LA METAMORFOSI
NEGATIVA DEL POLISARIO


La storia del Fronte POLISARIO
(acronimo di Frente Popular de Liberatio'n de Saguia el Hamra y Rio de
Oro) e' una delle tante storie africane dove si inizia con una guerra
per l'autodeterminazione e l'indipendenza (ottenuta dopo un secolo di
dominazione spagnola), si viene invece occupati da una nazione
limitrofa (vedasi la famosa marcia verde del Marocco nel 1975) e
l'irridentismo diventa oggetto di contese regionali (Marocco contro
Algeria) o viene giocate sul tavolo delle sfere di influenza
neo-colonialiste (Francia contro Spagna). La questione del Sahara
Occidentale si e' trascinata all'infinito grazie all'inerzia di un
negoziato condotto sotto l'occhio disattento di una organizzazione
notoriamente inconcludente (la MINURSO dell'ONU) e la voglia di
indipendenza dei Saharawi e' rimasta confinata in pochi campi profughi
dove si sopravvive con elemosine internazionali ed il sogno si tramuta
in indigenza. Oggi il Polisario e' all'ultimo stadio: l'organizzazione
che rappresenta questa giusta causa e' un Partito unico trasformatosi
in uno strumento antidemocratico (che rimarra' unico fino ad
un'ipotetica e forse improbabile indipendenza) dove un Presidente regna
incontrastato dal 1976 (Mohammed Abdelaziz rieletto per l'undicesima
volta nel 2011 con il 96% dei consensi) assieme a tutto il tradizionale
bagaglio di corruzione e clientelismo. Ma l'Africa e' un Continente
dove purtroppo il senso della giustizia, la ricerca della democrazia o
la rivalsa da una poverta' dilagante sono fenomeni rari e non
prioritari e quindi il caso del popolo Saharawi non fa notizia.
Quello che doveva diventare uno Stato indipendente enfaticamente denominato Repubblica Araba Democratica Saharawi (R.A.S.D.) e' oggi uno Stato virtuale dove una popolazione di circa 200mila persone vive in quattro grandi campi profughi a cavallo del confine con l'Algeria denominati con il nomi di quei luoghi che non sono mai riusciti a conquistare e governare (Laayoune, Awserd, Smara, Dakhla) piu' altri due piccoli agglomerati altrettanto enfaticamente denominati ("27 febbraio" dalla data dell'indipendenza dichiarata nel1976 e "Rabouni" l'attuale "capitale"). Una ex colonia spagnola, il Sahara Occidentale, grande 266.000 kmq con una popolazione di circa 1 milione di abitanti di cui la cosiddetta R.A.S.D. controlla eufemisticamente circa un 15-20 % di territorio.
Il suo popolo non e' un popolo perche' la grande intuizione dell'Onu, mediata dalle pressioni francesi e dalla lobby marocchina, che voleva asservire i destini di questa zona alla volonta' di un referendum popolare, si e' inceppata sul meccanismo del riconoscimento di chi e' Saharawi e chi no (e che quindi poteva o meno votare al referendum). In un Paese di nomadi, con scarsa alfabetizzazione, dove non e' mai esistita un'anagrafe e dove lo scrutinio di merito sulla compilazione di questa fantomatica lista del corpo elettorale e' stato delegato alle due parti in causa; il Marocco e la R.A.S.D hanno dato sempre valutazioni antagoniste e quindi hanno bloccato qualsivoglia progresso negoziale (stallo a cui si e' giunti anche grazie ad un procurato inquinamento sociale favorito dal ripopolamento dei territori Saharawi con grosse migrazioni di marocchini).
E la fotografia della questione Saharawi e' oggi uguale a quella di oltre 30 anni fa: i marocchini che occupano indisturbati il Sahara Occidentale con il pugno di ferro, sfruttano le grandi miniere di fosfati e la pesca oceanica (sottoscrivendo accordi specifici anche con l'Europa) su una costa di oltre 1100 km e in un'area particolarmente ricca. Dall'altra parte i Saharawi vivono nei campi profughi rinunciando al loro secolare nomadismo ed alla loro terra. Non basta alla R.A.S.D. avere ottenuto il riconoscimento nell'ambito dell'African Union (a cui, in contraltare, non partecipa il Marocco), ne' avere il riconoscimento formale di Stato da una ottantina di nazioni del mondo per poter esercitare un ruolo o sentirsi effettivamente una nazione.
