nel corso del suo primo mandato, le espulsioni siano raddoppiate rispetto al precedente periodo di George W. Bush.

Il secondo provvedimento riguarda la "Riforma Sanitaria" che, con un sorprendente risultato (cinque voti a favore, quattro contrari), ha determinato l'approvazione della legge da parte della Corte Suprema costituita da cinque giudici "conservatori", nominati cioe' da Presidenti "repubblicani", e quattro giudici "democratici", nominati da Presidenti "democratici". La sorpresa e' venuta proprio dal Presidente della Corte Suprema John Roberts, nominato a suo tempo da Bush ,il quale si e' schierato nella circostanza con la "minoranza democratica", consentendo l'approvazione della legge.

Obama ha anche aggiunto che "nel Paese piu' ricco del mondo non e' possibile che la pre-esistenza di una malattia oppure un sopravvenuto incidente costituisca un grave danno per una famiglia" ai fini dell'assistenza sanitaria; questo in opposizione al principio di universalita' contenuto nel suo impianto legislativo:  e' da considerare che " giovani sani" si sottraggono alla spesa della polizza; spesa che cosi' va a tutto carico della popolazione piu'  a rischio.

La Corte Suprema ha anche bocciato le multe a carico degli stati che si  rifiutano di estendere l'assistenza medica ai poveri, il cosiddetto "Medicaid", allo scopo di rispettare l'autonomia degli stati che stanno riducendo i contributi agli ospedali, sotto la pressione della crisi di bilancio.
Il provvedimento, in sintesi, risulta abbastanza impopolare: i piu' gli attribuiscono il rincaro delle polizze (20% di rincaro contro l'inflazione di appena il 2%); dai sondaggi  risulta che un terzo della popolazione e' favorevole  al provvedimento, un altro terzo e' contrario, il rimanente terzo ha idee poco chiare in merito.

Obama  comunque ne esce a testa alta anche se il successo alle prossime elezioni dipende da altri fattori tanto piu' che la destra repubblicana e il "Tea Party" condividono il parere contrario dei giudici della Corte Suprema (conservatori).

La politica estera

In politica estera il Presidente Barack Obama crede in un'America che "non puo' risolvere tutti i problemi del mondo", ma senza la quale "non si risolve nessun problema", mostra grande determinazione contro Teheran per impedire la chiusura dello Stretto di Hormuz alle rotte petrolifere, raddoppiando le navi militari e incrementando la flottiglia veloce nel Golfo.

Ed anche nei confronti del Pakistan, dopo un braccio di ferro durato sette mesi (dall'incidente di novembre 2011 quando un raid aereo NATO provoco' la morte di 24 soldati pakistani) e' stato raggiunto un riavvicinamento (se pure a seguito delle scuse  di Hillary Clinton) tra i due Paesi e soprattutto la ripresa del transito, attraverso il territorio pakistano, dei rifornimenti alle truppe NATO in Afghanistan. A tale proposito la considerazione va  al  Segretario di Stato Clinton che, dopo le incertezze iniziali, ha preso il "passo necessario" per affrontare le sfide dell'America che allo stato attuale guarda maggiormente al Pacifico (in chiave anti-cinese) rispetto all'Atlantico, nella proporzione, in termini di gravitazione, del 60 e 40% rispettivamente.

Nei confronti della Cina Hillary Clinton, nonostante l'ammirazione nei confronti di Pechino per gli sviluppi del settore economico-finanziario, non nasconde la propria diffidenza per il trattamento delle minoranze etnico-religiose, delle donne e dei "diritti civili" piu' in generale. Analogamente nei confronti della Federazione Russa, non ha usato mezze parole contro le elezioni presidenziali  "truccate" del marzo scorso, contro la repressione liberticida, da parte del Presidente Putin, delle pubbliche manifestazioni di dissenso e contro l'appoggio a Bashar al Assad che sta massacrando l'opposizione al regime in Siria. Come pure, nel corso della visita a Kabul (8 luglio scorso), molto autorevolmente la Segretario di Stato USA ha comunicato al Presidente Karzai che l'Afghanistan ha meritato lo status di 15� Paese maggiore alleato degli Stati Uniti, non NATO.

