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TERRORISMO SENZA UNA CAUSA

al shabaab

I recenti eventi in Kenya hanno messo in luce ancora una volta quanto insensato e privo di scopo sia diventato il terrorismo di matrice islamica. Le dichiarazioni ufficiali dei gruppi terroristici parlano di una "vendetta contro gli infedeli", ma in realta' non vi e' alcuno vero obiettivo politico dietro a questi attacchi. Inoltre, gli estremisti islamici hanno progressivamente spostato l'obiettivo contro quelle stesse popolazioni musulmane per le quali asseriscono di combattere. L'esempio piu' lampante e' in Siria, dove le brigate di jihadisti internazionali provenienti da tutto il mondo hanno preso di mira il Presidente Bashar al Assad in una "guerra santa" soltanto perche' questi proviene da una minoranza islamica, gli Alawiti. E' ormai intollerabile il fatto che il clero islamico - che sia Sunnita, Sciita o altro - non riesca a condannare l'uccisione di musulmani da parte di altri musulmani e gli attacchi contro gli "infedeli".

Il terrorismo somalo

Al Shabaab, letteralmente "la gioventu'", e' sulla lista nera delle organizzazioni terroristiche affiliate ad Al Qaeda. Il suo fondatore e' Sheikh Hassan Dahir Aweys, ex colonnello dell'esercito somalo che diserto' nei primi anni '90. Nel 1996 fondo' Al Ittihad al Islami, la prima formazione fondamentalista somala. Un decennio piu' tardi aiutera' le Corti Islamiche a prendere il controllo della capitale somala Mogadiscio a seguito di una serie di uccisioni mirate finanziate da CIA e Stati Uniti che prendevano di mira i presunti attentatori alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania nel 1998 e 2002. Hassan Dahir Aweys ha lasciato gli Al Shabaab dopo averne perso la leadership per fondare Hizbul al Islam. Da oltre due mesi e' sotto la custodia del governo somalo. Il presidente Mohamud deve ancora decidere se processarlo o rilasciarlo.

L'ascesa degli estremisti somali e' stata inizialmente finanziata dagli imprenditori di Mogadiscio che volevano prendere il posto dei signori della guerra nella gestione delle attivita' piu' redditizie della citta': il porto, l'aeroporto e quindi tutti i diversi commerci. Uno dei loro piu' accesi sostenitori era Abukar Omar Addane, un ottantenne sulla sedia a rotelle dalla barba rossa che e' stato accusato di aver ospitato presso il suo Ramadan Hotel i terroristi Abu Talha al Sudani e Fazul Abdallah Mohamed.

L'Unione delle Corti Islamiche che ha preso il controllo di Mogadiscio all'inizio del 2006 aveva nella milizia della corte Ifka Halane il suo ramo piu' radicale. Il suo leader era un protetto con addestramento afghano di Hassan Dahir Aweys, Aden Hashi Ayro. Il loro campo di addestramento era inizialmente nel cimitero italiano di Mogadiscio, profanato per l'occasione. Le Corti Islamiche sono state cacciate nel Gennaio 2007 dagli Etiopi e gli Al Shabaab sono stati spinti fuori della capitale e si sono installati nella Somalia meridionale. Ayro e' stato ucciso da un drone americano nel Maggio 2008. Negli ultimi anni hanno avuto il controllo di porzioni del territorio e, soprattutto, della citta' portuale di Chisimaio, persa negli ultimi mesi.

Con il ritiro dell'Etiopia ed il suo rimpiazzo con una missione di peacekeeping africana, la Amisom, gli Al Shabaab hanno dichiarato guerra agli occupanti stranieri e contro gli infedeli. Il fatto che l'Amisom sostenesse e continui a sostenere il Governo Federale Transitorio che sta cercando di guidare il Paese fuori da 23 anni di assenza dello Stato e' uno dei motivi aggravanti dietro la loro resistenza. Tuttavia, la maggior parte degli attacchi degli Al Shabaab prendono di mira altri somali. Dal primo attentato suicida contro un posto di blocco governativo a Baidoa nel 2006, il gruppo estremista somalo ha ucciso dozzine di studenti, pubblici ufficiali e sostanzialmente chiunque stia cercando di ripristinare la legge nel Paese. Nelle zone sotto il loro controllo hanno invece applicato la Sharia in stile talebano con il suo arsenale di amputazioni, lapidazioni, divieto di musica e cinema e via discorrendo. In un Paese al 99% musulmano e membro della Lega Araba, gli Al Shabaab stanno portando avanti una guerra contro l'Islam Sufita proprio della tradizione somala.