LA STORIA VOLGE AL PEGGIO
Non e' chiaro quale sia stata la causa principale: la frustrazione di un sogno infranto o la voglia di vivere nuove avventure diverse dall'immobilismo dei campi profughi, la difficolta' economica della popolazione nei campi profughi o, peggio ancora, l'effetto contagio del fondamentalismo islamico oramai predominante nella fascia sub-sahariana. O forse questo legame deriva dalla speranza che abbracciando ideologie estremiste si possa migliorare il proprio futuro.
Se la causa non e' chiara, e' noto invece l'effetto che si e' determinato: la sempre maggiore presenza dei Saharawi nel Nord del Mali e nelle fila di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) in quel contesto illegale dove brigantaggio, estorsioni, cattura di ostaggi, traffici di droga concorrono ad alimentare finanziariamente il terrorismo islamico. Quali che siano le motivazioni che spingono i Saharawi verso AQIM o verso un'attivita' criminale nella regione, si tratta di un fenomeno dai pericolosi risvolti sociali.
E' una situazione che ha fatto si' che il Mali abbia tolto, da circa 2 anni, il riconoscimento alla R.A.S.D. e che soprattutto abbia sollevato delle obiezioni all'Algeria che – e' bene ricordare – ospita e finanzia il POLISARIO ed e' fortemente sensibile, dal 1991 in poi, ad ogni insorgenza di fondamentalismo islamico maghrebino.
La circostanza che si possa creare una qualsivoglia forma di alleanza tra il Fronte Saharawi e il terrorismo islamico evidenzia due grossi pericoli: da un lato rafforzerebbe la manovalanza militare di Al Qaeda nell'Africa sub-Sahariana e, dall'altro lato, potrebbe favorire l'esportazione del terrorismo nelle aree sotto controllo marocchino nel Sahara Occidentale.

Rossella Urru
I casi di implicazione di elementi di Saharawi in entrambe queste attivita' sono sempre piu' ricorrenti. Il rapimento della cooperante italiana Rossella Urru insieme a due colleghi spagnoli il 23 ottobre 2011 a Rabouni e quello di due francesi il mese successivo sono tutti ascrivibili a manovalanza Saharawi in collusione con elementi di AQIM (e/o della fazione dissidente del MUJAO, "Movimento per l'Unita' e la Jihad nell'Africa Occidentale") che poi hanno pilotato le trattative ed il riscatto (nel caso italiano).
Gia' nel 2003 la polizia mauritana aveva arrestato un Saharawi per furto di esplosivi per conto dell'allora Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento algerino (oggi diventato AQIM). Qualche mese piu' tardi era stata poi scoperta una struttura di reclutamento di terroristi in Mauritania. Nel 2005 arrivavano le prime segnalazioni di una partecipazione militare dei Saharawi nelle fila dei salafiti e questa circostanza era stata poi confermata in altre azioni terroristiche nel 2006 (in Algeria), nel 2008 (tentativo di uccisione dell'ambasciatore israeliano in Mauritania ed attentati in Niger). Nel dicembre 2010 e' stata invece smantellata a Tindouf una rete di trafficanti di droga e sigarette. Tutti segnali di una disgregazione sociale. Oggi nel Sahel circolerebbero 80/100 tonnellate di cocaina l'anno e i Saharawi sarebbero parte attiva di questi traffici.
Ma il salto di qualita', quello di una implicazione diretta dei Saharawi nelle fila del terrorismo islamico, e' avvenuto ultimamente per una serie di circostanze concomitanti.
La prima e' di ordine finanziario: la Libia di Gheddafi insieme all'Algeria era uno dei principali finanziatori del POLISARIO. La caduta del dittatore e la concomitante guerra civile hanno fortemente penalizzato le casse del Fronte. A questo evento bisogna anche aggiungere la crescente insofferenza dell'Algeria per la ricorrente implicazione dei Saharawi in eventi delittuosi e terroristici che si e' tramutata – per adesso – in una serie di restrizioni e controlli sui campi Saharawi, ma che domani potrebbe anche produrre una riduzione dei finanziamenti. Se l'Algeria togliesse il sostegno ai Saharawi non ci sarebbe piu' speranza per le loro rivendicazioni.
