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ARABIA SAUDITA. I PILASTRI DEL POTERE

saudi camel

Il potere in Arabia Saudita si basa su tre elementi essenziali:

  • La famiglia reale

  • Il clero

  • Le tribu'

Ognuno di questi tre poteri legittima l’altro in un sistema connesso di causa ed effetto. Dalla miscela di tutte queste tre componenti dipende la stabilita' della monarchia saudita.

La Famiglia Reale

Il regno saudita ha preso forma intorno al 1750 dall'alleanza fra un capo tribale ed un predicatore religioso. Il primo era Mohammed al Saud, il secondo Mohammed bin Abd al Wahab. Il primo costitui' un suo regno con le sue tribu', il secondo gli dette una legittimazione religiosa. Tra i due sembra che vi fossero anche dei legami di parentela, avendo al Saud sposato una figlia di al Wahab. Questa era sostanzialmente la base di quell’intreccio fra potere temporale e legittimazione religiosa su cui ancora oggi si basa il regno in Arabia Saudita.

Inizialmente il radicalismo del credo wahabita non aveva trovato udienza in molte aree tribali, ne' aveva trovato accoglienza positiva dagli egiziani o dall’impero ottomano che alternativamente avevano occupato l’area della penisola del Golfo Arabico. Le traversie del regno e della dinastia saudita si concludono agli inizi del '900 con il risorgimento durante il cosiddetto Terzo Regno, sotto la leadership di Abdul Aziz bin Abdul Rahman bin Saud. Il 1932, con la nomina di Abdul Aziz a Re, corrisponde alla nascita della dinastia saudita cosi' come e' oggi ancora articolata.

Abdul Aziz era un condottiero e grazie al fanatismo religioso delle sue truppe (che allora si chiamavano "Ikhwan" - e qui sorge subito un primo parallelismo, seppur semantico, con gli "Ikhwan Muslemin", i "Fratelli Musulmani") conquisto' Ryad. Nel 1924 cacciava la monarchia Hashemita da La Mecca e Medina suggellando, con il controllo dei luoghi santi dell’Islam, quel patto fra potere temporale e religioso.

Abdul Aziz era pero' anche un prolifico patriarca: 22 mogli "ufficiali" (sempre 4 alla volta in aderenza ai dettami islamici) da cui nacquero 44 figli (36 maschi e 8 femmine di cui 35 sopravvissuti alla sua morte) e una innumerevole schiera di concubine e ragazze-schiave (si parla di circa 200, ma sempre 4 alla volta) con allegata scorta di figli naturali (circa 100). La prole del patriarca divenne la base di quella famiglia reale che conta oggi dai 6000 ai 7000 principi, a cui vanno aggiunti le decine di migliaia di familiari ad essi correlati. Questi principi sono tutti piu' o meno inseriti - a maggiore o minore titolo - nelle strutture politiche, commerciali o militari del Paese dando supporto alla centralita' del potere dinastico e al suo intrinseco sostegno.

E, altro dato da non trascurare, bisogna sottolineare come tutti i membri della famiglia reale, a seconda del rango rivestito, percepiscono "contributi statali". Benefici che si estendono ai familiari, agli associati e ai vari rapporti subordinati. Una ragnatela di privilegi che funzionera' fintanto che il reame potra' permetterselo finanziariamente. Un sistema che pero' alimenta un rapporto di tipo parassitario con lo Stato e la diffusione della corruzione.

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La Mecca

Il Clero Wahabita

A differenza dell’Iran, la gerarchia wahabita non mira ad essere una teocrazia.

Nelle sue forme iniziali, la dottrina wahabita non aspirava ad un ruolo politico nella societa', ma solo religioso. Erano stati i Fratelli Musulmani ad introdurre l'uso politico dell’Islam con il loro fondatore, Hassan al Banna, inizialmente ispiratosi al wahabismo. Lo stesso valse per il suo successore alla guida della confraternita egiziana, Sayed al Qutb, poi eliminato da Gamal Nasser nel 1966.

Il clero wahabita esercita pero' un ruolo importante nel legittimare la dinastia saudita nell’esercizio del potere. Il Re governa in aderenza ai dettami islamici ed il clero si ritaglia il ruolo di certificare la conformita' di ogni legge o iniziativa alla Sharia, la legge islamica. Questo pone la corte reale in un rapporto di sudditanza nei riguardi del clero e delle sue eventuali critiche. Dettaglio non irrilevante: il Re ricopre anche il ruolo di "Custode dei due luoghi santi" (La Mecca e Medina) assommando su di se' quindi sia il potere temporale che la legittimazione religiosa.