Significativo altresi' il ritorno di un Segretario di Stato USA in Vietnam, dopo la riunificazione del Paese il 2 luglio 1976 sotto Hanoi, la normalizzazione dei rapporti USA-Vietnam del 1995 e il primo accordo di cooperazione militare dell'agosto 2011: lo scopo e' quello di riaprire basi militari USA sia in Vietnam che in altri Paesi dell'ex Indocina, come l' "Airfield  U-Tapao", 150 km a sud di Bangkok (una pista di tre km), per ora "Centro di Pronto  Intervento" contro lo tsunami.

A luglio scorso si e' registrata anche la prima visita ufficiale da parte degli Stati Uniti in Laos, dopo l'ultima di Foster Dulles che risale al 1957, a conferma dell'interesse USA per i Paesi dell'ex Indocina; il Paese fu pesantemente bombardato dagli USA per tagliare i rifornimenti dei nordvietnamiti (Vietcong) che avanzavano, lungo la pista di Ho Chi Minh, verso Saigon; si parla di due milioni di tonnellate di bombe e fra queste 270 mila tonnellate delle tristemente note "bombe a grappolo", molte delle quali rimaste inesplose:  ancora oggi causa di tanti lutti e mutilazioni! La visita di Hillary Clinton, durata solo quattro ore, e' iniziata proprio da un istituto di beneficenza che produce "protesi provvisorie" in legno di bambu'  in attesa di quelle definitive, se mai ci saranno.

Il ciclo di visite di H.Clinton nell'ex Indocina si chiudera' in Cambogia dove e' in programma il vertice dell'ASEAN - Associazione dei Paesi dell'Asia Sudorientale - con finalita' di cooperazione politica, economica e sociale e per la realizzazione di una zona di libero scambio tra i Paesi membri dell'AFTA – Asean Free Trade Area.


L'inviato speciale delle Nazioni Unite Kofi Annan

Quanto alla Siria, a seguito della Conferenza di pace di Ginevra (30 giugno scorso), promossa dall'ex Segretario Generale Kofi Annan nella sua veste di inviato speciale dell'ONU e della Lega Araba, la visita di quest'ultimo a Damasco, Teheran e Bagdad, non ha avuto riscontri positivi, in quanto:

- la proposta di coinvolgere l'Iran nella ricerca di una soluzione pacifica non e' stata accolta. Teheran non appare in condizioni di svolgere un ruolo costruttivo;

- ne' e' stato preso in considerazione il nominativo di un esponente del regime siriano, quale interlocutore, in vista di un eventuale "governo di transizione";

- Kofi Annan ha promosso altresi' l'invio di un "messaggio chiaro", da parte del Consiglio di Sicurezza, alle parti in conflitto (governo di Damasco e opposizione) contenente "minaccia di serie conseguenze, qualora non si dia corso a un cessate il fuoco" .

Non lasciano peraltro ben sperare  sulla fine dell'ormai "guerra civile" in Siria, le dichiarazioni del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, in vista del summit del Consiglio  di Sicurezza dell'ONU e dell' arrivo a Mosca dell'inviato speciale Kofi Annan:

- un intervento militare "esterno" in Siria non e' realistico, dal momento che molti siriani sono  ancora a favore del regime;

- le "pretese radicali" dell'opposizione (il Consiglio Nazionale Siriano), sono inaccettabili: Lavrov  insiste su un ritiro simultaneo delle forze contrapposte.

Intanto le forze del Consiglio Nazionale si stanno avvicinando alla Capitale (e' in corso l'operazione "Vulcano" da parte dell'opposizione armata) occupandone alcuni quartieri periferici e schierando armi di copertura sui piani alti di alcuni edifici residenziali, dopo averne  allontanato gli abitanti; nel corso di un attentato ad opera di infiltrati, nel quartiere bunker di Rawda a Damasco il 18 luglio scorso, sono morti il Ministro della Difesa Rajha e il suo Vice, il Generale Shawkat cognato del Presidente Bashar  al Assad.

