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LE "RELAZIONI SOCIALI" DI UNO 007


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Nell'immaginario collettivo, quando svolge la sua attività all'estero, lo 007 frequenta l'alta società, vive nel lusso, intrattiene relazioni amorose con belle donne e si muove solo con auto altrettanto lussuose. La trasposizione cinematografica dei romanzi di Ian Fleming ha creato questo tipo di personaggio.

Lo scrittore veniva da una famiglia aristocratica inglese, aveva frequentato il college di Eton, l'Accademia Militare di Sandhurst (che poi aveva abbandonato ) e aveva anche lavorato, da giovane, nel Servizio Informazioni della Marina. Mischiando i suoi trascorsi aristocratici, quanto aveva appreso in Marina ed aggiungendo una forte dose di fantasia, aveva poi alimentato il suo filone letterario con la storia di James Bond. La realtà però è ben diversa e questo lo sanno bene anche i funzionari dell'MI-6 che si muovono nel mondo.

Nella sua attività operativa all'estero, uno degli aspetti più delicati per un agente operativo è proprio quello delle relazioni sociali. Attraverso di esse può svolgere efficacemente il proprio lavoro, ma al contempo è sempre latente anche il rischio che la sua sicurezza ne sia compromessa. Questo vale qualunque sia la copertura che, anche nelle relazioni con gli altri, comunque costituisce un vincolo. L’agente quindi non solo deve relazionarsi, non solo deve cautelare la sua sicurezza, ma anche la sua copertura.

Più che una vita nel lusso, la vita di un agente operativo è nella tensione del lavoro che svolge, nella cautela di quello che fa e che dice, nel coprirsi le spalle nei suoi movimenti, nel percepire il pericolo, nel capire le intenzioni degli altri, porre attenzione alle sfumature, nel recitare il ruolo che la copertura gli fornisce. Quindi tutto fuorché una vita sociale gaudente.

Intanto vengono eliminate dalla casistica le belle donne e le relazioni amorose. Il mondo dell'intelligence è pieno di esempi negativi che hanno portato alla compromissione o alla morte di un incauto. Le debolezze umane (sesso, alcolismo, droghe, gioco d’azzardo, soldi, rancore ed invidia) sono sempre state la fonte di alimentazione per chi voglia reclutare una fonte. Se valgono in positivo per l'agente operativo che vuole convincere un'altra persona a collaborare e tradire, altrettanto valgono in negativo se l'agente stesso cade nelle stesse tentazioni e compromette il suo operato.


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Quando svolge l'attività di ricerca operativa (il termine spionaggio non viene quasi mai utilizzato dagli addetti, anche perché dà una colorazione romanzesca, di negatività ad un lavoro vecchio come il mondo), e svolge quella che tecnicamente è chiamata "Humint" (Human Intelligence), l’agente deve relazionarsi con delle persone. E lo fa scegliendo gli interlocutori con cui dialogare non per coltivare un’amicizia, ma per poter accedere alle informazioni che lo interessano.

Molte volte l'agente è costretto a recitare una parte amicale che magari non gradisce, si deve accompagnare a gente che nella vita privata avrebbe sicuramente scansato, deve mostrare compiacenza, fare opera di piaggeria, assecondare idee che non condivide, deve far finta di mostrare interesse, evidenziare sentimenti che non sono sentiti, ma utili nel contesto in cui si relaziona. Molta sociologia, molta psicologia, molta pazienza.

Un agente operativo è anche obbligato a tenere aggiornata la lista delle persone che frequenta. Non tanto per esigenze mnemoniche, ma perché la centrale da cui dipende deve poter conoscere i suoi contatti. Infatti, attraverso questa lista, la Centrale può valutare la qualità dei contatti in essere, può fornire contributi informativi su personaggi della lista, può anche avvisare l'agente sul pericolo di alcune frequentazioni, ma sopratutto, se un domani l'attività dell'agente fosse compromessa, potrà risalire alla causa (una circostanza o una persona) della compromissione, dove è stato commesso l'errore.

Anche perché un agente operativo compromesso mette in pericolo un lavoro svolto, magari lungo nel tempo, può determinare rischi per altre persone, rendere palesi cose che non dovrebbero essere note. Compromette sé stesso, compromette gli altri, compromette anche un sistema di procedure con cui è stata condotta un’operazione. Talvolta tra le sue frequentazioni ci sono anche agenti o fonti di altri Servizi. Sono persone che, come lui, non forniscono informazioni ma le ricercano. Se talvolta fanno finta di fornirti qualche notizia, molte volte potrebbero invece svolgere attività di disinformazione.

Tra tutti questi contatti di lavoro, alcuni sono casuali, altri sono volutamente ricercati. Questa seconda categoria di persone genera una nuova lista, quella delle persone "utili". Come spiega l'aggettivo, sono individui su cui l'agente operativo incentra le sue relazioni sociali nell'intento di ottenere informazioni di interesse. Allo scopo di perseguire finalità di sicurezza nazionale, in ogni Paese in cui un agente opera ci sono obiettivi informativi prioritari. Qualche volta la stabilità di un regime, qualche altra volta un traffico illegale, produzione di armi di distruzione di massa, terrorismo, forze armate, e così di seguito.