La convivenza fra il potere dinastico ed il clero regge finche' ognuno rispetta le rispettive sfere di influenza e non entra in contrapposizione con l'altro. Il potere temporale del Re ha sempre combattuto gli estremismi del wahabismo ortodosso quando questo cercava di prevaricare il suo ruolo.

E' nel tentativo di asservire il clero alle istanze della monarchia che deve essere ascritta l’iniziativa di avere nella corte reale un organo consultivo, denominato "Consiglio Supremo degli Ulema", composto da religiosi di nomina reale. Inoltre, in Arabia Saudita il Ministro della Giustizia viene generalmente nominato tra i discendenti di Abd al Wahab. Dal 1993 e' stato poi istituito un Ministero degli Affari Religiosi che presiede ad un "controllo" del clero, delle organizzazioni caritatevoli e delle universita'.

Le Tribu'

La dinastia saudita e' originaria della regione orientale della penisola arabica nota come Hasa.

Era stata una confederazione tribale stanziata inizialmente nella zona di Daryah (nei pressi di Ryad) ad iniziare la conquista di altre tribu' ed altre terre. Ed e' su queste caratteristiche tribali che, alla fine, rimane sino ad oggi articolata la societa' saudita.

Bisogna comunque dire che l’Arabia Saudita non ha una popolazione omogenea. La parte interna del Paese, il Nejad, e' abitato da beduini e rimane una societa' chiusa ed isolata. La parte invece dell’Hejaz, lungo le coste del mar Rosso, e Gedda, dove poi approdano i pellegrini per visitare La Mecca e Medina, sono invece abitate da tribu' piu' aperte ai contatti esterni e sostanzialmente piu' cosmopolite. Un’altra importante regione e' la Eastern Province, dove si concentra la produzione petrolifera, ed e' invece abitata da tribu' di prevalente fede sciita.

Anche nel sistema tribale saudita esiste una gerarchia di potere fra le varie confederazioni tribali che appoggiano la dinastia saudita. Ci sono, tra le piu' importanti, gli Oteiba, che abitano nell’Arabia centrale e che sono associati ai Saud fin dall’inizio del regno, seguiti dagli Shammar, a cui appartiene la madre dell’attuale sovrano Abdallah, poi i Mutayr, i Qahtan ed i Dawasir. L'ordine gerarchico si trasforma in prebende, posti di potere, autorita'.

Il sistema tribale e' ancora molto importante nella societa'. Condiziona le relazioni all’interno delle tribu' ed i rapporti esterni con altre tribu'. Le tribu' beduine ancora si contendono tra loro pozzi d’acqua e pascoli. La loro belligeranza viene spesso addomesticata con l’inclusione degli stessi nella Guardia Nazionale. Ma quel che e' importante e' che il sistema tribale alimenta una societa' conservatrice e che questa tendenza fornisce spazio ad una ideologia islamica radicale, come poi nei fatti e' il wahabismo.

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Il Re saudita Abdallah

I punti di debolezza

Il primo problema del sistema istituzionale saudita e' quello di regolare ed assicurare un sistema di trapasso del potere dinastico in modo automatico evitando quello che e' poi successo spesso nel passato con contrasti e frizioni (basti pensare alle contrapposizioni passate tra il clan dei Sudairi - quelli nati dalla moglie preferita di Mohammed al Saud, Hanna - e gli altri fratellastri).

Abdallah, l’attuale monarca e' vecchio (nato, sembra, nel 1921) e malato. Dopo la morte di Sultan nel 2011 e di Nayef nel 2012, di fratelli o fratellastri fra cui intendeva designare un suo successore non ce ne sono molti di piu'. Rimangono Salman (77 anni), nominato Principe ereditario e vice Primo Ministro nel giugno del 2012 ed anche lui molto malato, e Muqrin, il piu' giovane essendo nato nel 1945. Muqrin e' figlio di una yemenita, probabilmente una ragazza schiava, e questo implicherebbe il passaggio del trono ad un figlio naturale di una donna non sposata con il fondatore. Muqrin era stato esautorato dalla guida del General Intelligence Department nel luglio del 2012, ma ultimamente e' stato nominato Secondo Vice Primo Ministro, il che teoricamente lo metterebbe sulla linea di successione dinastica. Infatti, nel sistema saudita il Re e' anche Primo Ministro, il principe ereditario e' Vice Primo Ministro e, in linea subitanea, viene il Secondo Vice Primo ministro. Muqrin e' stato inoltre in passato Governatore di Medina e questo significa che e' personaggio gradito al clero wahabita.

