testata_leftINVISIBLE DOGvideo

I TANTI PERCHE' DELLA CRISI QATAR - ARABIA SAUDITA


trump salman
Il presidente USA Donald Trump con il re dell'Arabia Saudita Mohammed bin Salman

Per capire bene quello che sta avvenendo nel Golfo Persico bisogna poter trovare una chiave di lettura degli ultimi avvenimenti e cercare di concatenarli. Non è facile perché vi sono interessi intrecciati, situazioni che si accavallano, interferenze esterne alla regione. Convenienze e controindicazioni si elidono tra loro, ogni scelta produce vantaggi e svantaggi. Questo avviene perché in Medio Oriente ci sono tante guerre , tante incertezze sul futuro delle stesse e il dubbio che in un prossimo domani alcuni Stati vengano smembrati

Perché è scoppiata la crisi tra Qatar e Arabia Saudita?

Arabia Saudita e Qatar sono entrambi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, quindi legati anche da accordi di mutua difesa. Sono entrambe monarchie sunnite e questo li dovrebbe porre sullo stesso fronte nel contrastare l'egemonia di un Iran sciita. Il Qatar ha però negli ultimi anni svolto una propria politica estera in competizione con quella saudita. Ha una televisione, Al Jazeera, che autonomamente trasmette programmi, talvolta non graditi, nella regione. Insomma mette in ombra il primato saudita sulle comunità sunnite del Golfo. Il Qatar inoltre appoggia i Fratelli Musulmani, i cui vertici vengono ospitati sul proprio territorio. E' questa un'altra circostanza non gradita alla monarchia saudita che ha avuto sempre relazioni molto difficili con questo movimento politico/religioso.

Inoltre, su molti altri contesti regionali Arabia Saudita e Qatar si muovono in forma conflittuale. In Egitto il Qatar appoggiava il Presidente Morsi poi deposto dal colpo di stato militare del Generale Al Sisi. L'Arabia Saudita ha invece da subito appoggiato la restaurazione del regime militare. Il Qatar appoggia Hamas in Gaza, trattandosi della diramazione palestinese della Fratellanza Musulmana. Ovviamente Egitto e Arabia Saudita combattono l'estremismo palestinese. In Libia il Qatar appoggia il governo filo-islamico di Tripoli. Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Egitto appoggiano le velleità militari del Generale Haftar. La divaricazione c'è stata anche sul fronte siriano dove Qatar e Arabia Saudita finanziano ed appoggiano fazioni armate diverse contro il regime di Assad.

Ma l'aspetto che più inasprisce l'atteggiamento saudita contro l'emiro Al Thani è la scarsa propensione di quest'ultimo a schierarsi nella lotta contro l'Iran. Essendo Teheran l'altra potenza egemone della regione in diretta competizione con Ryadh sul piano politico, militare ed anche religioso; la riluttanza qatariana è vista come un tradimento.

Da lì le accuse saudite al Qatar di finanziare il terrorismo (non è chiaro poi in quale circostanza si sarebbe concretizzata questa accusa mentre invece non esistono dubbi che dietro all'estremismo islamico sunnita -leggasi Al Qaida e ISIS- ci siano i soldi e l'ideologia del wahabismo saudita). Ma non è importante che l'accusa sia vera se questo serve a demonizzare ed osteggiare la controparte.

Il Qatar non si può permettere un atteggiamento ostile nei riguardi dell'Iran in quanto i suoi maggiori giacimenti di gas sono operanti nel Golfo Persico dove ovviamente incombe la potenza militare iraniana. IL giacimento South Pars è gestito in comune. Un rapporto conflittuale con Teheran potrebbe pregiudicare i propri interessi finanziari.

D'altronde l'emiro del Qatar può permettersi qualche margine di ambiguità nei suoi comportamenti in quanto ospita sul proprio territorio la maggiore base militare americana nel Golfo Persico. Compensa quindi l'ostilità iraniana contro la presenza militare USA nel Golfo con un atteggiamento meno ostile verso gli Ayatollah.


middle east map


Il problema all’interno dell’Arabia Saudita

Vi è una circostanza che ha alimentato la crisi con l'Arabia Saudita ed è il fatto che nella monarchia saudita c'è adesso una tendenza a voler risolvere le crisi regionali in forma interventista. E' già successo in Bahrein in appoggio all'emiro sunnita Al Khalifa che governa con la forza su una popolazione a maggioranza sciita. E' successo in Yemen dove i sauditi sono intervenuti per debellare la rivolta degli Houti di religione sciita/zaida. Trova anche conferma l'attivismo per creare una sorta di NATO islamica in chiave anti-iraniana.