Ci sono infatti persone che hanno frequentazioni negli ambienti di interesse e tramite loro si può ottenere la possibilità di arrivare a conoscere dettagli ed informazioni. Si passa quindi dall'individuazione dell'obiettivo informativo all'individuazione della persona che può fornire l'informazione ricercata. Individuata la persona bisogna poi creare una situazione, il più possibile casuale, per incontrarla. A monte vi è una pianificazione che si basa sulla necessità di frequentare ambienti dove il contatto si muove. Talvolta si tratta di persone socialmente di basso livello, ma in grado, magari nell'ambito del loro lavoro, di sapere ciò che cerchiamo. Altre volte invece si tratta di personaggi di rilievo, che hanno acceso a documenti o a strutture dove si decide o si conosce.

In entrambi i casi – ed è questo che qualifica la capacità professionale dell'agente – è importante entrare nelle confidenze o nelle simpatie di queste persone. La diversità del rango degli interlocutori impone una duttilità comportamentale. Non è sempre un’impresa facile perché le persone che un agente incontra sono in maggior parte stranieri, con stereotipi comportamentali diversi, culture diverse, sensibilità diverse e differente modalità relazionali. Poi c'è da superare anche una certa ritrosia ad affrontare alcuni argomenti, magari ci sono nel mezzo suscettibilità, pregiudizi, timidezze, scontrosità, riservatezza.

L'agente operativo deve essere nel contempo sociologo e psicologo, deve sapere superare ogni ostacolo caratteriale e comportamentale per avvicinarsi alla persona. Potrà giocare sulle passioni, sulle debolezze che ognuno ha, potrà invece fare leva sulla vanità, sull'orgoglio, sugli affetti familiari. Tutto è lecito per arrivare a creare un'amicizia con la persona "utile". Piccole attenzioni personali, qualche favore al momento giusto, un gesto di cortesia alla consorte o ai figli, coltivare hobby comuni, dare l'idea di condividere giudizi e pregiudizi.


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Se tutto questo funziona, la persona su cui si è concentrato l’interesse dell'agente operativo, alla fine, in modo casuale o in modo volontario, "parla". C'è infatti qualcuno che racconta non percependo di svelare segreti di interesse. Lo fa inconsciamente, magari sull'onda di un ragionamento o di una infatuazione dialogica. Altri invece raccontano perché vogliono raccontare, per mostrare alla controparte che sanno, per alimentare il proprio ego e narcisismo. Nell'uno o nell'altro caso tutto deve avvenire spontaneamente.

Non ci devono essere domande dirette su quanto l'agente vorrebbe sapere, perché questo potrebbe insospettire la controparte. Si parla di tante cose, si deve arrivare sull'argomento in modo apparentemente casuale. E quando si arriva a parlare di questo, non si deve mostrare interesse, quasi che fosse un argomento futile o secondario. Anzi si deve tendere a confutare l'informazione, stimolando la controparte ad aggiungere ulteriori dettagli. Nel gioco delle parti non deve essere l'agente a voler sapere, ma la controparte a voler dire. E' come la tecnica della maieutica. Ci sono ovviamente persone che millantano conoscenze e che talvolta tendono a raccontare cose non vere. In questo caso occorre contare sulla capacità dell'agente nell’individuare gli aspetti fuorvianti.

Qualcuno potrebbe obiettare che se una persona sa e parla potrebbe essere facilmente reclutata come fonte. Non è così. Non tutte le persone "utili" possono diventare fonti. Non tutte sono disponibili ad esserlo o idonee a farlo. Passare da una conversazione casuale alla palese volontà di collaborare richiede un percorso compartimentale che impone il superamento, da parte della persona, di una serie di ostacoli psicologici. Ci deve essere una chiara disponibilità potenziale, una forte motivazione a tradire, e l'affidabilità del soggetto per poter aspirare un domani diventare un a fonte.La persona "utile", qualora avesse le caratteristiche di una potenziale fonte dovrebbe comunque passare attraverso tutta una serie di procedure (vedasi "Come nasce una fonte" - Invisible Dog #10, Ottobre 2012).

Ci sono poi altre differenze di fondo. La persona "utile" non persegue alcun guadagno pratico nel voler raccontare quello che sa. Quello che dice risponde alle sue conoscenze ed ai suoi stimoli psicologici. Niente di più, niente di meno. La fonte invece sa cosa ricercare e come ricercare. Ha con l'agente un rapporto istituzionale, quasi un rapporto di lavoro. Tutte quello che fa è voluto e partecipato. Se all'avvicendamento di un agente operativo le fonti sono oggetto di un effettivo passaggio di consegne, la stessa cosa, entro certi limiti, non si verifica con le persone "utili".

In altre parole, quel rapporto di empatia che nel tempo viene alimentato da frequentazioni amicali, tende a dissiparsi nel momento in cui l'agente operativo se ne va ed arriva un altro al suo posto. Certo, l'agente uscente può presentare al subentrante le sue amicizie, potrà favorire un avvicinamento a queste persone "utili", potrà indirizzare il collega verso gli approcci migliori per sedimentare una nuova amicizia, ma tutto quello che nel tempo ha accumulato in termini di simpatia e frequentazioni va perso. E questo è il limite operativo di questo tipo di contatti.

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