Un nuovo "New Deal"?

In conclusione tornando agli Stati Uniti, siamo al periodo del "lame duck" per il Presidente in carica. Vi e' una evidente difficolta' ad assumere/modificare decisioni prese in quest'ultimo periodo a causa del confronto tra i due principali concorrenti all'election day del 6 novembre prossimo che le previsioni definiscono un "testa a testa". Le previsioni per Barack Obama non sono rosee:
- la ripresa economica ha subito un sensibile rallentamento: un ulteriore peggioramento potrebbe
  portare a un punto di non ritorno per Obama;

- il Presidente in carica incontra difficolta' ad acquisire il consenso degli "elettori bianchi" specie dei non laureati; la classe operaia (base dell'elettorato democratico) comincia a votare per i  repubblicani da quando i democratici si dimostrano piu' impegnati per la causa dei "diritti civili" (le ultime elezioni hanno fatto registrare un calo per i democratici dal 3 al 5% dei voti): tale fattore potrebbe essere ancor piu' determinante nella contingenza attuale ( economia in forte calo);

- molti operai "bianchi" sono disposti a credere che la politica a favore dei "neri" si attui a danno dei "bianchi", con sottrazione di posti di lavoro e con peggioramento dei servizi sociali.


Il candidato presidente del partito republicano USA Mitt Romney

Sul fronte opposto, c'e' chi sostiene che Mitt Romney:

- esprima l'1% del Paese ovvero i ricchi,  rispetto al 99% in serie difficolta' economiche, come dimostrano i cartelli della propaganda, nel corso delle manifestazioni del movimento "Occupy Wall Street";

- avrebbe incrementato le proprie fortune attraverso le Compagnie private "Equity" le quali, acquistando societa' finanziarie in difficolta' e riorganizzandole, anche con licenziamenti di personale, le rimettono sul mercato con considerevoli profitti;

- avrebbe beneficiato dei privilegi risalenti al mandato di G.Bush ( sgravi fiscali per guadagni non considerati reddito; aumenti di capitale tassati solamente al 15%); il reddito di Mitt Romney del 2011, 22 milioni di dollari, e' stato tassato solamente al 14%.

Con riferimento a precedenti mandati presidenziali e a ben note dottrine economiche, sembra possibile affermare che l'elettorato statunitense, votando il 6 novembre 2012 per Obama oppure per Romney, scegliera' un sistema economico tipo "New Deal" (come ai tempi di Franklin Delano Roosevelt) oppure  di "austerity". Si ricorre pertanto all'economista John Mainard Keynes: "e' lo Stato che in queste contingenze rilancia la crescita con programmi di investimento pubblico e  con provvedimenti di welfare state (pensioni pubbliche; maggiori diritti per i lavoratori e misure di sicurezza contro la poverta')".

Sussiste tuttavia una differenza tra i due periodi di tempo a confronto:

- ai tempi di F.D. Roosevelt, la minaccia proveniva dalla Unione Sovietica;

- nell'era Obama, la minaccia, sotto forma di "contagio", arriva dall'Eurozona che Romney non esita a definire "una societa' priva di dinamismo, oppressa da tasse e assistenzialismo".

E' il caso di aggiungere che Roosevelt ricorse a partire dal 1937 ad aggiustamenti successivi del "New Deal" che portarono ad una nuova situazione di recessione dalla quale il Presidente venne fuori con la "seconda guerra mondiale". Obama, a differenza di Roosevelt, non sembra disporre di alternative; potrebbe tuttavia adeguarsi alla peggiorata situazione in atto (riduzione dei membri "democratici" del Congresso e  del consenso popolare) mobilitando investimenti privati  a favore della "green economy" e  portando avanti la riforma del "welfare state".