Il secondo fattore e', dopo le varie rivoluzioni, il forte afflusso di armi nella fascia sub-Sahariana che ha dato forza alla rivolta tuareg nel nord del Mali. Due elementi che hanno creato spazio geografico per traffici illeciti e correlati eventi terroristici. In ultimo il fatto che nelle fila dei mercenari che combattevano a fianco dei lealisti libici c'erano molti Saharawi poi scappati dopo l'uccisione di Gheddafi e ricomparsi nel nord del Mali. Secondo fonti delle nuove autorita' libiche almeno 500 Saharawi sarebbero stati catturati dai ribelli nel corso della guerra.
In tutto questo caos sociale e regionale molti Saharawi hanno intravisto delle opportunita' sia per cambiare bandiera ideologica (visto l'immobilismo della propria causa autonomistica) sia per trovare forme alternative di sussistenza finanziaria (brigantaggio, traffici illeciti, rapimenti). A tutto questo bisogna aggiungere anche alcuni aspetti tecnici: i Saharawi sono nomadi e quindi tendenzialmente simpatizzanti con le istanza tuareg e – elemento non trascurabile – sono fortemente adatti a vivere nelle aree desertiche del nord del Mali. Il loro trasferimento dai campi profughi di Tindouf al deserto del Mali non incontra alcun impedimento geografico o di controllo frontaliero.
Ad oggi non esistono dati certi sul numero di Saharawi associati ai terroristi di Al Qaeda. Nel 2009 erano valutati sull'ordine di 60/80 individui. Adesso sembra che questa cifra sia almeno 4-5 volte superiore. Come tutte le comunita' tendenzialmente non stanziali, i Saharawi vengono a volte confusi con i tuareg autoctoni del Mali (arabi berabiche), con quelli della Mauritania (i Mori), ma la peculiarita' della loro lingua, l'hassaniyah, li rende identificabili. Elementi Saharawi erano gia' presenti nel Gruppo Islamico Combattente Libico e nel Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento di Droukdal poi entrambi confluiti in AQIM nel 2007. Alcuni di loro hanno assunto anche ruoli importanti nell'ambito di queste organizzazioni.
Come per tutte le comunita' nomadi della fascia sub-sahariana, l'Islam praticato non aveva mai assunto tradizionalmente connotati fondamentalisti. Questo valeva soprattutto per le vecchie generazioni, ma adesso anche in questa parte di mondo si e' insinuata l'influenza delle frange salafite. L'integralismo islamico e' stato propagato attraverso gli studenti Saharawi che frequentavano le universita' algerine ai tempi del F.I.S. (Fronte Islamico di Salvezza) di Madani e/o attraverso quelli che venivano indottrinati dalla propaganda dell'Istituto teologico saudita operante nella capitale della Mauritania. Queste idee sono state poi importate nel moschee dei campi profughi ed i travolgimenti sociali nella regione hanno fatto il resto.
L'INTERDIPENDENZA TRA LOTTA PER L'INDIPENDENZA E TERRORISMO
La transumanza dei Saharawi nelle fila delle bande di terroristi della fascia sub-sahariana ha delle conseguenze anche sulle rivendicazioni indipendentiste del POLISARIO. La causa Saharawi, almeno per le nuove generazioni, non appare piu' cosi' attraente o foriera di risultati apprezzabili e questo porta inevitabilmente i giovani ad aderire ad altre ideologie o lotte.
Un primo elemento da valutare per l'immarcescibile Presidente Mohammed Abdul Aziz e' quindi la disaffezione del suo popolo verso il Fronte e la sua lotta. Questo ha portato ad una rivisitazione della politica del POLISARIO. Le prime avvisaglie ci sono state durante il Congresso del Fronte tenutosi a Tifariti nel dicembre 2011 (vi hanno partecipato i Saharawi dei campi, quelli dei territori occupati e anche rappresentanti della diaspora) in cui si discusso della possibilita' di riprendere la lotta armata contro l'occupazione militare marocchina dopo circa 20 anni di inutili mediazioni ONU. E sembra che la maggioranza si sia espressa a favore di una ripresa delle ostilita'.