Sullo stesso approccio quindi si inserisce la decisione immediata di chiudere i confini con il Qatar e di decretare l'embargo contro il piccolo emirato. La politica saudita della forza, della scarsa diplomazia nel voler risolvere i contenziosi, vede un ruolo preminente del figlio del Re, Mohammed bin Salman, che si è legittimano proprio in tale direzione nell'intento di far crescere il proprio potere nei ranghi della dinastia e della Corte reale. La sua nomina recente a principe ereditario scavalcando e estromettendo il cugino Mohammed bin Nayef è il risultato pratico di tutto questo. Mohammed bin Salman con l'ovvio sostegno paterno, si erge a difensore dei sunniti; a paladino della lotta al terrorismo; a uomo delle riforme.

Non è ancora chiaro se questo sia sufficiente a legittimare la sua futura ascesa al trono saudita, se il nepotismo del padre possa far sopire i mugugni e le perplessità che esistono nell'ampio consesso di pretendenti al trono nell'ambito della Corte Reale. E' uno scenario che comunque crea instabilità in una monarchia dove la regola era un potere geriatrico (Mohammed bin Salman ha 32 anni) dove l'alternanza al potere era condivisa e stipulata con regole precise e dove la politica estera era da sempre un elemento di prudenza, mediazione, compromesso.

Non è forse casuale che la crisi contro il Qatar si sia acuita dopo la recente visita del Presidente americano Trump a Ryiad, dove è stato sottoscritto un grosso contratto per la vendita di armi ma dove soprattutto la monarchia saudita si è sentita nuovamente legittimata dall'amicizia e dal sostegno americano dopo un periodo di difficili relazioni con l'Amministrazione Obama. E' nota l'ostilità di Trump verso l'Iran e la sua voglia di rinegoziare l'accordo nucleare. Tutto questo legittima la voglia saudita di posizionarsi in prima fila nel contrasto a Teheran. Se poi qualcuno, come il Qatar, si è dimostrato riluttante, tale Paese deve essere sanzionato, punito, emarginato.

Le conseguenze della crisi

La prima conseguenza diretta della crisi è che l'Iran ha dichiarato il suo sostegno all'emiro Al Thani. Sicuramente un appoggio strumentale ai propri interessi diretti, soprattutto perché fa si che un Paese sunnita della regione sia nei fatti "costretto" a godere sulla sua protezione.

Poi c'è stata la presa di posizione della Turchia che, avendo al potere un partito islamico come l'AKP affiliato ai Fratelli musulmani, ha dato il proprio sostegno al Qatar. La Turchia è il paese più forte della regione e il Presidente Erdogan ha firmato una legge che consente alle truppe turche di stazionare in una base del Qatar e di dare assistenza addestrativa all'Esercito locale. Una scelta di campo che ha anche motivazioni economiche: quasi il 70% delle forniture di petrolio e gas arrivano in Turchia dal Qatar.

Ci sono poi Paesi come il Sudan che ricevono grossi sostegni finanziari dal Qatar e che quindi diventano riluttanti a schierarsi al fianco dell'Arabia Saudita. Il Sudan ha dato ospitalità a lungo ai Fratelli Musulmani, ha fatto recentemente una esercitazione militare congiunta con le forze aeree saudite e si trova nel mezzo di una contesa che avrebbe volentieri evitato. Percorre quindi la strada della mediazione: ha raffreddato i suoi storici rapporti con l'Iran ma ha bisogno del sostegno finanziario delle ricche monarchie del golfo anche per far fronte ai mancati proventi petroliferi, persi nella misura circa del 75% dopo la secessione del Sud Sudan.

E' un pò la stessa posizione scomoda del Kuwait che ha le stesse esigenze del Qatar nel mantenere buoni rapporti con l'Iran, sia perché confina con un Iraq a maggioranza e dirigenza sciita, sia perché, come Doha, ha i propri giacimenti nel mare del Golfo Persico. Inoltre il 30% della sua popolazione è di fede sciita.

Poi c'è l'Oman che, benché membro del Consiglio di Cooperazione del Golfo, ha una sua tradizionale politica di neutralità nelle varie faide regionali. Non è voluto intervenire militarmente in Yemen, non ha dato sostegno militare all'emiro del Bahrein e mantiene buoni rapporti con l'Iran. E' la politica del Sultano Qaboos, dovuta sia al bisogno di dare continuità al potere dopo la scomparsa del Sultano stesso che a motivazioni religiose: gli omaniti sono a maggioranza di fede ibadita che è una setta a metà strada tra il sunnismo e lo sciismo.