In altre parole, il loro obiettivo di instaurare uno Stato islamico in Somalia avverra' in primo luogo alle spese dei somali musulmani. Questo avviene con la benedizione di tutte quelle organizzazioni caritatevoli saudite e qatariote che, negli ultimi 20 anni, hanno finanziato e promosso le visioni radicali del Wahabismo e del Salafismo a discapito del Sufismo, assieme a tutti quegli imprenditori somali che ancora continuano a trarre guadagno dall'economia di guerra e che non vogliono vedersi sottratti i loro dividendi dal ritorno di un governo centrale.


aden hashi ayro
Aden Hashi Ayro

Terrorismo senza un obiettivo

Ancora oggi, come in un recente editoriale pubblicato sul New York Times a firma del vice-Ministro della Difesa Danny Danon, rappresentanti israeliani bollano Yasser Arafat come un "arciterrorista". Terrorista o paladino per la liberta', Arafat e la sua Organizzazione per la Liberazione della Palestina avevano (hanno) un chiaro obiettivo politico: uno Stato Palestinese indipendente e libero dall'occupazione israeliana. Arafat ha sicuramente impiegato delle tecniche terroristiche per raggiungere i suoi obiettivi in quella che era, e ancora e', una guerra asimmetrica fra uno degli eserciti piu' potenti del mondo e dei civili disarmati.

La storia e' piena di esempi di come presunti terroristi siano diventati combattenti per la liberta' o viceversa, incluso il sofferente Nobel per la Pace Nelson Mandela. I denominatori comuni sono pero' sempre simili: un governo centrale che abusa del proprio potere o opprime una minoranza o un'occupazione straniera o il colonialismo, l'assenza di mezzi democratici per mettere fine agli abusi e quindi il ricorso alla lotta armata e, in alcuni casi, al terrorismo. L'ideologia di riferimento poteva essere il Marxismo, la ricerca di liberta' civili o quello che vi pare. Ma vi era sempre un chiaro obiettivo: l'indipendenza, l'autonomia, una nuova forma di Stato o la fine delle oppressioni. A prescindere dal fatto che la decisione di abbracciare le armi fosse legittima o meno, c'era sempre l'idea (o la pretesa) che coloro che combattevano lo facevano in nome di un popolo e per il suo bene.

Dall'altra, i gruppi islamici estremistici hanno la tendenza a confondere chi rappresentino in realta'. Idealmente e' per l'Umma, la nazione islamica, che lottano. Ma fanno veramente poco per unire realmente e mettere assieme tutti i musulmani. Hanno usato la bandiera dell'Islam come uno strumento per combattere occupazioni straniere - come in Afghanistan prima contro i sovietici e poi contro le coalizioni a guida Usa o come Hamas ed Hezbollah fanno contro gli israeliani - in quelle che possono essere considerate come motivazioni comprensibili per lottare. Questo non significa giustificare gli attentati suicidi, ma non e' difficile identificare le motivazioni che li ispirano.

Ma se la guerra al terrorismo puo' considerarsi conclusa - dopotutto Al Qaeda e' stata cacciata dall'Afghanistan, Osama bin Laden e' morto, il suo successore Zayman al Zawahiri offre un ombrello ideologico a quanti ancora guardano "alla base" e poco piu' - le sue tossine sono ancora vive e vegete. L'obiettivo e' adesso diventato quello dell'instaurazione di regimi islamici teocratici, come in Iran, ma a differenza di esso a guida Sunnita. Questi movimenti fondamentalisti hanno gradualmente abbracciato istanze Wahabite e Salafite - spesso guidando o prendendo il sopravvento sui movimenti della Primavera Araba - menando una jihad contro chiunque si opponga ai loro programmi politici. Ma come progressivamente e' avvenuto nella maggior parte dei Paesi musulmani, lo spostamento verso un Islam politicizzato e' troppo spesso finito per prendere di mira altri musulmani. Sia che fossero di un'altra corrente del credo - Sunniti contro Sciiti come avviene nella guerra civile in Iraq - o perche' ritenuti troppo secolarizzati - come in Tunisia ad esempio - gli estremisti hanno rivolto la loro guerra santa contro dei compatrioti e credenti dello stesso Dio.