Questo non significa che il POLISARIO abbia oggi la capacita' militare di confrontarsi contro le preponderanti forze militari marocchine (circa 15/20.000 uomini, scarsamente equipaggiati, contro 150.000 militari marocchini), ma sicuramente serve, almeno agli occhi della dirigenza del Fronte, a rivitalizzare in chiave nazionalistica la lotta per l'indipendenza. Nella pratica si e' cercato di indirizzare le frustrazioni e le velleita' militari dei giovani Saharawi attratti dall'ideologia fondamentalista verso la lotta per l'indipendenza.
La linea interventista del POLISARIO puo' avere teoricamente il pregio di togliere manovalanza al terrorismo sub-Sahariano, ma puo' anche avere una potenziale controindicazione: anche le lotte Saharawi potrebbero diventare attraenti per il terrorismo islamico regionale. E se questo avvenisse potrebbe anche produrre delle effimere conseguenze positive per la causa indipendentista, ma potrebbe anche generare degli effetti negativi per i tre Paesi che confinano con il Sahara Occidentale: Algeria, Mauritania e Marocco. Tutti Paesi, tra l'altro, sinora solo lambiti dagli stravolgimenti sociali della cosiddetta Primavera Araba.

campi profughi presso Tindouf
I campi profughi nell'area di Tindouf sono gia' considerati da tempo basi di reclutamento per i gruppi di terroristi.
L'opzione militare del POLISARIO potra' essere evitata soltanto da una possibile evoluzione dei negoziati che pero' appaiono fortemente ancorati allo status quo attuale. Il Marocco non ha nessuna intenzione di dare spazio all'indipendenza dei Saharawi (al massimo Rabat sarebbe disponibile ad una non meglio individuata forma di autonomia), i negoziati sul possibile referendum per l'autodeterminazione sono bloccati dai veti e dall'inazione della mediazione ONU – nonostante avvengano sotto la guida di un esponente americano (oggi Christopher Ross, ieri l'ex Segretario di Stato James Baker, domani forse un altro ex Segretario di Stato, Colin Powell) – e, in ultima analisi, non si intravedono spazi per una soluzione negoziale del contenzioso. Sotto questo aspetto i Saharawi sono un popolo senza futuro, cittadini di uno Stato senza sovranita'.
C'e' anche un presente altrettanto fosco, cosi' come certificato dai rapporti annuali di Amnesty International. Nei territori occupati sotto controllo marocchino sono ricorrenti abusi sulla popolazione, restrizioni alla liberta' di espressione/associazione, maltrattamenti, detenzioni e torture, violazioni dei diritti umani, sparizioni di individui. Sul lato del POLISARIO altrettanti abusi sono perpetrati verso chi dissente dalla linea del Fronte o su alcuni prigionieri di guerra ancora detenuti.
Il POLISARIO, a differenza di curdi, armeni e palestinesi, non e' mai ricorso al terrorismo per affermare i propri diritti. Le loro azioni militari sono state sempre indirizzate verso obiettivi militari (strutture o truppe marocchine) evitando peraltro che fossero coinvolti civili. Appare quindi oggi un paradosso che questo movimento possa essere diventato fonte di alimentazione del terrorismo nordafricano.
Tuttavia ricorrono voci che giovani Saharawi, dopo essere stati contattati nei campi di Tindouf, arrivino nel nord del Mali, ricevano subito un bonus di circa 4000 euro e vengano poi immediatamente inviati da AQIM e MUJAO nei campi di addestramento. Segue poi la fornitura di armi e il loro inquadramento nelle katibah dei vari emiri.
LE OPPORTUNITA' PER IL TERRORISMO ISLAMICO
La vicenda dei Saharawi e' emblematica di quanti spazi ed opportunita' si presentino al terrorismo islamico nel continente africano laddove diritti non riconosciuti, indigenza, abusi e soprusi forniscono un pretesto per la sua diffusione. Questo fenomeno e' adesso geograficamente concentrato nel sud dell'Algeria, nel nord del Mali, nel nord della Nigeria e nella Somalia, ma rischia si estendersi ad altre aree:
• puo' entrare nel Sahara Occidentale grazie ai Saharawi,
• puo' diventare importante in Mauritania dove un Paese povero e' comandato da una dittatura militare,
• puo' diventare stanziale in Niger che ha gli stessi problemi del Mali in termini di contrasto tra autorita' e tuareg e le stesse precarieta' ed indigenza sociale,
• puo' trovare spazio anche in Ciad dove, nonostante un Islam sincretico e tradizionalmente moderato, c'e' un Presidente-dittatore musulmano come Idris Deby che regna incontrastato dal 1990 contro un'opposizione che fa capo ai tuareg locali di etnia toubou.