E' anche chiaro che altri Paesi hanno trovato la loro convenienza ad assecondare le velleità militaristiche saudite. Si tratta degli Emirati Arabi Uniti, da sempre vicini alla politica saudita, lo Yemen (quel regime che viene riconosciuto internazionalmente ma che nei fatti sopravvive solo per il sostegno militare saudita), il Bahrein (in cambio della sopravvivenza garantita da emiratini e sauditi), la Giordania e l’Egitto (ovviamente convinti dai soldi che la monarchia saudita elargisce con periodicità ai due Paesi), le Maldive (diventate un feudo finanziario saudita), il governo di Bengazhi, in cui si riconosce il generale Haftar. Un sostegno arabo e musulmano inferiore alle aspettative

A livello internazionale, se gli Stati Uniti parteggiano per l'Arabia Saudita, chiaramente c'è un interesse russo ad affiancarsi alle istanze iraniane. Ed anche un altro grande Paese, generalmente silente nelle vicende mediorientali, sta mostrando interesse a collocarsi nelle alleanze regionale. A questo proposito, una serie di esercitazioni congiunte tra la Marina cinese e quella iraniana sono state tenute nello stretto di Hormuz nelle settimane scorse.


tamim bin hamad
L'emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani


La scelta saudita

La scelta saudita di irrigidire i suoi rapporti con il Qatar appare per alcuni aspetti improvvida. Se lo scopo era quello di rafforzare l'asse anti-Iran e nel contempo di "punire" i riluttanti, l'effetto ottenuto è stato negativo perché quello che è poi avvenuto è una divisione nel campo sunnita e quindi un rafforzamento della posizione iraniana. In ultima analisi la posizione saudita appare indebolita e non rafforzata. E chi ne ha guadagnato è l'Iran.

Se l'Arabia Saudita vedeva con preoccupazione un asse sciita che lega l'Iran all'Iraq e alla Siria (e quindi auspicherebbe una defenestrazione del regime di Assad), adesso invece il dittatore siriano ha una chance in più di sopravvivenza perché anche il Qatar sta accettando, allineandosi quindi sulle posizioni iraniane, l'idea che Bashar al Assad possa rimanere al suo posto e che non valga più la pena di finanziare e armare delle formazioni ribelli.

Ma il Qatar si è assoggettato ai voleri sauditi come voleva il re Salman e suo figlio Mohammed? Nei fatti no. Ha solo concesso di non ospitare più i rappresentanti di Hamas ma più che ai sauditi ha fatto un favore a Israele. Tutte le altre richieste, peraltro formulate anche in forma ultimativa e palesemente lesive della sovranità del Qatar (come quella di chiudere al Jazeera) sono state ampiamente respinte. Per conto suo, il Qatar ha ritirato le truppe che combattevano al fianco dei sauditi in Yemen e le ha rischierate al confine con l'Arabia Saudita.

Le altre richieste ultimative contro l'emirato sono l'interruzione dei rapporti diplomatici e commerciali con l'Iran, un risarcimento pecuniario per non meglio identificati danni subiti, la chiusura della base turca, la consegna di individui ricercati per terrorismo e di porre fine al sostegno del terrorismo (é vero che il Qatar ha rapporti con Hamas, Hezbollah e talebani ma i sauditi, con il sostegno egiziano nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU, hanno impedito che nella lista dei gruppi terroristici fosse inserito anche l'ISIS saudita). La richiesta di chiusura dell'emittente Al Jazeera e la sospensione dei finanziamenti ad altri siti stampa (Il Qatar concede di chiudere l’emittente se verrà fatto altrettanto con la saudita Al Arabya) sono richieste che appaiono pretestuose proprio per creare un casus belli o, in alternativa, per umiliare l'Emiro del Qatar.

Con la sua politica anti-Qatar, l'Arabia Saudita ha però guadagnato in prestigio in ambito sunnita e una presunta autorevolezza in ambito internazionale? La risposta è ancora una volta negativa.

Se con la chiusura del confine con il Qatar e quindi l'isolamento del Paese, la chiusura dello spazio aereo e marittimo e l'embargo di ogni prodotto l’Arabia Saudita voleva far tracollare la stabilità politica e finanziaria del piccolo emirato, l'obiettivo non è stato raggiunto. Il sostegno turco al Qatar crea modifica anche i rapporti di forza in quella lotta per l’egemonia in campo sunnita. Da alleata, la Turchia è diventata adesso una concorrente dell'Arabia Saudita. E questa concorrenza diventerà molto più pressante quando verrà rinforzata la base militare turca in Qatar.

L'iniziativa saudita ha creato problemi anche agli americani perché, a parte le dichiarazioni oramai estemporanee del presidente Trump, nella base di Udeid, in Qatar, stazionano circa 10000 soldati americani: personale essenziale per gli interventi aerei in Afghanistan Siria e Iraq. Non casualmente il Segretario di Stato Rex Tillerson, invece di assecondare le velleità saudite, ha dovuto invece optare per una mediazione. E non è forse casuale che proprio in queste settimane anche il Qatar abbia sottoscritto un contratto di acquisto di armi con gli Stati Uniti.



back to top