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L'OMAN E IL SEGRETO DELLA DIVERSITA'


oman map

Nel contesto della Penisola Arabica, l'Oman e' un caso a se stante. Non e' coinvolto nella faida tra Sciiti e Sunniti, non ha grosse problematiche sociali interne e mantiene buoni rapporti, o almeno rapporti corretti, con tutti i suoi vicini, per quanto turbolenti questi possano essere. E non e' un fatto casuale che parte degli ultimi negoziati segreti tra gli Usa e l'Iran sulla questione nucleare siano stati condotti, in forma segreta, proprio sul suo territorio e con la fattiva interposizione diplomatica del sultano Qaboos bin Said al Said.

Dell'Oman, infatti, si parla poco, il Paese non fa notizia e difficilmente assurge agli onori della cronaca e, quando questo avviene, non e' certo per i motivi ricorrenti nel resto del Medio Oriente. Tutti litigano su tutto intorno a Muscat, che invece se ne sta in silenzio, forte di una politica estera neutrale che gli consente di dialogare anche con l'Iran.

L'Oman, almeno in linea teorica, e' un Paese piccolo (309.000 km2), ha una limitata popolazione (poco piu' di 3 milioni), produce ed esporta idrocarburi dal 1967 (ma sicuramente in maniera meno incisiva dei paesi limitrofi), ma ha il grosso vantaggio di una posizione geografica strategicamente importante: controlla lo stretto di Hormuz (soprattutto il lato di mare piu' profondo da dove passano le petroliere). Da quello stretto, largo solo 54 km, transitano ogni giorno 15 milioni di barili di petrolio. In altre parole il 25% del petrolio mondiale.

Questo da' all'Oman un peso relazionale ben superiore ai suoi valori demografici o economici. Nei fatti, permette a questo sultanato di muoversi autonomamente in politica estera, nei contesti internazionali, e di tradurre la propria importanza in autonomia decisionale e relazionale.

La domanda a cui si deve dare una risposta e': quali sono i motivi che rendono l'Oman stabile, fuori da ogni contenzioso regionale, con buoni rapporti con tutti, capace di vivere e sopravvivere al di fuori di tutte quelle diatribe sociali o politiche che attraversano la Penisola Arabica?

Le diversita'

Il primo motivo e' di matrice religiosa. Gli omaniti, in stragrande maggioranza (oltre il 75% della popolazione), sono ibaditi, una corrente islamica minoritaria a meta' strada tra sunnismo e sciismo. Una visione dell'Islam moderata, con un forte senso etico in campo sociale e avulsa da approcci estremistici che invece affiorano nelle altre scuole teologiche. Questa circostanza si ripercuote anche sulla politica estera del Paese che si identifica nel ruolo religioso e nel potere temporale assoluto del sultano Qaboos bin Said al Said.

Il secondo motivo risiede proprio nel ruolo del sultano Qaboos. Salito al potere il 23 luglio del 1970 dopo aver defenestrato il padre (poi esiliato in Inghilterra) con un colpo di stato incruento (ed il fattivo supporto inglese), il sultano ha subito dato al suo regno un'impronta modernista sul piano sociale ed economico. Forte dello sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi, l'Oman e' uscito da un isolazionismo conservatore, pur mantenendo quella struttura di potere assoluto che, nonostante una parvenza di moderato libertarismo, e' tuttora inalterata.

Il profilo peculiare dell'Oman ha fatto si' che la cosiddetta Primavera Araba, che ha portato rivolgimenti sociali in molti Paesi del Penisola Arabica, Medio Oriente e Nord Africa, abbia solo marginalmente interessato lo stato del golfo. Dopo limitate manifestazioni di protesta nel 2011, il sultano ha prima promesso - e poi attuato - riforme economiche, introdotto benefici economici per chi era senza lavoro e concesso maggiori diritti politici. Il tutto ha riportato la calma sociale, anche con il parziale, ma limitato, uso della repressione.