Se si volesse continuare lungo questa filiera di opportunita' seguendo il filo logico di causa-effetto nella diffusione del terrorismo in Africa si potrebbe continuare all'infinito: il ciadiano Deby appartiene alla tribu' Zaghawa che guida la rivolta nel Darfur contro Khartoum… le basi delle opposizioni ciadiane sono dislocate in Benin e Burkina Faso… il Presidente burkinabe' Blaise Campaore' guida indisturbato il suo Paese dal 15 ottobre 1987…
Quello che doveva diventare uno Stato indipendente enfaticamente denominato Repubblica Araba Democratica Saharawi (R.A.S.D.) e' oggi uno Stato virtuale dove una popolazione di circa 200mila persone vive in quattro grandi campi profughi a cavallo del confine con l'Algeria denominati con il nomi di quei luoghi che non sono mai riusciti a conquistare e governare (Laayoune, Awserd, Smara, Dakhla) piu' altri due piccoli agglomerati altrettanto enfaticamente denominati ("27 febbraio" dalla data dell'indipendenza dichiarata nel1976 e "Rabouni" l'attuale "capitale"). Una ex colonia spagnola, il Sahara Occidentale, grande 266.000 kmq con una popolazione di circa 1 milione di abitanti di cui la cosiddetta R.A.S.D. controlla eufemisticamente circa un 15-20 % di territorio.
Il suo popolo non e' un popolo perche' la grande intuizione dell'Onu, mediata dalle pressioni francesi e dalla lobby marocchina, che voleva asservire i destini di questa zona alla volonta' di un referendum popolare, si e' inceppata sul meccanismo del riconoscimento di chi e' Saharawi e chi no (e che quindi poteva o meno votare al referendum). In un Paese di nomadi, con scarsa alfabetizzazione, dove non e' mai esistita un'anagrafe e dove lo scrutinio di merito sulla compilazione di questa fantomatica lista del corpo elettorale e' stato delegato alle due parti in causa; il Marocco e la R.A.S.D hanno dato sempre valutazioni antagoniste e quindi hanno bloccato qualsivoglia progresso negoziale (stallo a cui si e' giunti anche grazie ad un procurato inquinamento sociale favorito dal ripopolamento dei territori Saharawi con grosse migrazioni di marocchini).
E la fotografia della questione Saharawi e' oggi uguale a quella di oltre 30 anni fa: i marocchini che occupano indisturbati il Sahara Occidentale con il pugno di ferro, sfruttano le grandi miniere di fosfati e la pesca oceanica (sottoscrivendo accordi specifici anche con l'Europa) su una costa di oltre 1100 km e in un'area particolarmente ricca. Dall'altra parte i Saharawi vivono nei campi profughi rinunciando al loro secolare nomadismo ed alla loro terra. Non basta alla R.A.S.D. avere ottenuto il riconoscimento nell'ambito dell'African Union (a cui, in contraltare, non partecipa il Marocco), ne' avere il riconoscimento formale di Stato da una ottantina di nazioni del mondo per poter esercitare un ruolo o sentirsi effettivamente una nazione.
LA STORIA VOLGE AL PEGGIO
Non e' chiaro quale sia stata la causa principale: la frustrazione di un sogno infranto o la voglia di vivere nuove avventure diverse dall'immobilismo dei campi profughi, la difficolta' economica della popolazione nei campi profughi o, peggio ancora, l'effetto contagio del fondamentalismo islamico oramai predominante nella fascia sub-sahariana. O forse questo legame deriva dalla speranza che abbracciando ideologie estremiste si possa migliorare il proprio futuro.