Ma non puo' essere escluso che dopo Re Abdallah possa prendere il trono uno dei suoi nipoti. Tra questi il miglior piazzato sembra essere Mohammed al Nayef, 53enne nominato Ministro dell’Interno nel novembre del 2012 (e nipote dello stesso Muqrin) o forse Mutaibi, il figlio di Abdallah che guida la Guardia Nazionale recentemente elevata al rango di un Ministero (quindi con pari dignita' del Ministero dell’Interno e di quello della Difesa oggi presieduto dal principe ereditario Salman). Ma tra gli oltre 100 nipoti altri pretendenti non mancano.

Re Abdallah questo lo sa bene e paventando un possibile contrasto tra pretendenti ha costituito dal 2006 un cosiddetto Consiglio di fedelta' (al Re) dove 35 membri di nomina reale (tra cui membri della corte, giuristi e ulema) dovrebbero all’occorrenza nominare il suo successore. Ovviamente e' sempre il Re, per principio, a nominare il suo successore. Bastera' ad evitare contrasti? Non e' dato saperlo. Anche perche' questo Consiglio non e' stato sinora mai utilizzato, nemmeno nella nomina dei vari Principi ereditari (Sultan e Nayef).

Del resto, non esistono regole univoche su chi dovra' prendere il posto di Abdallah. In passato il potere veniva trasmesso per anzianita' (e capacita') tra fratelli. La legge basica del 1992 stabilisce solo che il potere passi ai figli del fondatore ed ai figli dei figli. Niente di piu' e niente di meno. Queste determina che ogni successione diventi di per se' un fatto traumatico nella lotta di potere all’interno della corte reale.

E sul fatto che possa arrivare al potere una nuova generazione di sauditi, piu' aperta al mondo circostante, con studi ed esperienze all’estero, uomini e donne che si relazionano con il mondo di Internet o Facebook, si innesca il secondo problema e cioe' quello di una possibile riforma della societa' oggi ancora irretita e bloccata dal fanatismo religioso del credo wahabita. Ci sono forti istanze a liberare il Paese da questi vincoli sociali, di cui sono patrocinatori anche membri della corte reale. E sempre nella corte reale ci sono, sul fronte opposto, gli assertori dell’ortodossia religiosa. Su questi argomenti si svolgera' la lotta all’interno della corte reale su chi sara' il nuovo sovrano. Una lotta tra riformatori e conservatori (tra questi ultimi lo stesso principe ereditario Salman).

Ma le istanze sociali, a prescindere da chi verra' al posto di Re Abdallah, si sono gia' manifestate con proteste o richieste di maggiori liberta'. Il problema, anche se con modeste e timide iniziative, e' stato affrontato anche dall’attuale sovrano (vedasi le piccole concessioni al ruolo e alle funzioni consentite delle donne). Ma come tutti i possibili sovvertimenti di una societa' arcaica, anacronistica e chiusa nel suo dogmatismo religioso non e' possibile oggi predeterminare gli effetti dell’inserimento nel contesto Saudita di nuovi parametri sociali.

E qui si innesta il ruolo del secondo pilastro del potere in Arabia Saudita: la gerarchia religiosa. Ogni liberalizzazione della societa' implica automaticamente un regresso del loro potere condizionante. Il clero wahabita ha sempre avuto storicamente due anime: una piu' moderata ed una piu' ortodossa. Quest’ultima e' entrata spesso in conflitto con la corte reale e ne ha subito, secondo le circostante, la repressione. Il suo ruolo non e' stato molte volte quello di legittimare la dinastia al potere, ma piuttosto di condizionarla. Legittimata in questo dal fatto che la Sharia, la legge islamica, e' la base del diritto saudita ed il wahabismo ne e' il fedele interprete. Ed e' sulle frange radicali del wahabismo che si e' alimentato buona parte del terrorismo islamico attuale (il non a caso saudita Osama Bin Laden in primis). Nella pratica si puo' ipotizzare che ad una possibile liberalizzazione della societa' saudita possa corrispondere un declino del potere del clero e questo incidera' sulla stabilita' del regno.

Altro punto e' la democrazia. Assente in Arabia Saudita, un Paese senza Costituzione (implicitamente la Costituzione e' il Corano). Non esistono partiti, non esistono opposizioni (e se si materializzano vengono sistematicamente represse), non esiste il potere condizionate di una opinione pubblica, non esiste la liberta' di pensiero se non quella di obbedire ad una casa regnante ed ad un clero ortodosso. Potra' durare in un mondo dove la globalizzazione delle idee non ha piu' limiti territoriali?

Sinora la cosiddetta primavera araba non ha colpito il regno, ma non e' detto che questo prima o poi avvenga. Sinora i tre pilastri del Paese hanno retto all’impatto del mondo che cambia . In Arabia Saudita le novita' corrono lente. Ma corrono.