Una delle caratteristiche principali di Qaboos e' il pragmatismo con cui gestisce il Paese. Il sultano ha studiato in scuole indiane, a 16 anni si e' trasferito in quelle inglesi, ha frequentato l'Accademia militare di Sandhurst dove ha svolto servizio nell'esercito inglese, ha girato il mondo, e' uomo di profonda cultura, amante della musica classica (ha creato un'orchestra sinfonica che segue e cura direttamente), scrive musica, suona l'organo ed il liuto. Il sultano Qaboos non e', come molti suoi vicini, un beduino arricchito o analfabeta, chiuso al dogmatismo religioso o avulso da un mondo che progredisce. Le sue qualita' sono infatti riconosciute dagli altri leader del mondo arabo.

Un'altra caratteristica dell'Oman sono la cultura, la storia e la tradizione del suo popolo. La maggioranza degli omaniti non sono nemmeno essi di estrazione beduina e nomade (come la maggioranza dei conterranei). Sono navigatori, hanno colonizzato le coste africane (Zanzibar era sotto il controllo dell'Oman), vivevano di traffici commerciali concentrati nell'Oceano Indiano (a differenza dei vicini Emirati Arabi Uniti dove prevaleva invece la pirateria) e sono da sempre aperti al mondo. Questo ha permesso alla monarchia ibadita di restare indipendente a partire dal 1650 una volta cacciati i portoghesi. La sua autonomia e' stata soltanto parzialmente scalfita dal protettorato inglese negoziato nel 1891 fino all'indipendenza nel 1951. I buoni rapporti con il Regno Unito sono stati mantenuti, cosi' come gli stretti legami con gli Stati Uniti.


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  Il teatro dell'opera reale a Muscat

La politica interna e le liberta'

Sul piano interno, l'Oman non si differenzia molto dai regimi circostanti, trattandosi di una monarchia assoluta che, nonostante l'ampiezza di vedute dimostrata dal sultano Qaboos, offre pochi spazi ad una democrazia partecipata o ai diritti civili. Tuttavia, anche in questo l'Oman e' differente dai paesi limitrofi.

Nonostante una legge del 1996 stabilisca che l'Islam e' la religione di Stato, anche altri credi hanno diritto a tenere e gestire luoghi di culto. Vi sono alcune limitazioni al proselitismo, e' prevista la registrazione presso il Ministero per gli Affari e Beni Religiosi e, ovviamente, e' richiesto che non vengano creati problemi di ordine pubblico.

Sul piano dei diritti delle donne, basti notare che queste rappresentano il 30% della forza lavoro in Oman. Le donne sono ministro, hanno diritto di voto e sono rappresentate nel Consiglio di Stato. Il paragone con la confinante Arabia Saudita, dove si dibatte ancora sulla possibilita' di una donna di guidare una macchina e dove soltanto ora e' stato introdotto il parziale diritto di voto femminile, e' particolarmente emblematico. L'alfabetizzazione della popolazione e' anche molto alta: oltre il 90% per gli uomini, ma anche oltre l'80% per le donne.

Sul piano prettamente politico, pur mantenendo saldamente nelle proprie mani le leve del potere - da quello del governo con la politica estera ed economica, al sistema giudiziario, alle forze armate e di sicurezza - Qaboos ha di volta in volta cercato di ottenere una certa condivisione popolare. La Shura (o Consiglio consultivo), struttura equivalente ad un organo di consultazione e tipica anche della cultura ibadita, e' stata progressivamente adeguata alle circostanze ed alle istanze popolari.

Attualmente il sistema parlamentare omanita si basa su di un Consiglio di Stato ("Majlis al Dawla") di nomina reale ed un Majlis al Shura a base elettiva e a suffragio universale per uomini e donne con eta' superiore ai 21 anni. In queste sedi possono essere proposte delle leggi - limitatamente ai soli settori dell'economia e del sociale - che pero' necessitano comunque dell'approvazione del sultano.

Chiaramente i partiti politici sono illegali, il diritto di assemblea e di associazione sono limitati, la liberta' di stampa e' sempre sotto forte tutela (nonostante cio' sono state autorizzate radio e televisioni private fin dal 2004), internet e' ben controllato e i giudici della Corte Suprema sono di nomina reale. E' evidente che non si possa fare niente senza il consenso del sultano, il regime rimane assoluto e autoritario, ma - bisogna sottolinearlo - per gli standard mediorientali e soprattutto grazie al buon senso che anima la reggenza di Qaboos, l'Oman e' un'isola felice nel Golfo Persico.