Se la causa non e' chiara, e' noto invece l'effetto che si e' determinato: la sempre maggiore presenza dei Saharawi nel Nord del Mali e nelle fila di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) in quel contesto illegale dove brigantaggio, estorsioni, cattura di ostaggi, traffici di droga concorrono ad alimentare finanziariamente il terrorismo islamico. Quali che siano le motivazioni che spingono i Saharawi verso AQIM o verso un'attivita' criminale nella regione, si tratta di un fenomeno dai pericolosi risvolti sociali.
E' una situazione che ha fatto si' che il Mali abbia tolto, da circa 2 anni, il riconoscimento alla R.A.S.D. e che soprattutto abbia sollevato delle obiezioni all'Algeria che – e' bene ricordare – ospita e finanzia il POLISARIO ed e' fortemente sensibile, dal 1991 in poi, ad ogni insorgenza di fondamentalismo islamico maghrebino.
La circostanza che si possa creare una qualsivoglia forma di alleanza tra il Fronte Saharawi e il terrorismo islamico evidenzia due grossi pericoli: da un lato rafforzerebbe la manovalanza militare di Al Qaeda nell'Africa sub-Sahariana e, dall'altro lato, potrebbe favorire l'esportazione del terrorismo nelle aree sotto controllo marocchino nel Sahara Occidentale.

Rossella Urru
I casi di implicazione di elementi di Saharawi in entrambe queste attivita' sono sempre piu' ricorrenti. Il rapimento della cooperante italiana Rossella Urru insieme a due colleghi spagnoli il 23 ottobre 2011 a Rabouni e quello di due francesi il mese successivo sono tutti ascrivibili a manovalanza Saharawi in collusione con elementi di AQIM (e/o della fazione dissidente del MUJAO, "Movimento per l'Unita' e la Jihad nell'Africa Occidentale") che poi hanno pilotato le trattative ed il riscatto (nel caso italiano).
Gia' nel 2003 la polizia mauritana aveva arrestato un Saharawi per furto di esplosivi per conto dell'allora Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento algerino (oggi diventato AQIM). Qualche mese piu' tardi era stata poi scoperta una struttura di reclutamento di terroristi in Mauritania. Nel 2005 arrivavano le prime segnalazioni di una partecipazione militare dei Saharawi nelle fila dei salafiti e questa circostanza era stata poi confermata in altre azioni terroristiche nel 2006 (in Algeria), nel 2008 (tentativo di uccisione dell'ambasciatore israeliano in Mauritania ed attentati in Niger). Nel dicembre 2010 e' stata invece smantellata a Tindouf una rete di trafficanti di droga e sigarette. Tutti segnali di una disgregazione sociale. Oggi nel Sahel circolerebbero 80/100 tonnellate di cocaina l'anno e i Saharawi sarebbero parte attiva di questi traffici.
Ma il salto di qualita', quello di una implicazione diretta dei Saharawi nelle fila del terrorismo islamico, e' avvenuto ultimamente per una serie di circostanze concomitanti.
La prima e' di ordine finanziario: la Libia di Gheddafi insieme all'Algeria era uno dei principali finanziatori del POLISARIO. La caduta del dittatore e la concomitante guerra civile hanno fortemente penalizzato le casse del Fronte. A questo evento bisogna anche aggiungere la crescente insofferenza dell'Algeria per la ricorrente implicazione dei Saharawi in eventi delittuosi e terroristici che si e' tramutata – per adesso – in una serie di restrizioni e controlli sui campi Saharawi, ma che domani potrebbe anche produrre una riduzione dei finanziamenti. Se l'Algeria togliesse il sostegno ai Saharawi non ci sarebbe piu' speranza per le loro rivendicazioni.
Il secondo fattore e', dopo le varie rivoluzioni, il forte afflusso di armi nella fascia sub-Sahariana che ha dato forza alla rivolta tuareg nel nord del Mali. Due elementi che hanno creato spazio geografico per traffici illeciti e correlati eventi terroristici. In ultimo il fatto che nelle fila dei mercenari che combattevano a fianco dei lealisti libici c'erano molti Saharawi poi scappati dopo l'uccisione di Gheddafi e ricomparsi nel nord del Mali. Secondo fonti delle nuove autorita' libiche almeno 500 Saharawi sarebbero stati catturati dai ribelli nel corso della guerra.
