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L'ODISSEA DI UN IMMIGRATO CLANDESTINO (PARTE 2)

mio sangue


Il girone dell'inferno del clandestino si e' sviluppato per anni su questi parametri e circostanza descritte. Sfruttato, arrestato, liberato, arrestato nuovamente ,depredato,  lavoro nero, espulso e cosi' via. A cui aggiungere il disprezzo per il povero, un palese razzismo che si trasforma facilmente in schiavismo, la donna che diventa solo oggetto. Soggetti attivi di questa situazione : la polizia , l'esercito ( il controllo del territorio confinario era responsabilita' delle FF.AA. , poi subentrava una fascia di 15/20 km. gestita comunemente da polizia ed esercito, il resto del territorio di sola competenza della polizia), le guardie carcerarie, la guardia costiera, i servizi di sicurezza.

La violazione dei diritti umani non ha mai costituito per  la Libia di Gheddafi motivo di imbarazzo o di ravvedimento. Talvolta solo un leggero fastidio per questioni di immagine internazionale. Nessuno , a livello internazionale, ha voluto vedere  o sollevare il problema. Con la Libia di Gheddafi ci si e' confrontati solo sugli affari e sul mercato degli idrocarburi.

Una situazione di collusione de facto che ha impedito al nostro Paese di esercitare - almeno dopo l'inizio dei respingimenti - una qualsivoglia forma di pressione sulle autorita' libiche che potesse alleviare in qualche modo le sofferenze dei rimpatriati. Una Italia a conoscenza completa di questo stato di cose (il Ministero dell'Interno aveva/ha dei rappresentanti fissi a Tripoli) ma piu' interessata a minimizzare che ad enfatizzare. Si e' volutamente equivocato tra il termine di clandestino e quello di rifugiato (anche per il semplice fatto che la Libia di Gheddafi non ha mai accettato il termine di rifugiato - ed in tal senso non ha mai ufficializzato l'operato dell'U.N.H.C.R., - per che a tale termine veniva aggiunto l'aggettivazione di "politico").

Bisogna pur dire che , sicuramente , una enorme presenza di clandestini sul proprio territorio ha costituito talvolta problema di sicurezzasociale  per le autorita' di Tripoli . Fintanto che i clandestini transitavano per la Libia ma si imbarcavano per l'Italia, il problema demografico aveva un impatto minore. Con la politica dei respingimenti  si e' creato in Libia un ammassamento di clandestini non piu' in grado di abbandonare il Paese.

Il regime di Gheddafi ha inteso affrontare questa emergenza esacerbando la repressione e cosi' cercando di spingere  i clandestini a lasciare il Paese ovvero a invogliare altri a non  arrivare.
Ma adesso le situazioni sono cambiate .

L'ultimo atto di questo dramma dei clandestini si e' verificato a cavallo della guerra civile in cui molti clandestini africani sono stati confusi come mercenari al soldo del regime e quindi perseguitati o uccisi. Quindi , oggettivamente, di clandestini , in Libia , al momento ce ne sono molti meno.

Quindi non e' chiaro se nella nuova Libia, il traffico di clandestini in transito verso l'Europa, avra' ancora sviluppo . Molto dipendera' dalle autorita' di quel Paese.

GLI ULTIMI SVILUPPI

Recentemente il ministro dell'Interno italiano del governo tecnico e' tornato a Tripoli e senza clamore mediatico, ha firmato ulteriori accordi nel campo dell'immigrazione clandestina, peraltro tenuti riservati nel contenuto.

Ufficialmente e' stato divulgato dal Viminale che gli accordi riguardano la formazione delle forze di Polizia, il controllo delle coste, il rafforzamento della sorveglianza delle frontiere libiche, il rientro volontario dei migranti nei Paesi d'origine. A niente sono valse le richieste di Amnesty International di conoscere nel dettaglio il contenuto di questi accordi.

Comunque - ed e' questo il fatto piu' significativo e purtroppo  piu'  preoccupante - e' che c'e' una sostanziale continuita' nella politica dell'immigrazione clandestina negli ultimi governi italiani: si combatte il fenomeno per interposta persona , ci si focalizza sui mezzi di contrasto, non ci si cura piu' di tanto di quegli aspetti e comportamenti umanitari che tuttora latitano anche nella nuova dirigenza libica.

Per quanto accertato (ma non reso noto) , l'Italia si e' offerta di rimettere in funzione 5 delle motovedette a suo tempo offerte alla Libia. Per la sesta motovedetta, affondata a seguito di bombardamento aereo   da parte delle forze internazionali, sempre l'Italia valutera' la possibilita' del recupero del natante o della sua sostituzione. Quindi il tutto postula che si continuera' come in passato al pattugliamento congiunto ed al respingimento dei clandestini.
Inoltre il Ministero dell'Interno italiano distacchera' in futuro tre suoi funzionari nei porti di Tripoli, Misurata e Benghazi.

L'accenno al cosiddetto rientro "volontario" dei migranti nei paesi di origine significa che viene nuovamente riproposta la discutibile iniziativa che anche in passato vedeva la O.I.M.  (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) curare , con modesti risultati ( ma abbondanti finanziamenti del Viminale) la possibilita' di convincere i clandestini internati nei centri libici a tornarsene a casa dietro piccole profferte finanziarie (comunque a convincere il clandestino non erano allora le profferte finanziarie ma gli abusi  e vessazioni libiche). Evidentemente si intende continuare da parte italiana su questo cliche' di intervento che serve da un lato ad assecondare le istanze libiche ( le autorita' di quel Paese non vogliono tenersi i clandestini sul proprio territorio, una volta che vengono respinti dall'Italia)ma soprattutto a cercare di autoassolversi sul piano morale ( e' vero che l'Italia  respinge un clandestino ma nel contempo gli offre anche i soldi per tornarsene a casa). Di tutto quello che avviene al clandestino tra il respingimento e l'internamento , ancora una volta si stendera' un velo di silenzio. Ne' l'O.I.M. , come in passato , sara' testimone di eventuali soprusi o abusi avendo come finanziatore un ente governativo italiano che non ha interesse politico affinche' questi aspetti emergano.

La formazione delle forze di Polizia era una iniziativa ricorrente anche del governo precedente e serviva soprattutto ad accattivarsi i quadri operativi della controparte libica.

Analogamente il discorso del controllo delle frontiere libiche ripropone un vecchio cavallo di battaglia italo libico in cui Gheddafi richiedeva un sistema radar per i suoi confini meridionali con la scusa di voler  intercettare l'immigrazione clandestina ( ovviamente i radar non sono idonei per monitorare movimenti puntiformi ma questo e' un aspetto su cui l'Italia sorvolava e quindi assecondava le velleita' militari del dittatore ) e dall'altra parte si era ben contenti di affidare una allettante commessa ad una societa' di Finmeccanica ( quindi da parte italiana 350 milioni di euro di buoni motivi di cui una parte finanziati dall'Europa).

Ma se non cambiano le regole , non cambiano gli accordi, se il governo italiano e' sempre propenso ad attuare la stesso approccio sull'immigrazione clandestina,  e' cambiato qualcosa da parte libica? La risposta la danno le  continue denunce di violazioni dei diritti umani che circondano l'attuale dirigenza libica. Nel trapasso dalla dittatura di Gheddafi all'attuale dirigenza , sotto questo aspetto, purtroppo,  nulla e' cambiato. E se questa affermazione e' valida, qualora la Libia rimanga come un opzione territoriale per la transumanza dei clandestini verso l'Italia , la vittima predestinata di questo stato di cose sara' sempre il povero ed indifeso clandestino.