La controprova di questo e' che in Oman non si e' sviluppato il fenomeno del terrorismo (nonostante la vicinanza con Paesi dove invece esiste) ed i tentativi, peraltro modesti, di opposizione da parte di gruppi islamici risalgono al 1994 ed al 2005. Per ritrovare l'unico vero caso di insurrezione contro le autorita' centrali di Muscat bisogna andare alla ribellione comunista della regione del Dhofar, ai confini con lo Yemen, datata 1965-1975 ed ereditata dalla gestione del padre (da lui deposto) e sconfitta grazie al sostegno militare dello Shah di Persia, del Re di Giordania e degli inglesi. Ma anche in quell'occasione, una volta domata la rivolta, Qaboos applico' l'amnistia ai ribelli e la loro incorporazione nelle Forze Armate.


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Il Sultano Qaboos

L'asset della politica estera

Ma la differenza sostanziale che rende peculiare il ruolo dell'Oman dagli altri Paesi del Medio Oriente risiede soprattutto nella sua politica estera. L'Oman gravita comunque, al pari di molti altri, nella sfera di interessi e protezione degli Stati Uniti. Ma, a differenza di altri, riesce a farlo senza urtare la suscettibilita' dell'Iran. Quindi da un lato ci sono accordi, rinnovati nel tempo, tra Muscat e Washington in virtu' dei quali le forze americane utilizzano basi aeree e navali omanite (Thumrait e Masirah) e stoccano armamenti e scorte in depositi militari. Dall'altro, Muscat e Teheran hanno firmato un accordo di sicurezza (4 agosto 2010) che prevede, tra l'altro, la tenuta di esercitazioni militari congiunte. Un patto precedente risalente all'agosto 2009 era invece dedicato alla cooperazione nella lotta al contrabbando nel Golfo dell'Oman.

Le caratteristiche della politica estera omanita si possono riassumere in tre parole: pragmatismo, non allineamento (ma buon vicinato) e non interferenza nelle vicende altrui, ovvero neutralita'. Non esistono militanze ideologiche in schieramenti precostituiti, ma molta trasgressione diplomatica sulla base di valutazioni strategiche. Di volta in volta Qaboos si schiera dalla parte dove ritiene sia giusto.

Nel 1979 tutti i paesi arabi erano contro gli accordi di Camp David tra Anwar Sadat e Israele ed avevano rotto i rapporti diplomatici con l'Egitto? Qaboos, affrancandosi dal parere della Lega Araba, non lo aveva fatto.

I Paesi arabi conservatori si rifiutavano di allacciare rapporti con l'Unione Sovietica e la Cina? Qaboos e' stato il primo a farlo. Poi pero' quando Mosca ha invaso l'Afghanistan, l'Oman ha subito firmato un accordo per la concessione dell'utilizzo delle proprie basi militari agli Usa (i Paesi arabi confinanti, allora contrari, si sono poi adeguati con le operazioni in Iraq del 1991 e del 2003).

Tutti contro Israele? Nel dicembre 1994 il sultano Qaboos e' stato il primo Paese arabo a ricevere una visita ufficiale di un Premier israeliano, Yitzhak Rabin. Visita poi reiterata da Shimon Peres nell'aprile del 1996. Nel 1995 erano stati aperti uffici commerciali bilaterali (poi chiusi a causa dell'intifada) e, comunque, non vi e' mai stato alcun boicottaggio contro Tel Aviv.

Appoggio al regime sunnita del Bahrein contro la ribellione sciita nel marzo 2011? Si', come tutti gli altri Paesi del Gulf Cooperation Council, ma senza inviare proprie truppe.

Intervento militare internazionale contro la Libia di Muammar Gheddafi? L'Oman si e' mantenuto neutrale senza fornire sostegno, militare o finanziario, ai ribelli. Poi, finita la guerra, ha subito riconosciuto il Consiglio di transizione nazionale. Cambiamento di atteggiamento? No perche' poi ha tranquillamente concesso asilo alla moglie e ai figli di Gheddafi fin dall'ottobre 2012. C'e' un mandato internazionale Interpol su Aisha e Hannibal Gheddafi? No, non verranno consegnati.