In tutto questo caos sociale e regionale molti Saharawi hanno intravisto delle opportunita' sia per cambiare bandiera ideologica (visto l'immobilismo della propria causa autonomistica) sia per trovare forme alternative di sussistenza finanziaria (brigantaggio, traffici illeciti, rapimenti). A tutto questo bisogna aggiungere anche alcuni aspetti tecnici: i Saharawi sono nomadi e quindi tendenzialmente simpatizzanti con le istanza tuareg e – elemento non trascurabile – sono fortemente adatti a vivere nelle aree desertiche del nord del Mali. Il loro trasferimento dai campi profughi di Tindouf al deserto del Mali non incontra alcun impedimento geografico o di controllo frontaliero.
Ad oggi non esistono dati certi sul numero di Saharawi associati ai terroristi di Al Qaeda. Nel 2009 erano valutati sull'ordine di 60/80 individui. Adesso sembra che questa cifra sia almeno 4-5 volte superiore. Come tutte le comunita' tendenzialmente non stanziali, i Saharawi vengono a volte confusi con i tuareg autoctoni del Mali (arabi berabiche), con quelli della Mauritania (i Mori), ma la peculiarita' della loro lingua, l'hassaniyah, li rende identificabili. Elementi Saharawi erano gia' presenti nel Gruppo Islamico Combattente Libico e nel Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento di Droukdal poi entrambi confluiti in AQIM nel 2007. Alcuni di loro hanno assunto anche ruoli importanti nell'ambito di queste organizzazioni.
Come per tutte le comunita' nomadi della fascia sub-sahariana, l'Islam praticato non aveva mai assunto tradizionalmente connotati fondamentalisti. Questo valeva soprattutto per le vecchie generazioni, ma adesso anche in questa parte di mondo si e' insinuata l'influenza delle frange salafite. L'integralismo islamico e' stato propagato attraverso gli studenti Saharawi che frequentavano le universita' algerine ai tempi del F.I.S. (Fronte Islamico di Salvezza) di Madani e/o attraverso quelli che venivano indottrinati dalla propaganda dell'Istituto teologico saudita operante nella capitale della Mauritania. Queste idee sono state poi importate nel moschee dei campi profughi ed i travolgimenti sociali nella regione hanno fatto il resto.
L'INTERDIPENDENZA TRA LOTTA PER L'INDIPENDENZA E TERRORISMO
La transumanza dei Saharawi nelle fila delle bande di terroristi della fascia sub-sahariana ha delle conseguenze anche sulle rivendicazioni indipendentiste del POLISARIO. La causa Saharawi, almeno per le nuove generazioni, non appare piu' cosi' attraente o foriera di risultati apprezzabili e questo porta inevitabilmente i giovani ad aderire ad altre ideologie o lotte.
Un primo elemento da valutare per l'immarcescibile Presidente Mohammed Abdul Aziz e' quindi la disaffezione del suo popolo verso il Fronte e la sua lotta. Questo ha portato ad una rivisitazione della politica del POLISARIO. Le prime avvisaglie ci sono state durante il Congresso del Fronte tenutosi a Tifariti nel dicembre 2011 (vi hanno partecipato i Saharawi dei campi, quelli dei territori occupati e anche rappresentanti della diaspora) in cui si discusso della possibilita' di riprendere la lotta armata contro l'occupazione militare marocchina dopo circa 20 anni di inutili mediazioni ONU. E sembra che la maggioranza si sia espressa a favore di una ripresa delle ostilita'.
Questo non significa che il POLISARIO abbia oggi la capacita' militare di confrontarsi contro le preponderanti forze militari marocchine (circa 15/20.000 uomini, scarsamente equipaggiati, contro 150.000 militari marocchini), ma sicuramente serve, almeno agli occhi della dirigenza del Fronte, a rivitalizzare in chiave nazionalistica la lotta per l'indipendenza. Nella pratica si e' cercato di indirizzare le frustrazioni e le velleita' militari dei giovani Saharawi attratti dall'ideologia fondamentalista verso la lotta per l'indipendenza.
La linea interventista del POLISARIO puo' avere teoricamente il pregio di togliere manovalanza al terrorismo sub-Sahariano, ma puo' anche avere una potenziale controindicazione: anche le lotte Saharawi potrebbero diventare attraenti per il terrorismo islamico regionale. E se questo avvenisse potrebbe anche produrre delle effimere conseguenze positive per la causa indipendentista, ma potrebbe anche generare degli effetti negativi per i tre Paesi che confinano con il Sahara Occidentale: Algeria, Mauritania e Marocco. Tutti Paesi, tra l'altro, sinora solo lambiti dagli stravolgimenti sociali della cosiddetta Primavera Araba.