Jihad in Siria

L'esempio piu' lampante e' in Siria. Invisible Dog ha spiegato in lungo e in largo il contesto geopolitico della lotta per rovesciare il presidente Bashar al Assad. Ma quella che due anni fa e' cominciata come una legittima lotta da parte di gruppi di opposizione per mettere fine a decenni di dittatura dinastica, oggi e' diventata altro.

Se abbracciare le armi contro un leader autocratico nella lotta per la democrazia puo' essere comprensibile. Far diventare il conflitto una guerra santa che attrae legioni di radicali stranieri per combattere una setta minoritaria dell'Islam - gli Alawiti dai quali provengono gli Assad - e' totalmente un'altra storia. Ancora una volta la bandiera dell'Islam viene usata contro altri musulmani. E, come nel vicino Iraq, il significato della lotta e' perso per strada, rimpiazzato da una guerra senza senso nel nome di una religione comune, ma contro dei presunti infedeli che pregano lo stesso Dio.

Il fatto stesso che vi siano degli scontri fra le diverse fazioni ribelli in Siria e' significativo. Il recente cessate-il-fuoco negoziato fra l'Esercito Libero Siriano - l'organizzazione che raggruppa diversi gruppi di opposizione - ed il gruppo filo Al Qaeda dell'ISIS (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante) mette in luce una frizione fra due visioni inevitabilmente conflittuali sul futuro della Siria. Anche se hanno un obiettivo in comune, e' difficile credere che tutti quegli estremisti non-siriani oggi sul terreno siano li' per garantire alla Siria un domani democratico migliore. Non e' difficile prevedere che la loro lotta continuera' fino a quando non si instaurera' a Damasco una leadership rispondente ai loro criteri "islamici".


boko haram
Boko Haram

Democrazia Islamica

La domanda di fondo e' se l'Islam e la democrazia siano due concetti capaci di coabitare sotto lo stesso sole. Per troppo tempo siamo stati indotti a credere che vi fossero delle differenze inconciliabili e si puntava il dito contro quelle teocrazie o monarchie dove l'Islam e' usato come un pretesto per imporre guide autocratiche o oligarchie. Ma ci siamo dimenticati di quegli esempi democratici come nel nord della Nigeria dove la Sharia e' legge dal 2000, ma dove il rispetto dei codici - sia a livello locale che federale - hanno impedito degli abusi a sfondo religioso. E non e' una coincidenza che sia proprio il nord della Nigeria il teatro dell'ascesa del gruppo terrorista di Boko Haram in quegli stessi stati dove la Sharia e' gia' parte integrante della legge. Ancora una volta, gli estremisti ritengono che la loro personale visione dell'Islam sia "migliore" di quella degli altri.

Qualunque religione ha un insieme di norme comportamentali che cerca di imporre sui propri fedeli. I 10 comandamenti dati da Dio a Mose' sono il primo esempio di cosa bisogna evitare per ridurre i conflitti (non rubare, non uccidere o prendere la donna d'altri). Il Corano e le Sunna rivelati al Profeta Maometto sono andati un passo avanti codificando una serie di norme sociali, civili e penali. Condanne e punizioni sono state aggiunte ai singoli provvedimenti. Ma il fatto che siano state dettate oltre 14 secoli fa non significa che non possano essere adattate alla nostra societa' contemporanea senza che perdano il loro significato originale. Coloro i quali predicano il Salafismo e finiscono invischiati nel terrorismo vorrebbero che vivessimo nel sesto secolo quando invece il mondo e' andato avanti. Puo' non piacergli, ma non possono evitarlo.

Quello che manca veramente e' un clero islamico che indichi la via allineando il credo con la democrazia. Un rinascimento islamico capace di combinare sia le istanze religiose che quelle laiche presenti all'interno delle societa' musulmane. E se devono essere fondate sulla Sharia, questo non significa che si debba rinunciare a tutti i controlli ed i bilanciamenti propri di ogni sistema giuridico. Lo stesso vale per le differenti correnti dell'Islam, le cui differenze non possono essere ridotte alla scelta di chi sia il legittimo discendente del Profeta. La guerra fra Sunniti e Sciiti non ha senso da un punto di vista islamico. Bisogna smettere di prendere di mira altri musulmani e i non credenti. E sarebbe ora che quanti hanno l'autorita' morale sugli altri musulmani - che siedano al Cairo, alla Mecca o a Tehran - alzino la voce o altrimenti continueranno ad essere considerati troppo tolleranti ed accomodanti nei confronti di quanti, agitando la bandiera dell'Islam, continuano a perpetrare insensati crimini contro l'umanita'.