L'Oman si tiene lontano anche dalle vicende siriane. Non appoggia il regime, ne' tantomeno le varie componenti dei ribelli (anche se nel novembre 2011 ha votato per la cacciata di Bashar al Assad dalla Lega Araba e l'anno successivo ha chiuso la sua rappresentanza diplomatica a Damasco). Sicuramente non da' armi o soldi a nessuno.

Rispetto all'Iraq, Muscat critica velatamente la dirigenza sciita a Baghdad, anche se poi ha partecipato alla liberazione del Kuwait nel 1990. L'Oman si tiene completamente fuori dall'Afghanistan (offrendo comunque le proprie strutture militari agli americani), mantiene con lo Yemen una diffidenza storica, ma niente piu' (ben se ne guarda, per esempio, dal sostenere la minoranza Huiti localizzata nell'area confinaria e in opposizione al regime di Sana'a).

L'Oman qualche problema relazionale lo ha avuto con i confinanti Emirati Arabi Uniti per dispute territoriali (comunque definite nel 2008 dopo 10 anni di negoziati) e per differenze politiche. Ultimamente, gli arresti incrociati di rispettive spie hanno creato qualche ulteriore dissapore relazionale.

Ma, come abbiamo detto, il vero capolavoro della diplomazia omanita e' nei rapporti con l'Iran. Il sultano Qaboos andava d'accordo con lo Shah e non ha avuto problemi ad instaurare rapporti proficui anche con gli ayatollah. Ha facilitato i contatti tra Usa e Teheran, ha mediato sulla questione del nucleare e ha negoziato tra le parti anche per la liberazione di americani imprigionati a Teheran. I rapporti di buon vicinato fanno si' che l'Oman gestisca e sviluppi assieme all'Iran pozzi petroliferi. Gioca a favore della tranquillita' omanita anche il fatto che la comunita' sciita sul proprio territorio sia numericamente risibile.

L'altro pilastro della politica estera dell'Oman e' la sua partecipazione al Gulf Cooperation Council (GCC). Anche in questo caso Muscat da un lato ha sempre auspicato maggiore integrazione militare ed economica, ma, al contempo, proprio nelle scorse settimane ha respinto con forza un reiterato tentativo saudita di una unione tra tutti i Paesi aderenti. Qaboos vuole mantenere la propria autonomia e non restare imbrigliato in politiche settarie o interventiste.

Il problema della successione

Il problema dell'Oman non e' il suo presente, ma il suo futuro. Una monarchia assoluta si alimenta nella continuita' del potere che, nel caso di Qaboos, non ci sara'. Il sultano ha oggi 74 anni, non e' sposato (salvo una piccola parentesi di matrimonio nel 1976 con una cugina da cui ha poi divorziato), non ha figli e quindi non ha eredi.

Alla sua morte gli dovrebbe succedere un maschio all'interno della famiglia reale, ad oggi composta dalle tre sorelle di Qaboos e vari fratelli del padre (e relativa prole). In linea teorica, sulla linea di successione si troverebbero, per criteri di primogenitura, i tre figli maschi dello zio (defunto) Tariq Bin Taimur al Said. Questi sono Assad, che svolge il ruolo di rappresentante personale del sultano, Shihab, che e' un ammiraglio in pensione, e Haytham, che e' un Ministro. Volutamente Qaboos non ha ancora voluto designare nessuno perche', almeno apparentemente, nessuno ha la caratura politica ed il carisma del sultano.

La Costituzione omanita prevede (articolo 6) che, alla morte del sultano, la famiglia reale si riunisca e designi il successore entro tre giorni. Qualora non si addivenga ad una decisione in questo ambito, si riuniranno il Consiglio di Difesa militare, i capi della Suprema Corte ed i vertici dei due rami parlamentari. Questi apriranno una lettera sigillata dove Qaboos avra' scritto, prima di morire, uno (o due) nomi di possibili suoi successori. Un modo che da un lato garantisce al sultano di evitare, da vivo, una faida dinastica, senza pero' garantire che questo non avvenga da morto.