campi profughi presso Tindouf
I campi profughi nell'area di Tindouf sono gia' considerati da tempo basi di reclutamento per i gruppi di terroristi.
L'opzione militare del POLISARIO potra' essere evitata soltanto da una possibile evoluzione dei negoziati che pero' appaiono fortemente ancorati allo status quo attuale. Il Marocco non ha nessuna intenzione di dare spazio all'indipendenza dei Saharawi (al massimo Rabat sarebbe disponibile ad una non meglio individuata forma di autonomia), i negoziati sul possibile referendum per l'autodeterminazione sono bloccati dai veti e dall'inazione della mediazione ONU – nonostante avvengano sotto la guida di un esponente americano (oggi Christopher Ross, ieri l'ex Segretario di Stato James Baker, domani forse un altro ex Segretario di Stato, Colin Powell) – e, in ultima analisi, non si intravedono spazi per una soluzione negoziale del contenzioso. Sotto questo aspetto i Saharawi sono un popolo senza futuro, cittadini di uno Stato senza sovranita'.
C'e' anche un presente altrettanto fosco, cosi' come certificato dai rapporti annuali di Amnesty International. Nei territori occupati sotto controllo marocchino sono ricorrenti abusi sulla popolazione, restrizioni alla liberta' di espressione/associazione, maltrattamenti, detenzioni e torture, violazioni dei diritti umani, sparizioni di individui. Sul lato del POLISARIO altrettanti abusi sono perpetrati verso chi dissente dalla linea del Fronte o su alcuni prigionieri di guerra ancora detenuti.
Il POLISARIO, a differenza di curdi, armeni e palestinesi, non e' mai ricorso al terrorismo per affermare i propri diritti. Le loro azioni militari sono state sempre indirizzate verso obiettivi militari (strutture o truppe marocchine) evitando peraltro che fossero coinvolti civili. Appare quindi oggi un paradosso che questo movimento possa essere diventato fonte di alimentazione del terrorismo nordafricano.
Tuttavia ricorrono voci che giovani Saharawi, dopo essere stati contattati nei campi di Tindouf, arrivino nel nord del Mali, ricevano subito un bonus di circa 4000 euro e vengano poi immediatamente inviati da AQIM e MUJAO nei campi di addestramento. Segue poi la fornitura di armi e il loro inquadramento nelle katibah dei vari emiri.
LE OPPORTUNITA' PER IL TERRORISMO ISLAMICO
La vicenda dei Saharawi e' emblematica di quanti spazi ed opportunita' si presentino al terrorismo islamico nel continente africano laddove diritti non riconosciuti, indigenza, abusi e soprusi forniscono un pretesto per la sua diffusione. Questo fenomeno e' adesso geograficamente concentrato nel sud dell'Algeria, nel nord del Mali, nel nord della Nigeria e nella Somalia, ma rischia si estendersi ad altre aree:
• puo' entrare nel Sahara Occidentale grazie ai Saharawi,
• puo' diventare importante in Mauritania dove un Paese povero e' comandato da una dittatura militare,
• puo' diventare stanziale in Niger che ha gli stessi problemi del Mali in termini di contrasto tra autorita' e tuareg e le stesse precarieta' ed indigenza sociale,
• puo' trovare spazio anche in Ciad dove, nonostante un Islam sincretico e tradizionalmente moderato, c'e' un Presidente-dittatore musulmano come Idris Deby che regna incontrastato dal 1990 contro un'opposizione che fa capo ai tuareg locali di etnia toubou.
Se si volesse continuare lungo questa filiera di opportunita' seguendo il filo logico di causa-effetto nella diffusione del terrorismo in Africa si potrebbe continuare all'infinito: il ciadiano Deby appartiene alla tribu' Zaghawa che guida la rivolta nel Darfur contro Khartoum… le basi delle opposizioni ciadiane sono dislocate in Benin e Burkina Faso… il Presidente burkinabe' Blaise Campaore' guida indisturbato il suo Paese dal 15 ottobre 1987…